Aveva 83 anni. Attore-feticcio di Mel Brooks, ha interpretato alcune delle commedie più celebri della storia del grande schermo
E’ morto a 83 anni l’attore americano Gene Wilder. Affetto dal morbo di Alzheimer, da tempo le sue condizioni si erano aggravate. Sceneggiatore, regista e scrittore, aveva raggiunto la grande popolarità grazie alla collaborazione con Mel Brooks, del quale era diventato l’attore-feticcio. I suoi ruoli più celebri, quello di Willy Wonka (in Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato) e quello del dottor Frankenstein in Frankenstein Jr, in cui pronuncia alcune battute entrate nella storia del cinema.
Il palco e la spada. Jerome Silberman, questo il suo vero nome, era nato a Milwaukee l’11 giugno del 1933 da una famiglia di ebrei russi immigrati. Dopo aver completato gli studi in America si era trasferito in Inghilterra e lì aveva frequentato la Bristol Old Vic Theatre School. Una curiosità: durante il soggiorno inglese aveva anche frequentato una scuola di scherma, disciplina che gli sarà utile al ritorno in patria dove, per mantenersi, terrà proprio lezioni di scherma. Negli Stati Uniti cerca il suo spazio nei piccoli teatri di periferia, spettacoli poco redditizi in termini economici e di popolarità che tuttavia gli servono per farsi le ossa e imparare il mestiere. Una prima svolta, quando riesce ad accedere all’Actor’s Studio. Il suo debutto sul grande schermo è poco più che una comparsata, in Gangster Story di Arthur Penn. E’ il 1967.
Benedette quelle vecchiette. Quattro anni prima, Wilder era stato scritturato per lo spettacolo teatrale Madre coraggio e i suoi figli. Nel cast con lui c’era l’attrice Anne Bancroft, all’epoca fidanzata con Mel Brooks che sarebbe diventato suo marito un anno dopo, nel 1964. E’ lei che li fa incontrare. Brooks stava lavorando alla sceneggiatura di Primavera per Hitler (sarà poi il titolo dello spettacolo che, nella finzione, si vuol portare in scena in Per favore non toccate le vecchiette). Il regista intravede le potenzialità di quel giovane dallo sguardo brillante e gli dice che il ruolo del coprotagonista Leo Bloom sarà suo. Quando, non si sa. Non si sa neanche la destinazione del progetto, se il cinema o il teatro o la tv, ma il ruolo sarà suo. E sparisce. Si rifà vivo dopo tre anni. L’audizione di Wilder lo convince, ed eccolo in Per favore non toccate le vecchiette, 1968, opera prima del regista e sceneggiatore Brooks e vetrina per le qualità di Wilder che guadagna una nomination all’Oscar come migliore attore non protagonista – il film conquisterà la statuetta per la migliore sceneggiatura originale. Valeva la pena aspettare tre anni. Per favore non toccate le vecchiette segna l’inizo di una collaborazione di genio e creatività fra Wilder e Brooks, che raggiungerà l’apice dopo una decina d’anni e produrrà alcuni titoli entrati nell’immaginario popolare.
Willy Wonka e la fabbrica della carriera. Intanto, per Gene Wilder si sono aperte le strade di Hollywood. Il successo di Per favore non toccate le vecchiette lo proietta fra le stelle nascenti ma la carriera subisce una frenata a causa di alcuni flop commerciali, come Fate la rivoluzione senza di noi di Bud Yorkin (1970), commedia con Donald Sutherland ambientata all’epoca della Rivoluzione francese, o Che fortuna avere una cugina nel Bronx di Waris Hussein (1970). E’ un flop anche quello che diventerà uno dei ruoli più importanti per la carriera dell’attore: Willy Wonka e la fabbrica di cioccolato, 1971, regia di Mel Stuart. Tratto dal celebre romanzo di Roald Dahl (che disconobbe il film, accusando gli sceneggiatori di aver stravolto completamente la storia), non andò bene al botteghino né ricevette giudizi entusiasti della critica. Tuttavia, con il passare degli anni (e delle riproposizioni televisive) il film ha conquistato un ruolo sempre più importante nelle preferenze del pubblico fino a essere considerato da alcuni un vero e proprio cult.
Woody, il sesso e la pecora. Flop dopo flop, Gene Wilder deve aspettare l’anno successivo, il 1972, per ritrovare il successo. Che arriva grazie a Woody Allen: il regista lo vuole in Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso (ma non avete mai osato chiedere) con cui gioca a sdrammatizzare le psicosi sessuali dell’americano medio. A Wilder affida l’episodio da più parti ritenuto il più divertente, Che cos’è la sodomia?, in cui l’attore interpreta un uomo innamorato perdutamente di una pecora armena (che però non lo ricambia).
