Dopo ‘The Walking Dead’, l’uomo che ha portato l’horror al pubblico di massa ha scritto un altro fumetto. Che adesso diventa a sua volta una serie tv. E, dopo gli zombie, ha scelto un altro protagonista molto speciale: il demonio. “Sconvolgerò le aspettative del pubblico sul tema esorcismo con qualcosa mai visto prima”, promette
“Degli angeli ciascuno è tremendo”, scriveva Rainer Maria Rilke nelle Elegie Duinesi. Figuriamoci i diavoli. Non risparmia nulla a riguardo la nuova serie di Robert Kirkman, Outcast, tratta – come già Walking Dead – da un suo fumetto di grande qualità (entrambi vengono pubblicati in Italia da saldaPress) e di grandissimo successo (negli Usa il primo numero di Outcast ha venduto più di centomila copie). Esempi unici di fumetti che in tempi brevissimi riescono ad arrivare sullo schermo e da lì diventare, come è il caso di Walking Dead, la serie più vista nella fascia d’età 18-49, con una media di 11 milioni di telespettatori a puntata. Viste le premesse Outcast potrebbe persino superarla. Di certo, nella prima puntata in onda stasera, lunedì 6 giugno, su Fox (canale 112 di Sky) in contemporanea con 129 paesi, non manca niente: voci inquietanti, crepitii, levitazioni, testate contro il muro, vomito verde e un bambino (posseduto) che viene preso a pugni (ma li restituisce anche, e con grande efficacia). Robert Kirkman, da Los Angeles, ci ha raccontato in esclusiva gli orrori che ci attendono.
Qual è il film dell’orrore più spaventoso che le sia mai capitato di vedere?
“Beh, forse è una cosa un po’ strana ma direi che è stato La casa. So che probabilmente non è il miglior film della storia e che se lo guardassi adesso probabilmente mi farebbe ridere ma quando lo vidi avevo solo dieci anni. I miei genitori avevano affittato la videocassetta, una vhs, ed erano convinti che io fossi a dormire, invece attirato dagli strani rumori e dalle urla mi ero alzato e stavo dietro di loro, che erano seduti sul divano, e non si accorsero di niente. Non ho potuto dormire per settimane: ero letteralmente terrorizzato. Questo è il motivo per cui ho incominciato a far vedere film dell’orrore ai miei figli fin da piccoli: così non saranno traumatizzati da grandi”.
Gli fa vedere anche Walking Dead?
“No, gli faccio vedere ovviamente film che non sono davvero spaventosi, film adatti alla loro età ma che li possono abituare gradualmente e gli facciano capire la finzione, così che non gli capiti di restare scioccati come è successo a me”.
Glielo chiedo perché per molti, tra cui io, il film più spaventoso è stato L’esorcista. Adesso lei è in procinto di farci vedere proprio una nuova serie tv, Outcast, dedicata alla possessione demoniaca, un tema presente anche ne La casa. Anzi, pensandoci La casa era la somma dei due temi a lei cari: un antico demone come in Outcast che fa risvegliare i morti, come in Walking Dead…
“Volevo assolutamente scrivere una storia sull’esorcismo e sulla possessione perché mi sembrava che fosse ricca di tematiche mai affrontate. Naturalmente L’esorcista era il paragone inevitabile in una simile circostanza rispetto a quello che la gente si aspetta nelle storie di esorcismo e così la mia idea era quella di sconvolgere queste aspettative con qualcosa che non si era mai visto prima”.
Nella prima puntata, però, sembrerebbe essere presente tutto il campionario e anche molto peggio: l’orrore che irrompe all’improssivo attraverso la più innocente delle creature – un bambino appunto – grugniti, levitazione, forza sovrumana, voci strane e persino il vomito verde…
“La prima puntata è un omaggio a L’esorcista perché, come ho detto, è imprescindibile. Ma prometto che niente sarà come può sembrare al primo sguardo e questo si può capire già nella prima puntata, da molti particolari…”.
Come già sa chi ha iniziato a leggere il fumetto, che in Italia è arrivato all’ottava puntata…
“Sì e no: perché proprio come per Walking Dead, il fumetto e serie tv avranno sicuramente molto in comune ma anche molte differenze. Questo perché si tratta di due media profondamente differenti, ognuno dei quali permette di approfondire svariati aspetti: certe cose impossibili per la tv funzionano benissimo nel fumetto e viceversa…”.
Lei ha creato un tipo di fruizione nuova nel mondo dell’horror, inserendo dialoghi di qualità e approfondendo molto l’analisi della natura umana. Si potrebbe dire che la sua rivoluzione è stata quella di portare nell’evento straordinario (gli zombi, i demoni…) l’ordinario, la vita quotidiana e le difficoltà che la costellano.
“Tutti noi lottiamo, tutti noi abbiamo a che fare con difficoltà a vari livelli. Ci sono persone che hanno vite più facili e altre più difficili: i protagonisti delle storie che racconto hanno a che fare con i nostri stessi problemi e credo sia proprio questo ciò che rende credibili storie incredibili ma più interessanti, proprio a causa dell’elemento soprannaturale che mette la quotidianità in una luce nuova. Ma questa quotidianità cerca di persistere anche tra i peggiori orrori e io credo che sia proprio questo che definisca la nostra ‘umanità'”.
Alla fine, dunque, lei è un ottimista o un pessimista?
