Fatturato 2015 a 164 mln (+7%) per i prodotti audiovisivi venduti all’estero. Ok fiction e documentari. Tra i grandi acquirenti ci sono Netflix e AmazonTv
Giuseppe Corsentino, ItaliaOggi
Tutti soddisfatti ieri, 8 settembre, nel grande palazzo dei congressi di Biarritz, forse la più chic delle stazioni balneari francesi (fa da sfondo a molti celebri romanzi di Irène Némirovsky, che qui trascorreva le sue estati di nobile russa émigrée dopo la Rivoluzione), scelta dal nuovo direttore (Michel Hervé) di TV France International, l’agenzia di promozione dell’industria cinematografica e televisiva nazionale per presentare al mercato le produzioni dell’anno prossimo e, soprattutto, fare il punto sulle vendite di film, cartoni animati, serie e format vari, rigorosamente made in France.
Tutti soddisfatti, a cominciare da Hervé appena arrivato alla guida di una struttura che potremmo definire l’Ice della tv e del cinema, dopo una vita trascorsa a France Télévisions, la Rai francese, per il «record historique», il boom delle vendite dei prodotti francesi in mezzo mondo.
Al primo posto i cartoni animati con un fatturato export di 50 milioni di euro (+12,4% rispetto all’export del 2014) e serie fortunate (e amatissime dai bambini come Garfield, il gatto pestifero mangiatore di lasagne, prodotto da France3, Le Chronique de Zorro, prodotto da France 4, e Oggy e i maledetti scarafaggi, acquistato anche dalla Rai).
A seguire le fiction che arrivano a 41 milioni di euro (+6% sull’anno prima) grazie a realizzazioni particolarmente fortunate come Versailles, la storia di Luigi XIV, il re Sole, prodotta da Canal+ e diventata famosa per le sue scene di sesso spinto, quasi porno-soft, che arricchiscono, diciamo così, ogni puntata. Oppure Bureau des Légendes, le avventure di agenti segreti francesi infiltrati nelle organizzazioni terroristiche del Medio Oriente; o, ancora, Candice Renoir, una bella poliziotta, molto «curvy», come si dice oggi, che non si fa mai sfuggire l’assassino.
Dopo i cartoni e le fiction, 37 milioni di euro (+6,3% sul 2014) arrivano dalla vendita di documentari, quasi sempre prodotti di grande qualità come Après Hitler prodotto da France2 o Comment Jacques Jaujard sauvé le Louvre, l’uomo che salvò il Louvre dalle bombe e dalle razzie naziste durante la seconda guerra mondiale, andato in onda anche su RaiStoria.
Giochi e format vari d’intrattenimento fatturano 23 milioni di euro (lo stesso livello del 2014) e 8 milioni (ma con una crescita record dell’11%, poco meno dei cartoni animati) dai programmi d’informazione, i grandi reportage giornalistici mentre gli spettacoli musicali arretrano del 12% e portano appena 4 milioni ai loro produttori.
In totale questa industrie audiovisuelle fattura 164 milioni di euro, il 7% in più rispetto al 2014 (fermo a 154 milioni), un record storico secondo Mathieu Béjot, direttore generale di France Tv International, che preferisce parlare di un settore che «progresse en qualité et quantité», cresce in qualità e quantità, grazie al contributo di programmi, dalle fiction ai cartoni animati come s’è visto, sempre più «divertissants et enrichissants», divertenti e interessanti.
Glissa, invece, Béjot sul crollo delle «prevendite» (solo 37 miloni di euro con un allarmante -35%) e delle coproduzioni, scese a 54 milioni di euro (con una limatura del 4%). Segno che la produzione segna il passo, che i suoi prodotti reggono sempre meno la concorrenza internazionale, soprattutto inglese e americana.
Crisi di creatività o rarefazione delle risorse economiche in tempi di crisi anche per la tv e il cinema? Forse entrambe le cause, visto che la Gran Bretagna e gli Stati Uniti – stando alle tabelle fornite da EurodataTv Worldwide, un osservatorio indipendente – producono in media mille programmi all’anno, dieci volte di più della Francia.
Sta cambiando anche il mercato di chi acquista il made in France cine-televisivo.
Entrando nel dettaglio, ai primi posti la Svizzera e la Spagna che crescono del 70% e, a seguire, l’Africa francofona (+14%) e il Medio Oriente (+6,5%), mentre America del Nord (Usa e Canada) e America Latina scendono rispettivamente del 15 e dell’11%. In crisi anche il mercato dell’Est Europa che forse ha fatto indigestione di programmi (nel 2014 il record degli acquisti) e ora scende del 9%.
Ma c’è un altro dato, presentato ieri a Biarritz, che fa riflettere gli operatori e che spiega come stia cambiando il mercato televisivo: tra i big spender, tra i grandi acquirenti ci sono sempre di più i canali video on demand (svod). Netflix, per dire, ha lanciato la serie Marseille con Gerard Depardieu e AmazonTv ha fatto il pieno di programmi francesi. Insomma, solo loro i nuovi attori del mercato dei «droits Monde» che alimentano il cinema e la tv francesi.