«I CINESI SI COMPRANO HOLLYWOOD E NEI FILM NON SONO PIÙ I CATTIVI»

«I CINESI SI COMPRANO HOLLYWOOD E NEI FILM NON SONO PIÙ I CATTIVI»

La denuncia di un lobbista Usa: storie cambiate per non irritare Pechino. Sedici deputati del Congresso hanno chiesto l’intervento della potente Commissione federale di controllo sugli investimenti stranieri negli Stati Uniti

the-martian-cinaC’è questo cartellone da qualche giorno sul Sunset Boulevard di Los Angeles: si vede la mano di un puparo che tira i fili della Amc Entertainment, seconda catena di cinema degli Stati Uniti, 5.028 schermi e 20 mila dipendenti. Accanto alla mano una grande scritta: «La Marionetta Rossa». È un messaggio contro la «conquista comunista» di Hollywood. Il bersaglio è Wang Jianlin, il miliardario cinese che ha comperato per 2,6 miliardi di dollari la Amc. E che ha speso 3,5 miliardi per acquisire gli studios Legendary, noti per la serie di «Godzilla». E che a settembre ha stretto un accordo con la Sony per collaborare alle produzioni della Columbia Pictures, una delle mitiche «big six», le major del cinema americano.
Quel cartellone sul Sunset Boulevard lo ha fatto piazzare Mr. Rick Berman, sdegnato con il governo di Washington che non impedisce l’avanzata delle Stelle Rosse nel firmamento di Hollywood. Non c’è solo Wang Jianlin con il suo Wanda Group, ma anche Jack Ma di Alibaba, che si è appena accordato con Steven Spielberg per coprodurre una mezza dozzina di film. Berman sostiene che «la conquista comunista dei nostri film» avrà una deleteria conseguenza: «non vedremo più un cinese cattivo nei film americani». Non è il solo a pensarla così: il New York Times ha osservato che sono ormai dieci anni che i «villains» di Hollywood non vengono più da Pechino e dintorni. Il pensiero è condiviso da un gruppo di 16 deputati del Congresso che hanno chiesto l’intervento della potente Commissione federale di controllo sugli investimenti stranieri negli Stati Uniti.
Il signor Berman è un noto lobbista di Washington, che si è conquistato il soprannome di Dr. Evil, Dottor Male, per il suo lavoro di lobbying contro i sindacati. Dottor Male contro il Puparo Rosso, sembra un titolo da film. Ma hanno davvero ragione Berman e i deputati quando dicono che nelle sceneggiature hollywoodiane si taglia sistematicamente ogni riferimento al regime autoritario della Repubblica popolare cinese? La faccenda sta suscitando un dibattito nel quale ieri è intervenuto il Wall Street Journal, giornale finanziario certamente non tenero con Pechino. Titolo: Stelle Rosse su Hollywood. L’editoriale osserva che senza dubbio i miliardari cinesi, vicini al loro governo, stanno aggressivamente acquisendo pezzi pregiati dell’industria cinematografica americana. Ma subito dopo c’è la giustificazione liberista: è il mercato. In America la gente va meno al cinema, invece la Cina sta vivendo un boom, quindi i botteghini cinesi sostengono i bilanci delle grandi produzioni Usa, che altrimenti non potrebbero essere prodotte.
Resta il fatto che Wang Jianlin, annunciando l’intesa per finanziare i film della Columbia, ha detto candidamente: «Con questa alleanza strategica Wanda si aspetta di rafforzare l’influenza culturale nell’industria cinematografica globalizzata… e insisterà sull’elemento cinese nei film in cui investirà». In cambio, le pellicole hollywoodiane di Sony potranno superare gli ostacoli protezionisti del mercato cinese: secondo la legge di Pechino i film stranieri ammessi al mercato cinese ogni anno non possono superare il numero di 34. Naturalmente, investendo denaro, il signor Wang Jianlin potrebbe avere anche una parola sui soggetti dei film: significa che Hollywood dovrà pensare storie che piacciano al pubblico cinese e magari anche al partito comunista cinese che controlla la censura.
E qui viene il punto. Davvero i cattivi cinesi sono scomparsi dai film? In effetti sì, oppure diventano buoni. Qualche esempio: nel sequel di «Alba Rossa» era stato previsto che Cina e Corea del Nord invadessero l’America, poi i cinesi sono stati tagliati e sono restati solo gli indifendibili soldati di Kim Jong-un. Nel «Marziano» la Cina salva la situazione; in «Gravity» l’astronauta Sandra Bullock viene soccorsa da una stazione spaziale cinese e riesce a tornare sulla terra grazie a una capsula made in China. E poi «World War Z», dove in origine si immaginava che Brad Pitt dovesse far fronte a un’apocalisse di zombie originata da una sorta di ground zero in Cina: guardando al botteghino nella Repubblica popolare, il riferimento è stato spostato geograficamente in Russia e lo scienziato che scopre il virus è un bravo cinese.
Per «Iron Man 3» è stata aggiunta una scena con Fan Bingbing, attrice che qui piace molto, ma che non abbiamo visto in Occidente perché è stato un regalo al pubblico cinese solo per la loro edizione. E ancora «Skyfall», che in Cina ha omesso la scena di Shanghai in cui un cinese viene ucciso sotto gli occhi di James Bond; via anche il dialogo in cui Javier Bardem ricordava di essere stato tradito a Hong Kong e torturato dai servizi segreti comunisti. Ieri notte Wang Jianlin era a Los Angeles per annunciare un piano in base al quale Wanda pagherà il 40% dei costi di produzione alle major che verranno a girare nei suoi nuovi studios di Qingdao. Chissà se è passato sul Sunset Boulevard.

di Guido Santevecchi

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