“Non saprei… Credo un po’ di entrambi. Sono un ottimista nella vita familiare e un pessimista per quanto riguarda l’economia. Credo comunque che possa essere sempre sorprendente quello di cui siamo capaci e credo di essere capace di raccontare questo aspetto mescolandolo all’indagine sui lati più oscuri della natura umana”.
Ma lei crede nel demonio?
“Io sono aperto a ogni possibilità, lascio le porte aperte… Penso ci siano dei fenomeni reali là fuori con cui la gente ha a che fare che non sono del tutto spiegabili e che quindi sono interessanti per i miei fini. Non è tanto importante quello che io credo, quanto quello che crede la gente. La cosa interessante di Outcast è la sua capacità di includere i molti diversi modi che ha la gente di credere. Quasi tutti i tipi di sistemi religiosi vengono rappresentati in Outcast in maniera estremamente rispettosa e senza affermare che uno sia vero e l’altro falso, ed è interessante vedere il punto di vista, a riguardo, dei vari personaggi”.
La storia si svolge in una città che si chiama Rome: lei ovviamente sa che proprio a Roma è concentrata la maggior quantità di esorcisti al mondo?
“Certo. Ma proprio per questo la storia di Outcast fa riferimento solo in parte all’idea cattolica di possessione: abbiamo cercato di dare un sapore differente alla nostra storia”.
Tornando a Walking Dead, George Romero considerava gli zombi una metafora del proletariato che si rivoltava contro l’idea capitalistica di consumismo. Anche le sue opere si possono leggere come una metafora politica?
“A me interessa raccontare storie che tengano la gente inchiodata allo schermo. Questo non significa che non ci siano aspetti leggibili in maniera politica ma io non intendo fare nessuno statement politico: la gente è libera di leggerle come vuole. È ovvio che siano presenti alcuni miei punti di vista nelle storie ma non voglio essere predicatorio in alcun modo. Credo che l’umanità sia migliore se ha la possibilità di scegliere tra prospettive diverse e non voglio portare la gente dalla mia parte attraverso il mio lavoro. Però direi che è possibile leggere tra le storie a differenti livelli, questo sì”.
Negli Stati Uniti c’è stata polemica sull’inizio della quinta stagione di Walking Dead perché ricordava le decapitazione dei terroristi dell’Is. Ha ricevuto altri attacchi per la violenza di certe storie?
“No, direi che sono stato molto fortunato. A parte qualche minaccia di morte lanciata su Twitter tipo ‘Ti ammazzerò’, fatte probabilmente da qualche quattordicenne, niente di davvero serio. La gente sembra apprezzarla”.
Che cos’è un “Outcast”, un “Reietto”, nella traduzione italiana per lei?
“È una condizione che può accadere a chiunque purtroppo: ha a che fare con una serie di concatenazioni spiacevoli che possono capitare a tutti nella vita, volontarie o involontarie, che portano una persona ad allontanarsi dalla comunità per vivere, appunto, da reietto, che è quello che capita al protagonista di Outcast, accusato di aver picchiato la moglie anche se a poco a poco si scoprirà che non è esattamente così… Credo che alla fine sia una storia ottimistica che dice che non è questo il modo in cui dovrebbe essere. Certo, nella vita reale non sei circondato da presenze demoniache ma penso comunque che possa dare ispirazione e forza per reagire a situazioni di disagio più o meno gravi che – più o meno tutti – abbiamo provato almeno una volta”.
A lei non piacciono gli eroi tutto d’un pezzo…
“Le persone reali non sono tutte d’un pezzo: hanno delle cadute ma possono rialzarsi. È come se il protagonista, Kyle Barnes, iniziasse un lungo viaggio con lo scopo di combattere i demoni: ci riuscirà o no? L’importante è il viaggio e le cose che lo rendono interessante sono gli errori nel tentativo di raggiungere lo scopo”.
Sia Walking Dead che Outcast mi pare che, dietro a tutto, nascondano una lotta per sopravvivere. In questo particolare e difficile momento economico lei pensa che in America sia difficile sopravvivere?
“Per un sacco di persone lo è e credo che in effetti questo sia il motivo per cui Walking Dead e Outcast (il fumetto è in cima alle classifiche di vendita, ndr) siano così popolari. C’è una vera lotta in atto per la maggior parte delle persone oggi, per pagare l’affitto ma anche per riuscire a socializzare, per avere amici e cose così. Io sono fortunato: per me sta andando molto bene e sto avendo una vita confortevole ma lo so perché non è sempre stato come ora”.
Quando lei ha iniziato a fare fumetti l’ha tenuto nascosto alla sua famiglia…
“Sì, mi sono licenziato dal lavoro che avevo e non l’ho detto fino a che non sono riuscito a guadagnare abbastanza per vivere. Non volevo che i miei genitori si preoccupassero e quindi sì, ho mentito ma con le migliori intenzioni”.
Ma sua moglie e la sua famiglia cosa dicono del suo incredibile successo?
“Sono felici naturalmente. Ma mia moglie non legge fumetti e non guarda serie tv (ride, ndr)…”.
Prima zombie, poi demoni, che cosa dobbiamo aspettarci dopo Outcast: vampiri?
“Non lo so. In realtà non credo di voler ancora occuparmi dell’orrore soprannaturale: non voglio essere ‘l’uomo degli zombi’. Penso che il mio prossimo progetto sarà qualcosa di completamente differente da tutto quello che ho fatto fino a questo momento, o almeno è quello che mi prefiggo come scopo al momento. Poi chissà…”.
Repubblica