Ho sentito che molti non si spiegano le dimissioni di Giancarlo Leone, ex direttore di Rai Uno, ex responsabile di tanti incarichi di vertici della Rai. Qualche retroscena sicuramente c’è, in quest’addio dopo 33 anni in un’azienda in cui, presumibilmente, entrò per la rilevanza del suo cognome (il padre fu presidente della repubblica ed estromesso in modo orribile, e più di una volta mi sono scusato per aver partecipato a una ingiusta campagna offensiva che aveva Camilla Cederna in prima fila).
Cosa dire di Giancarlo? Gli invidio, solo alcune belle attrici, che aveva conquistato, non so se per il suo discutibile fascino o per il potere che deteneva nell’azienda. Una volta l’ho definito un democristiano perfetto, e lo ribadisco ora: lui fu molto soddisfatto e se ne rallegrò. Quando collaboravo con la Rai nei vari programmi, ha fatto il possibile e l’impossibile per crearmi ostacoli, difficoltà, veti stravaganti. Ma sempre con la soavità, la dolcezza e il garbo educato che avevano i certi politici dello scudo crociato, abituati ad attaccare e ad incassare col sorriso sulle labbra, sempre nascondendo il loro vero stato d’animo.
Solo una volta mi ha scandalizzato, l’ultima volta che l’ho visto: mi rimproverò di aver fortemente criticato il Festival di Sanremo, come ospite de “La vita in diretta”. “Ti abbiamo invitato per sostenere il Festival, non per bersagliarlo di critiche, ti abbiamo pagato per questo!”. A parte il fatto che il compenso era striminzito, gli feci notare che le mie opinioni non erano acquistabili e mi sorprendevo, visto che non soffro di complessi di persecuzione, di scoprire che alla Rai ospiti e opinionisti venissero pagati per esprimere consensi e complimenti. Mai più visto. E rarissimamente, anche per scelta mia, sono stato ospite dei programmi Rai.
Di recente, da qualche parte, ho anche scritto che nei giorni di quel Festival opinionisti e dipendenti si esercitavano in complimenti e celebrazioni per Matteo Renzi, che non era ancora entrato a Palazzo Chigi. (Il fiuto per i posizionamenti, in Rai, è di assoluta qualità). Riflettendo sugli assurdi rimproveri che in quell’occasione mi aveva mosso, ho anche azzardato – dentro di me – un’ipotesi. Forse Leone si era irritato, con una proiezione da psicanalisi, per una mia critica molto ruvida verso Cristiano De Andrè, che ha mietuto un po’ di gloria solo grazie al cognome del suo grandissimo papà, Fabrizio. Detesto i figli di papà, preferisco il merito. E forse Giancarlo, ma è solo una mia ipotesi, appartenendo a questa elitaria categoria, si era sentito punto sul vivo, come “figlio di”.
Cosa dire ancora? Tutti sanno che il sogno di Leone era diventare direttore generale della Rai. Non c’è mai riuscito, nonostante i numerosi avvicendamenti in quella poltronissima. Sfiorò la realizzazione del suo sogno una volta, sostenuto da Gianni Letta, ma non da Berlusconi e da altri personaggi del centro destra, che gli preferirono Agostino Saccà.