L’attore con il progetto OVS Arts of Italy porta al Lido di Venezia da regista la bellezza degli angoli d’Italia. E dei ricordi che restituiscono. Lui per esempio, con la piccola Maria…
«I luoghi ci parlano. Soprattutto quelli in cui ci è successo qualcosa. Non importa se di piccolo o grande, ma che ci è rimasto dentro». Giorgio Pasotti sulla terrazza dell’Excelsior ha appena finito di presentare l’anteprima di un film. Dieci minuti, l’insieme montato dei video che hanno partecipato al contest OVS Arts of Italy, in collaborazione con Fondazione Ente dello Spettacolo. Ragazzi e ragazze hanno inviato «la storia filmata del proprio posto diverso dagli altri», e dei giurati (Davide Rampello, Achille Bonito Oliva, Mimmo Calopresti, Gaetano Pesce, Gianfranco Pannone) hanno premiato le migliori. «Ne viene fuori un ritratto ironico, a volte commovente, ricco di sentimenti. È una dichiarazione d’amore nei confronti della nostra arte, cultura, moda».
Gli chiediamo dei fermo immagine. «Bergamo», ci dice, «la città in cui sono nato. Quando bambino con il freddo arrivava la neve, e sentivo allora il cambio radicale di atmosfera. Le volte che ci torno vorrei ritoccarla come facevo allora. Poi Porto Venere. La prima volta che l’ho vista. Il segno in me che ha avuto New York, l’appartenenza che sento in Cina, da quando ci ho trascorso del tempo, post-liceo. Non è pazzesco, come la memoria ti leghi a delle città o a dei paesi, e da allora questi acquistano un’anima, una sacralità, un cuore, un odore?».
Pazzesco, sì. «Ma da quando è nata Maria (avuta 6 anni fa dall’ex Nicoletta Romanoff, ndr) io sono dov’è lei, e l’unico sapore che riconosco è il suo insieme a quello del nostro presente. Riesco a mettere radici in maniera simultanea, che cosa c’è intorno è irrilevante. A volte la porto a Bergamo, ed è come riviverla una seconda volta attraverso stavolta i suoi, di occhi bambini».
Mario Manca, Vanity Fair