Frontman dei Subsonica in gara con Vedrai, il 24/2 l’album
Ogni tanto c’è bisogno di prendere un bel respiro, di abbandonare per un po’ le comfort-zone alle quali siamo abituati da sempre, di tuffarsi in qualcosa che allo stesso tempo attrae e spaventa. “Era arrivato il momento giusto per me di fare qualcosa da solo, di comunicare quello che da un paio di anni avevo dentro e Sanremo è capitato proprio in questo momento. Come avrei potuto dire di no a quello che è il luogo di culto della musica italiana?” racconta Samuel che abbandonati, ma solo momentaneamente, i Subsonica, dopo quasi vent’anni nella rock band o in altri progetti paralleli si concede la sua prima esperienza da solista, battezzandola con una partecipazione a Sanremo, dove presenta il brano Vedrai, e un album di 12 inediti in uscita il 24 febbraio (Il Codice della Bellezza, Sony Music), già anticipato dai singoli La risposta e La rabbia.
“Per me il Festival è come tornare sui banchi di scuola, anche avendo finito l’università. L’ho guardato per un lungo periodo, da quando a sei anni ho scritto la prima canzone e mia madre mi diceva che avrei dovuto guardare Sanremo. Ecco, mi ha formato come cantante italiano. Ed oggi vado per mio piacere”, spiega il cantautore che all’Ariston è già stato nel 2000 con i Subsonica (“eravamo giovani e in ascesa, oggi mancano i gruppi perché con i talent l’attenzione si è spostata sui solisti”) e ora per il ritorno in solitaria ha scelto di presentarsi con un brano che parla d’amore sì, ma al tempo della crisi economica e sociale che viviamo, “perché volevo entrare nelle crepe dei sentimenti, ma con una struttura molto da festival: strofa – ritornello – strofa – ritornello”, aggiunge ancora Samuel, che per la serata delle cover ha scelto Ho difeso il mio amore dei Nomadi. “Quando ho capito che non potevo portare un brano in inglese, e quindi niente Cure o Smiths, ho chiesto aiuto. Ho difeso il mio amore era il primo brano della lista: non potevo che scegliere questa perché la cantavo da bambino e perché è a sua volta una cover di un brano dei The Moody Blues“. Per la svolta pop, “e per pop intendo la linea di distanza che percorrono le parole arrivando all’interlocutore”, Samuel ha deciso di affidarsi a un produttore del calibro di Michele Canova. “Avevo bisogno di qualcuno che ne sapesse più di me e lui era la persona giusta. E’ stato un po’ un tiro alla fune per uscire dai nostri rispettivi angoli, ma è stato un confronto molto stimolante”.
Alla scoperta della nuova pelle di Samuel ha contribuito anche la proficua collaborazione con Jovanotti, che ha dato vita a cinque dei brani contenuti nel Codice della Bellezza. “Non avevamo mai lavorato insieme finora, ed è stata una vera scoperta. E’ riuscito a tirar fuori la parte più solare. E’ stato un fratello maggiore musicale e la sua capacità di illuminare è stata evidente – racconta ancora Samuel -: i cinque brani sono nati nel giro di tre giorni a New York. Ma quello che piace è che comunque è un album in cui ho messo la faccia, che racconta Samuel e le mille sfaccettature di Samuel”. Ma non solo. In uno dei brani scritti con Lorenzo, La statua della mia libertà, il tema è il dramma della migrazione. “Siamo testimoni passivi di un fenomeno di proporzioni enormi. L’Italia non è che il ponte tra mondi diversi. Ma la migrazione è anche parte della nostra storia e io racconto quello che vedo”. Il codice della bellezza offre così uno sguardo disincantato sul mondo e sui sentimenti, sulle loro stratificazioni “tali, che c’è sempre da raccontare. Ho sempre pensato che la bellezza non fosse un concetto solamente estetico. Il dono dell’eleganza, della sensibilità, dell’ironia fanno parte di un istinto interiore che rappresenta il bello degli essere umani. Ho provato ad immaginare la bellezza come un codice scritto (che si riflette anche nella grafica scelta per la copertina dell’album, ndr) dentro le persone speciali, quelle persone che sono fonte d’ispirazione per chiunque gli stia vicino”.
Ansa