Lʼartista presenta a Tgcom24 “Black Cat” che esce il 29 aprile in tutto il mondo e vanta collaborazioni internazionali
Non ha più niente da perdere Zucchero. Nella sua carriera ha venduto oltre 60 milioni di dischi ed è l’artista italiano che fa più concerti all’estero (debutterà in Giappone). Così per il nuovo album “Black Cat” che esce il 29 aprile in tutto il mondo, Fornaciari si è permesso il lusso della “libertà”. Come ai tempi di “Oro Incenso & Birra”. Un disco “anarchico e selvaggio”, che vanta la collaborazione di Bono. “E’ il mio album più nero come suoni”, spiega.
Quello di Zucchero è un lavoro “dentro, a ritroso”. Senza pensare a radio, classifiche e vendite. Con la speranza certo di piacere, fregandosene però delle ruffianerie. Per questo la scelta di un titolo che richiama all’autonomia del gatto: “Mi piace il suono che emettono le parole Black Cat – racconta Zucchero – per gli afroamericani il gatto nero porta fortuna, e poi è un animale così indipendente, libero, anarchico, selvatico”.
“Mi sono immaginato un suono pensando alle piantagioni di cotone con gli schiavi – continua – alle catene ho dato un suono ritmico. Mi sono immerso in film come ’12 anni schiavo’, ‘Il colore viola’ e anche Django di Tarantino”. Il risultato è un sound omogeneo, nonostante ben tre produttori così diversi come T Bone Burnett, Brendan O’Brien e Don Was: “Ero preoccupato che potesse suonare in tre modi diversi. Invece è stato tutto molto semplice. Il disco è un progetto unico pur nelle varie diversità”.
Tredici brani, registrati in digitale e analogico, capitanati da “Partigiano Reggiano”: “Sono nato in una zona rossa, dove c’era la cooperativa e la chiesa. Ho un ricordo romantico di quello che sentivo da mia nonna, mio zio era stato deportato in Germania. Ci sarà sempre qualcuno che dirà che anche i partigiani hanno sbagliato, ma in guerra non si vendono noccioline”. A Zucchero piacerebbe “tirare su partigiani senza armi ma con tanti ideali, un po’ come i boy scout, mi piacerebbe fare lo zio insieme a qualche collega per aiutare i giovani a sperare ancora in un futuro”.
Un disco pieno di collaborazioni, da Mark Knopfler ad Elvis Costello e soprattutto Bono che ha scritto il testo di “Streets Of Surrender (Sos)”: “Dopo il concerto degli U2 a tornino ho chiesto a Bono un brano. Dopo gli attentati di Parigi mi ha chiamato per dirmi che era molto scosso e che voleva focalizzarsi su quello. Io all’inizio non ero d’accordo, non volevo circoscrivere il brano, poi mi ha mandato il testo e ho capto che era una canzone universale. Parla di Gesù… ‘Sono pieno d’amore e orgoglioso non sono venuto a combattere’… Un brano pieno di parole. Tante difficili da pronunciare. Quando gli ho mandato il brano Bono mi ha detto che l’inciso era fantastico ma che nelle strofe dovevo essere più Zucchero… Ovvero pensare di meno”.
Tgcom 24