CANNES, PALMA D’ORO A ‘I, DANIEL BLAKE’: VINCE “IL ROSSO” KEN LOACH

CANNES, PALMA D’ORO A ‘I, DANIEL BLAKE’: VINCE “IL ROSSO” KEN LOACH

La giuria presieduta da George Miller assegna il massimo riconoscimento al film del regista britannico, di nuovo vincitore a dieci anni da “Il vento che accarezza l’erba”. Serata di emozioni, lacrime e standing ovation. Da ‘Un certain regard’ e dalla ‘Quinzaine’ nessun riconoscimento agli italiani

 

palma d oro loachLa Palma d’oro della sessantanovesima edizione del festival di Cannes consegnata da Mel Gibson va al quasi ottantenne Ken Loach. Il ritorno al cinema di denuncia di “Ken il rosso”, che con I, Daniel Blake racconta l’incontro tra un cinquantanovenne carpentiere senza lavoro con problemi di salute e una mamma single disoccupata, ha impresso un tono politico e sociale al Palmarès attribuito dalla giuria presieduta da George Miller. Che ha usato due parole per definire le scelte dei giurati, “rigore” e “felicità”: “E’ stata – ha detto Miller – l’esperienza più spossante è più bella della mia vita”. La giurata Valeria Golino è convinta che “nei film di questa selezione ci sia stata un’abbondanza di personaggi femminili interessanti e molti titoli che avevano donne per protagoniste. E poi – ha aggiunto nel corso dell’incontro con i cronisti al termine della cerimonia di premiazione – ho visto grandi performance da parti di attrici anche in film che non mi sono piaciuti. Quello che mi ha colpito è stato proprio il fatto che anche nei film in cui non mi sono ritrovata c’era qualcosa di bello, immagini che mi hanno colpito. E’ stata una selezione molto molto interessante che rappresenta il cinema di oggi”. I, Daniel Blake è una storia di solidarietà e di sentimento come reazione all’impasse burocratica del sistema assistenzialistico inglese. Il regista, già Palma d’oro nel 2006 con Il vento che accarezza l’erba, ha ricevuto una standing ovation e poi ha rivolto, a tutta la sua troupe e al festival ma soprattutto a tutti i lavoratori a Cannes, un invito: “Restate forti, perché il festival è importante per il futuro del cinema. Ricevere questo premio in questa situazione storica è molto importante. Non dobbiamo dimenticare le storie dei personaggi che hanno ispirato il film. Ci troviamo in un mondo pericoloso dove il neoliberismo rischia di ridurre in miseria migliaia di persone. Il cinema è portatore di tante tradizioni, e fra questa c’è la protesta del popolo contro i potenti. Non solo un altro mondo è possibile – ha concluso Loach – ma è necessario”. Nell’incontro con la stampa seguìto alla premiazione il presidente di giuria George Miller ha voluto ricordare che “c’erano ventuno film in gara, ventuno registi e tantissimi attori, quindi c’erano moltissime variabili e noi avevamo solo otto premi; ci sarebbero stati altri film che avrebbero dovuto essere premiati sicuramente. Il nostro dibattito è stato rigoroso e vigoroso. Abbiamo evitato di guardare cosa dicevano gli altri sui film – ha continuato – perché abbiamo sentito forte la nostra responsabilità di giurati, e scelto di condividere solo fra noi il processo di decisione: una sorta di patto confidenziale come quello dei dottori, per cui non parlerò dei film che non abbiamo premiato. Abbiamo fatto del nostro meglio”. Il Grand Prix de la Jury, consegnato dalla nostra Valeria Golino e da Donald Sutherland, è andato a Juste la fin du monde con cui l’enfant prodige canadese Xavier Dolan (26 anni e sei lungometraggi all’attivo) firma il suo primo film con un cast di superstar da una pièce di Jean-Luc Lagarce. La sua indagine sui rapporti familiari prosegue con la storia di uno scrittore (Gaspard Ulliel) che torna a casa dopo dodici anni per annunciare di essere in fin di vita. Troverà la madre, Nathalie Baye, il fratello maggiore, Vincent Cassel, la cognata Marion Cotillard e la sorella minore, Léa Seydoux. Il regista, visibilmente emozionato (non ha fatto che singhiozzare), in un lunghissimo discorso ha dedicato il premio alla sua famiglia “con cui mi sento molto meglio del mio protagonista con la sua. Tutto quello che si fa nella vita si fa per essere amati, almeno è quello che faccio io”. Ex