Quello che ci resta addosso dopo una qualsiasi puntata di una qualsiasi trasmissione di cucina in tv è la sensazione tipica degli appassionati di porno
Stasera andrà in onda su Sky un momento clou della televisione di questi anni. Tranquilli, nessuno spoiler, a quelli ci pensa Striscia la Notizia. No, stasera lo chef televisivo per antonomasia, Carlo Cracco, darà il suo addio a MasterChef e continuerà a fare tv ma lontano dal programma che l’ha reso un personaggio mainstream. Dice che è tornato il momento di rimettersi a fare il suo mestiere a tempo pieno, e, si suppone, a passare il tempo libero nel suo living, dove è solamente Carlo.
Sulla carta niente di strano. Uno fa lo chef, diventa momentaneamente famosissimo grazie a un programma che ha imposto la cucina come un must nell’immaginario degli italiani, poi altrettanto naturalmente rientra nei ranghi e torna a cucinare, aprendo nuovi ristoranti stellati, continuando a fare spot in cui propone patatine fritte servite come delizie, insomma, fa il suo. Del resto, immagino non a caso, i giudici di MasterChef erano già diventati quattro, con l’arrivo di Cannavacciulo e anche senza il bel Cracco il programma continuerà a fare il suo. Magari inserirà nel cast una donna, come auspicato da Cracco, o farà salire a bordo l’altro chef televisivo Alessandro Borghese, già in MasterChef Jr.
La domanda che l’addio al “programma di cucina dei programmi di cucina” può far sorgere, però, non è tanto “chi sostituirà Cracco l’anno prossimo?”. No, la domanda che in molti ci stiamo ponendo è “Quand’è che anche gli altri simpatici chef si toglieranno dalle palle?” Perché è vero che la cucina è una delle eccellenze italiane nel mondo, e se si permettono di fare programmi sul tema gli americani noi dovremmo pensare a una televisione tematica 24 su 24. È vero anche confrontati con la Clerici che canta Le tagliatelle di nonna Pina programmi come MasterChef sembrano inediti giovanili di Michelangelo Antonioni. Ed è vero che MasterChef e affini hanno dimostrato che si può fare buona televisione non necessariamente buttandola sul piagnisteo o sulla cronaca nera. Ma vogliamo considerare l’illogicità di mandare in onda un talent in cui gli spettatori non possono farsi un’opinione personale del talento dei partecipanti, finendo per doversi fidare del parere dei giudici, unici destinati a assaggiare i piatti dei concorrenti? Quello che ci resta addosso dopo una qualsiasi puntata di una qualsiasi trasmissione di cucina in tv è da una parte la sensazione tipica degli appassionati di porno, ovvero qualcuno ne ha fatte di tutti i colori e lui è rimasto a guardare con il pisello in mano, dall’altra la sana curiosità, anche questa ascrivibile al porno, di sapere se a provare quel che ci hanno raccontato e fatto vedere in effetti la faccenda sarebbe così ganza come è sembrata. Niente di più. Come un talent musicale senza audio. Bravi i giudici, bel ritmo, ma qui tocca andare di fantasia.
Allora forse è il caso che anche gli altri chef la smettano di ammorbarci con brutte parole come impiattamento, di farci passare per plausibile una cucina in cui con tre spaghetti arrotolati bene hai fatto un piatto di pasta (quando, come diceva Dario Cassini, sessanta etti di pasta vanno bene per sentire se è al dente, siamo tutti d’accordo), di ossessionarci col rispetto della tradizione e poi far cucinare i concorrenti col Plancton da seimila euro al chilogrammo. Sono anni che la cucina è sì tornata a essere centrale nel nostro immaginario, ma una cucina del tutto improbabile. La domanda resta quindi questa, cari colleghi di Carlo Cracco, quando ve ne tornerete a cucinare e ci lasciate in pace a cucinare la nostra pasta alla carbonara con la pancetta e a rimpiangere quasi con le lacrime agli occhi le permette alla vodka dei magici anni Ottanta? Perché voi, da Carlo Cracco a scendere, sarete pure dei maghi a cucinare, ma quando si tratta di mangiare a noi non ci batte nessuno. Provare per credere.
Il Fatto Quotidiano