MUCCINO: CAPITAN AMERICA & CO. DIVENTANO L’AMNESIA DEL CINEMA

MUCCINO: CAPITAN AMERICA & CO. DIVENTANO L’AMNESIA DEL CINEMA

gabriele muccinoIl regista italiano Gabriele Muccino vive e lavora a Los Angeles ormai da oltre dieci anni. Ma, nonostante questo, rimane sempre piuttosto scettico verso alcune logiche che sembrano governare lo show biz americano. Per esempio, l’invasione di super eroi che ormai assorbe moltissime risorse, con una letterale esplosione soprattutto da fine 2009, ovvero da quando Walt Disney company si è comprata Marvel (Capitan America, L’Uomo Ragno, Hulk, Thor, X-Men, Avengers e chi più ne ha più ne metta). «Captain America, e con esso tutto il franchising che sta divorandosi Hollywood, diventa amnesia del cinema e di cosa esso possa e debba rappresentare», dice Muccino con un post sul suo profilo Facebook. «Ieri (domenica, ndr) sono andato a vedere Captain America Civil war. E devo dirlo, non sono riuscito a vederlo tutto. Mi ha talmento depresso l’idea di disattivare la mia mente pur di diventare un demente fruitore di un simile B movie che alla fine mi sono liberato da quella tortura che attanagliava la mia vista e sono uscito dal cinema pur di rivedere le stelle e sentire di nuovo me stesso e potermi illudere che il cinema non sia davvero diventato tanto di scarto». Il fatto è che per altri generi di cinema non rimane più molto spazio nelle sale: «Il cinema drammatico è stato completamente scippato al cinema da Netflix e questo si sa. Quello di qualità», prosegue Muccino, «viene confinato e ammassato nei tre mesi antecedenti alla stagione degli Academy che va da settembre a dicembre, durante la quale escono circa 40 film di cui almeno l’80% rimane lontano dalla possibilità di essere conosciuto dal pubblico». E, in tutto ciò, la logica dei multiplex non aiuta: «Se non c’è un Art House vicina, e per vicina intendo entro i 30 chilometri, se parliamo di Los Angeles, non c’è modo di andare al cinema senza finire quasi inesorabilmente intrappolati in un bel multiplex incolore e nella fruizione passiva di un film che va ben oltre l’accettabilità della necessaria commerciabilità del prodotto. Il nuovo franchising, lanciato da quei film circa dieci anni fa, è ormai l’ammucchiata di Avengers che si prendono a botte dall’inizio alla fine senza che a te, e parlo per me, si intenda, possa fregare di meno. E allora si torna casa, si accende Amazon, Netflix e si scarrella alla ultima e urgente ricerca di qualcosa di bello da vedere. E quando lo si trova, si tira un respiro e si guarda finalmente un film».

Italia Oggi

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