aequo per il premio per la regia, andato al romeno Christian Mungiu per Bacalaureat e al francese Olivier Assayas per Personal Shopper. Bacalaureat di Cristian Mungiu, già Palma d’oro nel 2007 con 4 mesi, 3 settimane e 2 giorni (la drammatica storia di un aborto clandestino) racconta una manciata di giorni nella vita di una famiglia piccolo borghese in cui Eliza (la ventiduenne Maria Dragus che ha accompagnato il regista sul tappeto rosso), figlia unica brillante ma cresciuta sotto una campana di vetro, sta sostenendo l’esame di maturità. Una serie di incidenti porteranno il padre, un medico irreprensibile, a venire a patti con la propria coscienza e chiedere favori a poliziotti, dirigenti scolastici e amministrativi purché la figlia riesca a ottenere la borsa di studio per Cambridge e lasciare la Romania. Assayas invece con Personal Shopper ha firmato una storia di fantasmi nel mondo della moda, un film cucito addosso a Kristen Stewart già protagonista lo scorso anno di Sils Maria, con cui Assayas ha partecipato al concorso. All’attrice filippina Jaclyn Jose, emozionatissima e in lacrime, è andato il premio per la migliore interpretazione femminile. L’attrice è la protagonista di Ma’ Rosa del regista filippino Brillante Mendoza, ritratto di una madre di quattro figli in un quartiere povero di Manila dove la donna, per sopravvivere, ha messo in piedi un traffico di stupefacenti nella propria drogheria. Il Premio della giuria è stato assegnato alla regista inglese Andrea Arnold e al suo American Honey, un on the road americano che ha per protagonista un cast di giovanissimi esordienti, eccezion fatta per il divo Shia Laboeuf. Star è un’adolescente in fuga dalla famiglia che attraversa il Midwest insieme a un gruppo che vende riviste porta. La regista, già due volte premiata in passato a Cannes, è salita sul palco con molti dei suoi attori e ha definito il film “una bellissima avventura vissuta con la troupe, alla quale questo riconoscimento appartiene”. Doppio riconoscimento per il film iraniano Il cliente di Asghar Farhadi, che ha conquistato il premio per la miglior sceneggiatura e quello per la migliore interpretazione maschile. “Sono felice di portare della gioia al mio popolo che non è conosciuto nel mondo per essere gioioso” ha detto il regista, sorpreso dei due riconoscimenti. Il premio per il miglior attore è andato a Shahab Hosseini, protagonista del thriller psicologico del regista premio Oscar per La separazione. A consegnarlo, Kirsten Dunst e la produttrice iraniana Katayoon Shahbia. Hosseini ha ringraziato Dio per questa serata e ha dedicato il premio al padre, “che se lo godrà in paradiso” e al suo popolo. Il film racconta di una coppia di attori costretta a lasciare l’appartemento in cui vive a causa di un possibile crollo dello stabile. Finiti in una piccola casa, trovata loro da un collega della compagnia teatrale con cui ogni sera portano in scena Morte di un commesso viaggiatore, i due vedranno messa a dura prova la relazione quando una sera, di ritorno dal teatro, la donna sarà vittima di un incidente. Momento emozionante quando Arnaud Desplechin ha conferito la Palma d’onore a Jean Pierre Léaud, attore feticcio di Truffaut con il suo Antoine Doinel. Prima del premio e della standing ovation, il protagonista di I quattrocento colpi è stato omaggiato con una clip di film del suo scopritore, ma anche di Godard, Bertolucci, Pasolini con bellissime immagini dal film-manifesto della Nouvelle Vague. “Sono nato a Cannes nel ’59 con Truffaut e il suo film d’esordio, e tutta la vita ho cercato di rispondere al quesito di Bazin ‘cos’è il cinema’” ha detto l’attore, che sta per compiere 72 anni, ricevendo emozionato il riconoscimento. Infine la Camera d’or, il premio assegnato dalla giuria guidata da Willem Dafoe al miglior film d’esordio, è andata a Divines, ambientato nelle banlieue. Presentato nella Quinzaine des Réalisateurs il film è firmato dalla regista franco marocchina Houda Benyamina che ha bloccato la platea per cinque minuti di entusiastici ringraziamenti e se ne è andata urlando “Cannes è nostra, delle donne”.

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