ROCCO SCHIAVONE, IL VICEQUESTORE ANARCHICO, È GIALLINI: “SA CHE SI MUORE, UN PO’ COME ME”

ROCCO SCHIAVONE, IL VICEQUESTORE ANARCHICO, È GIALLINI: “SA CHE SI MUORE, UN PO’ COME ME”

La serie, diretta da Michele Soavi, andrà in onda da stasera su RaiDue. Nel cast, oltre a Marco Giallini, anche Ernesto D’Argenio, Claudia Vismara, Massimiliano Caprara, Christian Ginepro, Gino Nardella e Fabio La Fata

schiavoneIL VICEQUESTORE della Polizia Rocco Schiavone, romano trasteverino trasferito per un punizione ad Aosta, allergico alla neve e al potere, si fuma una canna prima di cominciare a lavorare. E’ la sua preghiera laica del mattino. Anarchico, intelligente, il cinismo che nasconde un cuore d’oro, l’eroe dei libri di Antonio Manzini editi da Sellerio conquista la tv col volto di Marco Giallini, che sfida il gelo con loden d’ordinanza e Clarks. La serie ‘Rocco Schiavone’ diretta da Michele Soavi, in onda da mercoledì 9 novembre su RaiDue (questa settimana il mercoledì e il venerdì, poi tutti i venerdì), rispetta totalmente il personaggio nella sua libertà di espressione (Schiavone ha un suo personale metro di giudizio sulle ‘rotture di coglioni’, dai giri nei centri commerciali agli ‘omicidi sul groppone’ che raggiungono anche il decimo livello) e passione per il fumo. Fuma continuamente, una sigaretta dietro l’altra. “Schiavone è a suo modo un anarchico” dice Giallini “un uomo che conosce la vita, che ha solo tre amici di cui si fida: loro sono rimasti ladri invece lui è diventato guardia. Gli piacciono le donne, anche se l’unica donna che continua ad amare è sua moglie Marina, che non c’è più, ma che lui ‘vede’ tutte le sere a casa. Immagina di continuare a vivere con lei, si confronta con lei. E’ un uomo che ha capito che si muore a questo mondo, un po’ come me. Sa che deve morire”. “Rocco è un uomo cinico, spesso sgradevole” dice Manzini “eppure siamo dalla sua parte. Sarà perché la vita non è stata tenera con lui, sarà perché la sua sete di giustizia, che non combacia con la legge, ce l’abbiamo un po’ anche noi. Ha fiuto perché conosce la strada”. Schiavone piace ai poliziotti, ma la polizia – che ha riletto le sceneggiature (firmate dallo scrittore e Maurizio Careddu), ha avuto da ridire su qualcosa? “Quando ho scritto i libri ho ricevuto una mail dalla questura di Aosta” racconta Manzini. “Il questore voleva incontrarmi, i libri gli erano piaciuti. Ci siamo visti al bar”. “La polizia ha letto le sceneggiature” spiega il direttore di RaiFiction Tinni Andreatta “non ha avuto nulla da ridire, perché è tratta dai libri, tutto quello che succede è scritto nei racconti. La serie non è patrocinata dalla Polizia anche se ha dato i mezzi”.
A tal proposito, l’ufficio relazioni esterne del Dipartimento di pubblica sicurezza della Polizia di Stato precisa che “non solo non è stato dato alcun patrocinio alla fiction, ma non c’è stata alcuna altra forma di collaborazione, tantomeno la fornitura di mezzi della Polizia di Stato”.
La fiction d’autore destinata a un pubblico più giovane, debutta così su RaiDue, anche se Manzini ironizza: “Sono certo che non va su RaiUno perché c’è la marijuana, per questo va su RaiDue. Vi lascio immaginare cosa potrebbe fare Schiavone se andasse su RaiTre…”.
Anche Schiavone, come ogni investigatore che si rispetti, ha la sua squadra il prode Italo Pierron (Ernesto D’Argenio) a cui insegna la sua filosofia di vita, Caterina Rispoli (Claudia Vismara) gli agenti Deruta (Massimiliano Caprara), D’Intino (Christian Ginepro), Casella (Gino Nardella), Scipioni (Fabio La Fata). Massimo Reale è il medico legale Fumagalli, ironia tutta toscana, che stende Schiavone con particolari raccapriccianti delle autopsie, Filipo Dini è il procuratore Baldi, Massimo Olcese interpreta il questore Costa ossessionato che i giornalisti cospirino contro di lui dopo che la moglie è fuggita con un cronista. A Isabella Ragonese è affidato il ruolo di Marina, la moglie morta con cui Schiavone continua a confidarsi, Francesca Cavallin è l’amante di Rocco.
Giallo e commedia, la serie realizzata da Cross Productions e RaiFiction lancia un antieroe che secondo il regista Michele Soavi “è protagonista di un western. Un cowboy senza pistola più infernale di un bandito e giudice supremo delle ingiustizie umane”. Un antieroe in loden che odia il freddo, la neve, lo sci, costretto a comprarsi i doposci perché gli si congelano i piedi.

Repubblica

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