Negli Usa 177 mln di persone al mese ascoltano trasmissioni, musica e pubblicità su Internet. In Iab Italia un tavolo per studiarne le potenzialità
di Andrea Secchi, ItaliaOggi
La pubblicità sull’audio digitale, quello delle radio online e dei servizi di streaming musicale, diventerà sempre più importante. Già oggi il 57% degli americani ascolta radio o musica online soprattutto sugli smartphone e la percentuale è destinata a crescere man mano che le auto saranno equipaggiate da impianti audio intelligenti e che nelle case si diffonderanno dispositivi connessi come gli altoparlanti Amazon Echo o Google Home.
Per spiegare il fenomeno nella Penisola, capire quale sia la sua dimensione e indicarne le opportunità di marketing, Iab Italia sta per costituire un tavolo di lavoro dedicato appunto al digital audio a cui sono state invitate le concessionarie che hanno interessi nel settore radiofonico da Manzoni (Espresso) a Mediamond (RadioMediaset) fino alla Rai, oltre che società di rilevazione e uno dei più importanti attori dello streaming on demand, Spotify.
Il tavolo prende spunto da quanto già fatto negli Stati Uniti, dove Iab ha messo insieme una settantina fra broadcaster, aziende di audio streaming, produttori e società di ricerca nel Digital Audio Committee. A novembre il comitato ha partorito un white paper intitolato Digital Audio Buyer’s Guide e una versione italiana dovrebbe appunto nascere dal lavoro che si sta iniziando nella penisola.
«Il tema del digital audio è interessante dal punto di vista pubblicitario», spiega Daniele Sesini, general manager di Iab Italia, «e non riguarda soltanto gli editori che hanno una radio. È una modalità di fruizione dei contenuti in generale e con questo tavolo cercheremo di far luce sul fenomeno».
Ovviamente man mano che il segmento acquista importanza per gli inserzionisti cresce la necessità di avere rilevazioni adeguate, facilitate in questo caso dal fatto che si tratta delle stesse piattaforme utilizzate per Internet sebbene con misurazioni ad hoc. Negli Usa sono attivi sulla misurazione dello streaming sia la Triton Digital sia Nielsen (per le radio originarie dell’Fm e Am).
Per i podcast la questione si complica visto che non sempre si riesce ad avere il dato sull’ascolto ma solo il numero di volte che il programma è stato scaricato. iTunes di Apple è la piattaforma su cui vengono ascoltati più podcast, ma appunto i dati rilasciati riguardano soltanto i download.
«Non sappiamo ancora se il tavolo entrerà nel merito dei criteri di rilevazione», aggiunge Sesini, «certo il tema delle misurazioni in campo pubblicitario resta fondamentale».
Il white paper Usa spiega che «audio is on when screens are not», l’audio è acceso quando gli schermi sono spenti. Ma questa non è una novità ed è la forza della vecchia radio. Con l’audio digitale, però, grazie agli smartphone si riguadagna l’attenzione persa proprio a causa degli smartphone: in viaggio, al lavoro, mentre si fa sport.
Secondo eMarketer, nel 2016 176,7 milioni di americani al mese hanno ascoltato la radio digitale, ovvero la ritrasmissione online delle emittenti terrestri, le emittenti solo online e i podcast, i programmi registrati. In realtà questa stima sembra anche comprendere lo streaming musicale on demand come quello di Spotify. Perché le modalità di offerta e fruizione del digital audio sono molto differenti ma spesso col termine radio soprattutto in America ci si riferisce all’una o all’altra, complice la presenza di Pandora, la radio online personalizzata. In ogni caso, gli utenti lo scorso anno secondo le stime sono cresciuti del 4% e continueranno ad aumentare ancora nei prossimi anni.
Per comScore, l’ascolto delle radio online è la seconda attività nelle app mobile per tempo speso (15%), dopo i social (29%) e prima dei giochi (11%). Ovviamente i dispositivi mobile battono decisamente i pc, con l’82% delle sessioni rispetto al 18% dei computer.