“Si-può-fare”. “L’idea è buona, ma al momento non mi interessa”. Gene Wilder raccontava spesso quella che fu la reazione di Mel Brooks quando gli sottopose un canovaccio di Young Frankenstein. Dopo il successo del film di Allen, l’attore s’era messo a lavorare a un progetto ispirato al racconto di Mary Shelley e ai film degli anni Trenta, in particolare a quelli di un maestro del genere, James Whale (Frankenstein, La moglie di Frankenstein). Continuò nel proposito nonostante lo scarso entusiasmo di Brooks. Passarono pochi mesi, e l’agente Mike Medavoy, che in futuro sarebbe diventato anche il suo agente, gli chiese se avesse pronto qualcosa per far lavorare due attori che aveva appena preso in carico, Peter Byle e Marty Feldman. Wilder conosceva Feldman che aveva apprezzato in alcuni sketch televisivi: nessuno sarebbe stato più adatto per interpretare il ruolo di Igor. Medavoy cerca di coinvolgere di nuovo Brooks che, alla fine, accetta di dirigere il film e di mettere le mani alla sceneggiatura insieme a Gene. Mentre quello che in Italia si intitolerà Frankestein Jr. è in fase di preparazione, Brooks sta girando Mezzogiorno e mezzo di fuoco ma c’è un problema: l’attore Gig Young, malato, lascia il ruolo da protagonista. Brooks chiama in corsa Wilder, che indossa i panni del pistolero alcolista Jim “Waco Kid”. I due film, Frankestein Jr. e Mezzogiorno e mezzo di fuoco escono entrambi nel 1974, a distanza di pochi mesi l’uno dall’altro, e sono un boom al botteghino. Il primo fa conquistare a Winder e Brooks una nomination all’Oscar per la migliore sceneggiatura non originale, al secondo vanno tre nomination (attrice non protagonista, montaggio, canzone). Nel 2000, Frankenstein Jr. è stato piazzato dall’American Film Institute al 13esimo posto nella classifica delle 100 migliori commedie americane di tutti i tempi. Nel 2003 è stato inserito nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso degli Stati Uniti. “Lupo ululà, castello ululì”, “Si può fare”, “Rimetta a posto la candela”, “Frau Blücher” sono tormentoni da quarant’anni.
Cambio di coppia. Wilder ritrova Marty Feldman di lì a breve, in Il fratello più furbo di Sherlock Holmes (1975), del quale firma anche la regia e la sceneggiatura. Ma la coppia che nasce l’anno dopo è un’altra, quella formata da Wilder e Richard Pryor, in Wagons-lits con omicidi. La sua seconda regia arriva nel ’77, Il più grande amatore del mondo, con un occhio a Lo sceicco bianco di Fellini, ma il riferimento al maestro italiano non basta (o forse è troppo) e il film è un flop di pubblico e critica. Torna alla Frontiera nel ’79 quando Robert Aldrich lo chiama per Scusi, dov’è il West? in cui compare un emergente Harrison Ford.
Gli ultimi fuochi. Gli anni Ottanta sono quelli che consolidano la sua popolarità. Nel 1980 esce Nessuno ci può fermare, che rimette insieme la coppia Wilder-Pryor, grande successo internazionale diretto da Sidney Poitier. Fra l’attore-regista e Wilder nasce un’amicizia, uno dei frutti è la sceneggiatura di Hanky Panky – Fuga per due. Sul set dl film Wilder conosce Gilda Radner che poco dopo diventerà la sua compagna nella vita. Torna alla regia – è la terza volta – nell’84 con La signora in rosso, brutte critiche ma bella accoglienza da parte del pubblico e la “nascita” di Kelly LeBrock. Un insuccesso invece la sua quarta e ultima regia datata 1986, Luna di miele stregata. L’ultimo successo commerciale di Wilder è del 1989, di nuovo in coppia con Richard Pryor, Non guardarmi: non ti sento. Seguirà la commedia romantica Bebé mania e poi l’ultim film in coppia con Pryor, Non dirmelo… non ci credo. E’ il 1991. La coppia fa flop, Pryor è affetto da sclerosi multipla e il film ne risente. Per Wilder sarà l’ultimo lavoro al cinema, si presterà alla tv nella sit-com Quel pasticcione di papà, critiche tiepide, in onda una sola stagione. A metà anni Novanta lo ritroveremo in teatro, a Londra, e poi di nuovo in tv, con un adattamento della Nbc di Alice nel paese delle meraviglie (una produzione pluripremiata) e in due tv movie da lui sceneggiati, due polizieschi, The lady in question e Murder in a small town (mai usciti in Italia), infine sarà guest star in Will & Grace, con un ruolo, quello di mister Stein, che gli fa guadagnare un Emmy Award.
Dallo schermo allo scaffale. E’ il suo ultimo lavoro prima del ritiro definitivo a vita privata. Wilder si dedica alla scrittura, nel 2005 esce Kiss my like a stranger, in Italia Baciami come uno sconosciuto (Sagoma Editore), storia della sua vita dalla giovinezza fino alla morte della compagna, Gilda Radner, avvenuta nel 1989 dopo una lunga battaglia contro un cancro, circostanza che ha reso Wilder, da quel momento, un testimonial attivo nelle campagne per la lotta contro i tumori. Lo stesso attore aveva dovuto combattere contro un tumore linfatico che gli era stato diagnosticato nel 1999 e dal quale era stato dichiarato guarito nel 2005, dopo una lunga terapia e l’impianto di cellule staminali. Nel 2007 dà alle stampeè la volta di My french whore, romanzo ambientato durante la Prima guerra mondiale, nel 2008 pubblica The woman who wouldn’t, nel 2010 la racconta di racconti What is this thing called love?.
Alessandra Vitalia, La Repubblica