Parla per la prima volta del suo ruolo di direttore artistico. “Le polemiche? Rumore per nulla, abbiamo solo spostato, messo a punto”
La proposta è arrivata dopo Sanremo, dove il direttore generale della Rai Antonio Campo Dall’Orto l’ha visto al lavoro e ha detto: «Ho capito che Carlo Conti sa fare squadra». Lui ci ha pensato un po’ su e ha accettato di fare il direttore artistico di Radio Rai a giugno. Poi, in agosto, ha cominciato farlo, e sono partite le polemiche. A cui ha reagito da Carlo Conti: smorzandole, e invitando ad ascoltare prima di giudicare. Solo ora accetta di discuterne in un’intervista.
La stagione è partita, adesso possiamo dirlo: non è stata una rivoluzione.
«Tanto rumore per nulla, l’ho sempre detto. Abbiamo fatto cambiamenti di orario, messo a punto Radio 2 e soprattutto Isoradio, che aveva bisogno di una linea musicale, con più pop italiano contemporaneo».
Le polemiche riguardavano soprattutto Radio 2.
«Un paradosso, perché i cambiamenti sono stati minimi e diversi da quelli paventati: SeiUnoZero ora va in onda alle 13.45, nell’orario che fu di Alto Gradimento e Fiorello; Il ruggito del coniglio alle 7.45, altra collocazione storica. I provinciali, con Pif, si sposta alle 18, in un giro pagina, il Radio 2 Social Club di Luca Barbarossa alle 14.35, quando è più semplice avere ospiti, le storie di Pascal sono alle 22.30, quando c’è un ascolto più attento. Caterpillar va nel “drive time”, dopo le 18.30, quando la gente torna a casa dal lavoro. Le novità sono poche, Radio 2 come voi, infotainment alle 10 con Camila Raznovich e Antonello Piroso in onda da Milano e Roma, Italia nel pallone nel weekend per parlare di calcio e del Paese. E su Radio 1, che non aveva un programma di satira, è stato spostato con successo Un giorno da pecora. Non è certo una rivoluzione».
Cosa fa un direttore artistico?
«Non vado tutti i giorni in ufficio, lavoro di testa, di pensiero. Non ho un compito editoriale ma artistico, che svolgo a stretto contatto con i direttori di rete».
Perché ci ha pensato un po’ prima di accettare?
«Non certo per mancanza di passione. È come se la fidanzatina del liceo ti invitasse a cena, molti anni dopo. Come fai a dire di no? Ti accerti solo che tua moglie lo sappia, e che non sia un problema. Il mio rapporto con la Rai non cambia, neanche nel compenso: certo, farò qualcosa in meno in tv».
È il primo amore che torna.
«La radio è fantastica: hai un rapporto diretto con chi ti ascolta e la mattina dopo il tuo destino non dipende dai dati dell’Auditel. I frutti del tuo lavoro si valutano in due, tre anni».
Come imposterà allora il lavoro dei prossimi due, tre anni?
«Certo non facendo una radio che piace a me: la ascolteremmo in sette. Bisogna tenere la barra dritta e innovare, sviluppare le reti web, per esempio. E abbassare, in certi orari, l’età del pubblico fino ai 30-40enni».
Oggi si inizia ad ascoltare la radio con la patente…
«È vero, nel senso che l’ascolto in auto vale il 70-80% del totale e che i ragazzi ascoltano musica in modo nuovo. È un momento difficile e anche esaltante, che a me ricorda quello delle radio libere, quando ero io ad avere 18 anni. Magari i giovani in casa non accendono la radio, ma quanti nomi arrivano dal web? Rovazzi, Benji & Fede, Levante e quasi tutto l’hip-hop e il rap».
La sfida è conquistare i giovani?
«No, è migliorare i programmi, creare sinergie con la tv e dare un segnale forte dell’importanza del mezzo. Ne parlavo con Claudio Cecchetto, che ha fatto questo lavoro per sei mesi a fine Anni 90 e quando si parlava tanto di Radio 2 mi ha detto: “Vediamo se resisti più di me”. È una macchina complessa, con tanti ruoli, tante personalità ma anche tante possibilità».
E questo ne spiega la vitalità.
«Ripenso al mio debutto, con un trasmettitore che avevano assemblato gli amici che studiavano all’istituto tecnico. Sarà stato il ’75, ’76, la nostra radio pirata copriva un paio di condomini. O quando citofonai a Radio Firenze 2000: “Avete bisogno di un dj?”. Mi presero, naturalmente non c’era una lira, il mio programma aveva come sigla di chiusura I’m Not in Love dei 10 CC, che 30 anni dopo sono stati miei ospiti in tv. Emozioni belle della vita».
Ma sulla radio di Carlo Conti che cosa si suona?
«Di tutto, ma nel cuore ho Genesis, King Crimson, Emerson Lake & Palmer. Penso di aver ascoltato i Pink Floyd di The Dark Side of the Moon o Wish You Were Here in ogni settimana della mia vita».
Piero Negri, La Stampa