NADIA TOFFA: «LA MIA TELEVISIONE EDUCATIVA»

NADIA TOFFA: «LA MIA TELEVISIONE EDUCATIVA»

Da inviata a presentatrice, la Iena bionda – reduce dalla «scazzottata» con Eleonora Brigliadori – torna conduttrice dello show di Italia 1, martedì 4 ottobre. «Ma alle inchieste non rinuncio», dice. «E che dispiacere per Enrico Lucci…»

nadia-toffa«Vede, il problema non sono le botte, ma quel che le scatena». Nadia Toffa, malmenata da Eleonora Brigliadori per aver osato chiedere lumi sulle strampalate teorie che questa va professando, non cova grandi rancori. All’indomani del servizio che, domenica 2 ottobre, l’ha vista protagonista su Italia 1 de Le Iene, molti le hanno chieste se avesse subito danni fisici. «In tanti», dice, «Hanno voluto sapere se la Brigliadori mi avesse fatto male. La questione dirimente, però, è ben altra». L’ex showgirl, che sostiene di aver avuta salva la vita grazie alla phytolacca (pomata comunemente usata per le emorroidi), va in giro dicendo che nella cura del cancro la chemioterapia serve a nulla. Sarebbe, anzi, una pratica velenosa, sponsorizzata dai medici che lucrano sulle morti, mutilando i corpi dei propri pazienti così da sentirsi dei semi dei.

«Queste teorie bislacche prendono piede in più settori della medicina. Con Le Iene, abbiamo documentato l’esistenza dei negazionisti dell’Hiv, le terapie proposte ai paralitici da Gabriella Mereu. Cerchiamo di fare una televisione utile», spiega la Toffa che, dalla prima serata di martedì 4 ottobre, sarà al timone del programma Mediaset insieme agli inviati Andrea Agresti, Paolo Calabresi, Giulio Golia e Matteo Viviani.

Cos’è successo con la Brigliadori?
«Credo si sia visto quasi tutto. Spesso, chi, tra gli intervistati, non sa cosa rispondere fa gesti inconsulti. La Brigliadori, messa alle strette, ha reagito con le mani. Quel che mi sta a cuore, però, è che al pubblico arrivi il giusto messaggio».
Ossia?
«Le persone, tendenzialmente, non hanno una cultura medica e, nei momenti di maggiore fragilità, si affidano a tutto. Anche a fonti non verificate o a personaggi pubblici dotati di una credibilità solo presunta. La prevenzione è importantissima. La chemioterapia non uccide».
Eppure, in tanti sostengono il contrario.
«Questo è il grande problema. Le Iene, da sempre, cercano di fare informazione utile, semplificando la materia scientifica così da renderla comprensibile, divulgabile. Tentiamo di essere mediatori di argomenti ostici».
Lei è sempre in prima fila, pronta a battersi per il sociale. Da dove nasce questo interesse?
«Sono sempre stata attratta dalle fragilità umane e sempre ho cercato di ricondurle ad un interesse sociale. Può essere l’alimentazione, l’inquinamento, la medicina: qualsiasi cosa che rimandi a quell’unico comparto che è la Salute».
Ha mai pensato di dedicarsi anche a un altro tipo di televisione?
«No. Mi piace una televisione che possa fare educazione. Noi abbiamo un potere immenso nel poter parlare a un pubblico tanto vasto. È essenziale, per me, unire all’audience le tematiche che reputo importanti».
Tempo fa ha scritto un libro sulla ludopatia, Quando il gioco si fa duro (Rizzoli, p. 256, €17). Ne verranno altri?
«Attualmente, mi è stato proposto un libro nuovo, diverso. Il progetto è ancora in fieri, ma sono contenta. Non sono una scrittrice, ma scrivere mi permette di approfondire alcuni argomenti in modo più ampio».
Perché, a suo tempo, ha scelto la ludopatia?
«Mi sta particolarmente a cuore parlare del gioco, che non è frutto di un’indole viziosa ma di una patologia reale. Ho conosciuto tante persone malate e ho tanti famigliari vicini a gente che si è distrutta, trascinando con sé mogli, figli, parenti».
Lo scorso anno è stato l’anno di Open Space. Rifarà la trasmissione?
«Io spero di sì. Open Space è un progetto nato per volere di Mediaset: ci ha chiesto tre puntate e quelle abbiamo fatto. I riscontri, però, sono stati positivi, sia dentro che fuori l’azienda».
Com’è stato il passaggio alla conduzione?
«Mi ha divertito moltissimo. Sono una persona facile alla noia e, in quanto tale, alla costante ricerca di nuovi stimoli. Mi piace sperimentare, mi piace la diretta e quell’aria di famiglia che si respira in studio».
Come concilia il lavoro di inviato con le esigenze del presentatore?
«Lavoro tantissimo. Così tanto che il lavoro è diventato anche il mio hobby. Eppure, ci sono persone che hanno agende più fitte delle mie. Io sfrutto molto i periodi natalizi ed estivi per realizzare le inchieste più complesse. Scrivo di notte, se necessario».
Cos’ha preparato per questa nuova edizione delle Iene?
«Servizi nelle mie corde. Volendo circoscriverli a settori monotematici, direi che ho puntato sull’ inquinamento, sull’alimentazione. Sono tornata sulla questione della sanità».
Come ha preso l’addio al programma di Enrico Lucci, passato in Rai come già Mauro Casciari?
«Vorrei dire che se Lucci è felice lo sono anch’io, ma, con un pizzico di egoismo umano, dico che mi dispiace tantissimo. Con Lucci, ci sono cresciuta. A tredici o quattordici anni, io guardavo Le Iene e i suoi servizi. Per me, era un’ispirazione continua ed era un orgoglio fare parte della squadra Iene anche perché c’era lui. La forza del programma, però, sta nel rinnovo continuo».
E di rinnovo tratta anche la forma dello show, dallo scorso anno declinato su due prime serate.
«Il riscontro dell’esperimento è stato ottimo. Davide Parenti è felice, il bilancio positivo. Certo, è più impegnativo avere due puntate che devono essere ricche di inchieste. Ma Le Iene presentano Le Iene è un buon format».

Vanity Fair

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