In autunno ascolti cresciuti del 15% in prima serata
La campagna elettorale per il referendum costituzionale è durata circa cinque mesi. Ora ci sarà un nuovo governo, probabilmente una nuova legge elettorale, con lo scioglimento delle camere a incombere sulla agenda politica, ed elezioni che, se si dovessero rispettare le scadenze, si terranno comunque nella primavera del 2018, tra poco più di un anno.
Insomma, si prospettano giorni e giorni di dibattiti, scontri politici, comizi, candidature, nomine. Una vera manna dal cielo per La7. Che già stava crescendo impetuosamente per ascolti nella seconda metà del 2016; che in autunno è a +15% in prima serata rispetto allo stesso periodo 2015; e che è stabilmente salita al sesto posto assoluto nella classifica degli ascolti in prime time, superando Rete 4. Il 29 novembre, per dire, DiMartedì di Giovanni Floris ha sfiorato l’8% di share in prima serata, e domenica 4 dicembre la maratona elettorale di Enrico Mentana è arrivata all’11,54% di share.
Tutto ciò, nei prossimi mesi, significherà un incremento degli incassi pubblicitari (i centri media, infatti, impiegano sempre qualche settimana a riallocare gli investimenti pubblicitari in base alle nuove share di ascolto): il 2015 di La7 si era chiuso a quota 102,095 milioni di euro di ricavi operativi netti, il 2016 terminerà con un +3-4% circa (attorno ai 106 milioni netti), ma se il +10-15% di ascolti dovesse confermarsi per la stagione 2017 e dovesse tradursi in analogo aumento dei ricavi, si potrebbe salire almeno a 116 milioni di euro netti a fine 2017. Peraltro pure il sistema Rai potrebbe avvitarsi in una crisi: con le dimissioni del premier Matteo Renzi, infatti, perderanno peso e protezione politica il direttore generale Antonio Campo Dall’Orto e i suoi manager di fiducia, con possibili ribaltoni e incertezze sui palinsesti.
Comunque, al netto del futuro dei vertici Rai, la tv di Urbano Cairo si attende anche altre nuove voci di ricavi che hanno sempre a che fare con viale Mazzini. C’è infatti da dirimere la questione relativa ai maggiori introiti Rai a seguito della nuova modalità di riscossione del canone in bolletta elettrica. Le ultime stime parlano di oltre due miliardi di euro di canone Rai nel 2016, ovvero 400 milioni in più del 2015. Questo extra gettito andrà solo al 60% nelle casse Rai nel 2016, e al 50% nel 2017. Altre fette sarebbero poi destinate a finanziare l’abbattimento delle tasse sulla prima casa, l’editoria locale, e l’editoria in genere. Tuttavia le forze politiche potrebbero decidere di sottrarre una parte dell’extra gettito Rai, mettendo in gara questa quota per premiare i broadcaster televisivi privati che, con i loro programmi, effettuano, di fatto, un servizio pubblico. E qui La7 avrebbe le sue carte da giocare: come ribadito anche di recente dall’amministratore delegato del canale, Marco Ghigliani, «noi produciamo 12 ore al giorno di informazione. E sarebbe interessante mettere a gara tra i privati, su progetti di servizio pubblico, una piccola quota del recupero del canone che viene realizzato attraverso il pagamento delle bollette della luce».
Peraltro, entro il gennaio 2017, c’è pure da rinnovare il contratto di servizio pubblico con la Rai, scaduto lo scorso 31 ottobre. Nella nuova concessione potrà essere messa nero su bianco l’interpretazione delle norme che regolano la trasmissione degli spot sulla Rai. Finora la legge che pone il limite del 4% di affollamento pubblicitario alla settimana è stata interpretata dalla Rai sforando questo limite su Rai 1, dove le tariffe sono più alte, e recuperando su Rai 2 e Rai 3, dove il prezzo degli spot è più basso. Ma la concessione potrebbe imporre un’interpretazione più stringente, fissando il rispetto del 4% su ogni singola rete. Questo comporterebbe, secondo alcune stime, la liberazione di 60 milioni di euro di investimenti pubblicitari se si considera come fascia di riferimento quelle delle 24 ore, per arrivare fino a 120 milioni se invece si considererà la fascia oraria 7-23, quella più ricca per la pubblicità. Investimenti che, ovviamente, potrebbero finire a La7 come alle reti Mediaset, Discovery, Sky, o ai colossi del web e della carta stampata. Il riallocamento delle risorse, tuttavia, non è sempre automatico: dal maggio 2016, ad esempio Rai Yo-Yo non può più raccogliere pubblicità. Ma i 10 milioni di euro di spot all’anno non si sono trasferiti, se non in minima parte, sugli altri canali tv destinati al target kids. Più semplicemente, almeno finora, le aziende li hanno risparmiati.
di Claudio Plazzotta, Italia Oggi