L’ingresso di Mediaset nel settore? Ha scardinato il mercato
Domani Radio Deejay festeggia a Torino i suoi 35 anni, investendo 650 mila euro in un party che sarà trasmesso in diretta su Facebook live. Maestro di cerimonie, ovviamente, il direttore Linus, che a sua volta compie 40 anni di radio e che osserva, esperto e pure disincantato, l’evoluzione del mezzo: «È arrivata Mediaset, una specie di Morte nera coi suoi pacchetti commerciali.
Il pubblico invecchia, ma se ne va dalla radio anche molto più tardi di un tempo. Mi piacerebbe che le rilevazioni delle audience ci fornissero dati molto più freschi e ravvicinati, per poter fare operazioni sui palinsesti. Mentre credo che il digitale Dab, in Italia, arriverà solo tra un bel po’ di tempo. I rapporti con Discovery? Cordiali, ma a Discovery interessa poco Radio Deejay, seguono una strada che non è la nostra».
Domanda. Dopo una certa età si tende a festeggiare poco i compleanni, a farli passare quasi in sordina. Radio Deejay, invece, dopo i 30 anni ci ha preso gusto .
Risposta. Mah, in effetti potrebbe anche sembrare negativo sottolineare quanti anni ha una radio, quanto è vecchia. Noi, in realtà, celebriamo delle ricorrenze. Nel 2000 lo abbiamo fatto per i 18 anni, perché Deejay diventava maggiorenne. Poi la festa dei 30 anni, che andava fatta. Quindi la festa dei 33 anni con la scusa del 33 giri. Aspettare 12 anni per organizzare quella del 45 giri ci sembrava un po’ troppo. E allora abbiamo deciso di celebrare il fatto che ci spostiamo fuori da Milano. Lo scorso anno la festa l’abbiamo fatta a Roma, quest’anno a Torino, il prossimo anno traslocheremo a Sud.
D. Ormai da un anno pieno Mediaset è entrata massicciamente nel mondo della radio, acquistando 105 e Virgin da Finelco e R101 da Mondadori. Effetti sul mercato?
R. Gli effetti si sentono già, dal punto di vista commerciale. È chiaro che l’ingresso di Mediaset sia stato molto pesante, loro sono visti un po’ come la Morte nera, una corazzata che può mettere sul tavolo pacchetti commerciali importanti che scardinano il mercato. Noi possiamo fare alleanze con altre radio, con operazioni come Manzoni-Radio Italia. Ma l’unica vera risposta è continuare a confezionare programmi e prodotti sempre più esclusivi e di pregio.
D. Con l’arrivo di Mediaset i fondatori dei grandi network radiofonici italiani lasceranno il passo più rapidamente?
R. Beh, non foss’altro per questioni anagrafiche (proprio ieri si celebravano a Milano i funerali di Angelo Borra, fondatore di Radio Milano international, ndr). La radio italiana è una eccezione rispetto allo scenario europeo. Nel senso che quasi tutte le grandi radio fanno ancora riferimento alle persone che le hanno fondate. Questo significa che c’è grande rivalità anche personale tra le radio, c’è una cura del prodotto perfino esagerata per fare meglio dei concorrenti. Pure Pier Silvio Berlusconi, che con Mediaset ha investito nelle radio, per me resta sempre il Dudy che incontravo all’ Hollywood e che ha un suo interesse storico personale nel mezzo. Nel resto del mondo le radio sono molto meno curate, magari stanno attente al mattino, ma poi propongono un palinsesto piuttosto easy.
D. Che futuro vede per le radio italiane?
R. Credo che assomiglieranno sempre più a quelle del resto del mondo, meno ricche di contenuti, più specializzate. Anche perché non vedo un ricambio generazionale. Oggi i giovani che vogliono sperimentare non si propongono alla radio, ma aprono un loro canale YouTube. E se provi a prendere quei personaggi e a metterli in radio, non funzionano.
D. A proposito di ricambio generazionale: il palinsesto di Deejay trasuda di Linus, dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 12, e poi al lunedì sera con Cordialmente, e poi al sabato pomeriggio con la classifica, e poi alla domenica a mezzogiorno con Deejay training center. Questo perché nessuno è bravo come lei o cosa?
R. Lo dico con sincerità: mi sono messo a fare anche la classifica al sabato pomeriggio perché la classifica come la faccio io non la fa nessuno. Abbiamo provato pure con Alessandro Cattelan, che è bravo ma che, come spesso gli capita, è un po’ troppo frettoloso. Per fare la classifica ci vuole tanto mestiere radiofonico, tanta tecnica.
D. In Norvegia è iniziato lo spegnimento del segnale analogico radiofonico a favore del digitale. In Italia?
R. Da noi le radio hanno investito troppi soldi per acquistare le frequenze. Centinaia di milioni di euro ciascuna. Non hanno interesse a buttare via tutto per il Dab. E poi il digitale ha i suoi pregi, ma un brutto difetto: il segnale o lo senti, o non lo senti. Non ci sono vie di mezzo come con l’analogico. Quindi, perlomeno al momento, secondo me è più utile sviluppare una bella App che faccia sentire la radio ovunque.
D. Nel 2017 dovrebbero esserci novità sulle rilevazioni degli ascolti
R. Ci sono ancora dettagli tecnici da affinare per la nuova ricerca a cura del Tavolo editori radio, che quindi non so quando sarà operativo. Il prossimo 14 febbraio arriveranno le nuove rilevazioni di Eurisko Radio Monitor. In Italia esiste una leadership di Rtl 102,5 difficilmente attaccabile. Ma non ritengo Rtl un mio competitor. Poi Rds e 105 sono più o meno come Deejay da un po’ di anni. Può essere che 105 riceva una spinta in comunicazione appartenendo al mondo Mediaset. In generale, tuttavia, non sono un fan degli ascolti così come sono strutturati oggi. I dati, cioè, arrivano con mesi di ritardo, quando i palinsesti sono già operativi. Quindi devo continuare a fidarmi del mio intuito, di quello che penso.
D. Come è cambiato il pubblico della radio?
R. Un tempo iniziava a frequentare la radio a 15 anni. Ora a 25 anni, magari quando ha un lavoro e si compra una macchina. Il problema, però è che oggi molti giovani neanche se la comprano l’auto, soprattutto nelle grandi città. E usano il car sharing. Per fortuna, comunque, si è alzata l’età di ingresso nel mondo radio, ma si è alzata anche quella di uscita. L’età media degli ascoltatori di Deejay è attorno ai 35-40 anni.
D. Sky è sponsor della festa a Torino, che andrà in diretta su Facebook live. E Discovery (che nel gennaio 2015 ha comprato Deejay tv, ndr) che fine ha fatto?
R. Radio Deejay ha superato i 2 milioni di fan su Facebook, che è diventato il mezzo più importante di qualunque altro mezzo. Facebook live, poi, rischia di trasformarsi in una vera e propria televisione. Quindi siamo lì. Con Sky la partnership è automatica, viviamo un po’ negli stessi mondi, abbiamo un pubblico simile, i loro talent lavorano da noi, i nostri talent lavorano da loro. Certo, poi ci sono anche Fabio Volo, Federico Russo o Gabriele Corsi del Trio Medusa che lavorano su Nove di Discovery. Tuttavia diciamo che a Discovery interessa poco Radio Deejay, seguono una strada che non è la nostra, per la quale noi non siamo più di tanto congrui.
di Claudio Plazzotta, Italia Oggi