La cantautrice romana sui titoli di coda di “Normality”, film coraggioso di Gabriele Lazzaro
Dopo gli ottimi consensi della proiezione romana alla presenza di Rita Dalla Chiesa, Maria Rosaria Omaggio, Luna Berlusconi e tanti volti noti dello spettacolo, è stato presentato con successo al Pepe Rosa Caffè Letterario di Gorla Minore (Varese) “Normality“, film coraggioso del giovane artista Gabriele Lazzaro.
Fra i nomi coinvolti nel progetto cinematografico spicca quello di Grazia Di Michele, interprete intensa e raffinata della canzone italiana da sempre impegnata nel sociale.
Dopo essere uscita di scena dal talent di Maria De Filippi Amici, la Di Michele, impegnata nella tournee dello spettacolo musicale Io non so mai chi sono con Mauro Coruzzi in arte Platinette, partecipa straordinariamente al cortometraggio indipendente di Lazzaro. E lo fa ricantando sui titoli di coda Il tempio, suo celebre brano riarrangiato per l’occasione dal musicista Luciano Vaccariello.
Un film che fa riflettere e discutere, scritto a quattro mani dall’attore con la psicoterapeuta romana Maria Grazia Lo Russo, e che parla senza pudore e inibizioni dell’amore folle e incestuoso fra una madre e un figlio. Una storia dark che sfocia nella tragedia, ispirata a fatti realmente accaduti e libero omaggio a Psycho e al più recente Bates Motel.
Nel cast, accanto a Lazzaro, Mariella Valentini (storica interprete di Palombella rossa di Nanni Moretti) e gli attori Carola Stagnaro e Fabio Massimo Bonini. Ne parliamo con la Di Michele.
Signora Di Michele, perché ha deciso di partecipare alla colonna sonora di questo cortometraggio?
“Perché dietro al corto c’è un progetto interessante. Il tema duplice su cui è incentrato il film è quello dei legami familiari e della follia. La famiglia è l’elemento sul quale si costruisce la nostra personalità, la nostra vita di relazioni, e proprio per questo, se sono per qualche aspetto viziati o alterati, possono risultare incredibilmente pericolosi”.
Con le mie mani ho costruito un tempio, lasciando fuori tutto il resto del mondo… La tua immagine l’ho messa sull’altare… Quanti idoli dobbiamo adorare, statue di pietra che non hanno cuore, vorremmo averli… e poi ucciderli e sentirci veri…. Così canta ne Il tempio, suo brano riarrangiato appositamente per il film. Incredibile come le parole aderiscano perfettamente alla storia dei due protagonisti, tragedia preannunciata.
“Il rapporto fra la musica e il cinema è strettissimo e misterioso. Una colonna sonora, un commento musicale che si affianca alle immagini, l’abbinamento del testo di una canzone con la trama del film è un elemento che ne intensifica l’espressività, ma più ancora contribuisce a quella che nella semiotica viene definita la “produzione di senso”. In sostanza, la musica offre una chiave interpretativa dei sentimenti e dei significati narrati nel film. Nel caso di Normality la sintonia c’è e si percepisce”.
Come la produzione, anche la distribuzione del corto è indipendente. Lazzaro crede fortemente nell’idea di un seguito, e sta cercando di sviluppare la storia in un lungometraggio. Si vocifera anche di un coinvolgimento di Simona Izzo.
“Gabriele in quanto autore del progetto sta sviluppando contatti con personaggi che possono dare un contributo importante. Simona Izzo è una donna intelligente e che conosce bene l’arte del cinema. Sarebbe di grande supporto…”
Con la sua arte sta sostenendo l’idea di Lazzaro, che è in cerca di una produzione per il lungometraggio. Vuole lanciare un appello per la realizzazione del vostro film, a supporto del buon cinema fatto da giovani autori?
“Penso che i giovani autori siano portati a sviluppare, per forza di cose, idee originali realizzabili con un costo basso, in certi casi molto basso. I produttori e gli sponsor cercano infondo proprio questo, idee innovative ed economie negli investimenti. Basterebbe, a volte, solo un pizzico di coraggio”.
Perché si fa fatica oggi a fare arte?
“Perché le risorse sono concentrate soprattutto sulle produzioni televisive, e non vengono distribuite su tutti quei circuiti rappresentati dai teatri, dai circoli culturali, dai festival che sono invece il terreno sul quale si formano gli artisti e si forma anche il pubblico”.
Ha lavorato con Salvatores nella realizzazione di uno dei suoi primi videoclip, e con Normality debutta nel mondo delle colonne sonore. Che opinione ha del cinema italiano di oggi?
“Mi sembra che il cinema italiano di oggi sia capace di raccontare i paradossi e i drammi della quotidianità e di esplorare le dinamiche relazionali e il mondo dei sentimenti. Quando si dedica a questo, senza voler competere con generi e stili che sono propri di altre tradizioni, sa essere molto incisivo”.
Il film parla di psicosi familiari. Lei ha scritto Io e mio padre, uno dei suoi successi più indimenticabili, dedicandolo proprio a suo padre. Com’è stato il vostro rapporto?
“Nel nostro caso, per fortuna, non si è mai trattato di psicosi, ma di normali dinamiche familiari: un papà che si preoccupa per una figlia che vuole fare la cantante, una figlia che combatte per difendere il proprio sogno…”.
Che mamma è invece Grazia Di Michele? Il film mette in discussione proprio la relazione madre figlio non sempre facile.
“La sfida più difficile per un genitore è quella di trovare la giusta misura tra il ruolo normativo e quello liberante, tra la dipendenza affettiva e l’autonomia. Un po’ come nella metafora dei porcospini di Schopenhauer, che debbono trovare la giusta distanza, perché troppo vicini si pungono reciprocamente e troppo lontani non ricevono calore l’uno dall’altro”.
Progetti futuri?
“Sto lavorando con Platinette allo spettacolo Io non so mai chi sono. Sul fronte discografico ho due progetti in corso, uno che riguarda me ed uno che riguarda i miei talentuosi allievi”.
Lazzaro vorrebbe farla recitare con un cameo nello sviluppo di Normality. È già stata attrice sul palco in un recital molto intenso, accetterebbe?
“Il lavoro in teatro è molto più vicino alla mia esperienza di cantante e al mio modo di comunicare. Il cinema non è il mio mondo ma mai dire mai”.
Marta Proietti, il Giornale