Un Frankenstein catodico, in teoria, che avrebbe tutti gli ingredienti per risultare indigesto, ma il prodotto finale di questo strano intruglio risulta piacevole per merito della conduttrice di Fossano
Flight 616 è una sorta di mostro mitologico-televisivo: metà Pechino Express, metà Temptation Island, l’adventure dating show condotto da Paola Barale su Italia1 cerca di mettere insieme due filoni di successo degli ultimi anni. C’è un certo tronismo imperante, su questo non c’è alcun dubbio, ma Magnolia lo nobilita attraverso il meccanismo alla Pechino Express, con il viaggio in posti meravigliosi, le prove, le interazioni con gli autoctoni.
Questo Frankenstein catodico, in teoria, avrebbe tutti gli ingredienti per risultare indigesto: bellocci fisicati e vacui alla ricerca di visibilità (e non certo di una storia d’amore), ragazzotte senza arte né parte che si scambiano i compagni di viaggio come fossero figurine. In teoria, appunto, perché il prodotto finale di questo strano intruglio risulta piacevole, tecnicamente pregevole, con un ritmo serrato e un montaggio quasi degno di Pechino Express. C’è un abisso tra i due format, sia chiaro, ma se l’intento era quello di coniugare in stile Italia1 il format condotto da Costantino della Gherardesca su RaiDue, la missione è compiuta.
Gran parte del merito va a Paola Barale, finalmente tornata in televisione dopo un’assenza sin troppo lunga. In un ambiente di mediocri raccomandati quale è la tv italiana, la conduttrice di Fossano giganteggia, dimostra di conoscere il mezzo e il mestiere, e lo fa senza perdere nemmeno un briciolo di quella irresistibile supponenza che le è propria. Paola Barale ha avuto l’enorme merito di aver scelto senza drammi né piagnistei di prendersi una pausa dalla tv. Era all’apice della carriera, eppure ha preferito fare altro, dedicarsi all’amore (poi andato male, ma pazienza), ai viaggi, alle esperienze personali. Un esempio rarissimo di downshifting televisivo che, assieme a una naturale (ma mai banale) predisposizione per il piccolo schermo, ce la rende simpatica persino oltre i suoi stessi meriti.
Flight 616 è un programma che le calza a pennello. Certo, il cast è quello che è e su quello c’è poco da fare, ma se il format risulta gradevole (non indimenticabile, ovviamente, ma gradevole sì) il merito è quasi tutto suo (e in parte dei posti splendidi che hanno visitato i 16 bambolotti). Gli ascolti non premiano l’adventure dating show: ieri sera 1.049.000 di spettatori (share del 4,49%), in linea con la prima puntata della scorsa settimana (1.033.000, 4,33%). Ma Italia1 sta lottando da tempo per risalire la china e visto che il target a cui si rivolge (quello giovanile) è distratto da web, satellite, Netflix e streaming vari, l’impresa è ardua assai. Ma Flight 616, fatta la tara di quell’ormai insostenibile leggerezza da trono di cui parlavamo prima, non è un programma brutto. È un onesto format per giovani e giovanissimi, realizzato fin troppo bene per gli standard del genere, condotto benissimo da una signora della tv, il cui ritorno è un’ottima notizia. Potremmo stare qui a disquisire sui valori dei giovani in gara e delle solite noiosissime fregnacce con cui sollazziamo onanisticamente da due decenni televisivi, ma ogni tanto forse è bene prendere l’intrattenimento televisivo per quello che è: evasione pura. E Flight 616 non è certo la cosa peggiore che abbiamo visto in tv. Anzi.
Domenico Naso, FQ Magazine