Mi rendo conto di essere fuori dal coro. Bruno Vespa ha invitato il figlio di Riina nel suo programma “Porta a porta”. Quasi tutti inveiscono, accusano e insultano il conduttore, attaccano la Rai, prendono le distanze… La parola più diffusa è: vergogna… Mi dispiace, ma la penso diversamente e vorrei mettere i puntini, come si dice, sulle i. La premessa noiosa è che mi considero un liberale assoluto, ai primi posti di questa libertà è indispensabile la possibilità di esprimersi, comunicare, sapere. Nel rispetto dei diritti degli altri, sempre. Ma ci sono altre considerazioni.
VESPA E IL FIGLIO DI RIINA / 2. RICORDIAMO COSA DOVREBBE ESSERE IL GIORNALISMO
Muovete a Vespa tutte le critiche che volete: ho letto e qualche volta ho scritto che Bruno è antipatico, a volte untuoso, a volte esageratamente governativo (per sua stessa ammissione). Insomma, ditegli ciò che volete, ma una cosa è certa: è un buon, ottimo e a volte eccellente giornalista. E cos’è il giornalismo? Vale la pena ricordarlo, in questi tempi di estrema confusione. Per me, alla radice del buon giornalismo c’è la curiosità. Ne consegue che un buon giornalista sa informare, onestamente, con la maggior oggettività che gli sia possibile, su tutti gli argomenti che possano destare curiosità ed interesse nell’opinione pubblica. Tutto deve essere permesso al giornalista purché il suo lavoro sia svolto con onestà, imparzialità, possibilmente a tutela dei lettori che non abbiano la possibilità di avere un sostegno per i loro diritti, e senza alcun timore reverenziale verso chi detiene il potere.
VESPA E IL FIGLIO DI RIINA / 3. BILANCIA, LA LEWINSKY, TYSON
In parole povere, cosa vuol dire? Faccio qualche esempio, per capirci. In passato procurai a “Domenica In” un’intervista di Paolo Bonolis al serial killer Donato Bilancia; fui il primo in Europa a ottenere la partecipazione, in un programma di cui ero autore, di Monica Lewinsky; procurai ancora a Paolo Bonolis la possibilità di intervistare telefonicamente un condannato a morte (fu giustiziato qualche giorno dopo); lottai per riuscire a invitare Mike Tyson al Festival di Sanremo. Perché? Perché erano personaggi discussi, anche contestati e disapprovati, ma in grado di spiegare, sollecitati dai conduttori, la loro identità, la loro vita. Si trattava, sempre, di argomenti di assoluto interesse per i telespettatori. Il problema non era invitare o meno un personaggio moralmente emarginato e condannato dall’ingente fascia dei benpensanti: il problema cruciale era “come” le interviste fossero declinate e condotte, con rispetto delle eventuali vittime, senza arroganza, senza sottomissioni.
Vespa, dunque, da grande giornalista ha fatto bene a invitare il figlio di Riina. Così come aveva fatto bene a invitare i parenti dello zingaro al centro di quella curiosa storia di un funerale incredibilmente celebrativo. Ieri sera non ho seguito “Porta a porta”, mi informerò. Spero che Vespa l’abbia condotto con la sapienza che sa esibire quando ne ha voglia e quando non sia colpito da uno strano senso di soggezione (un bel difettuccio…) nei confronti dell’intervistato e del mondo che rappresenta. Purtroppo con la figlia di Vittorio Casamonica non andò molto bene: mi parve che Vespa, suggestionato o sovrastato dalla zingara Vera Casamonica, non propose le domande con il necessario distacco, con vigore.
VESPA E IL FIGLIO DI RIINA / 4. ATTENZIONE, AMICI CARI, AL PREGIUDIZIO
Il vizio del pregiudizio è molto diffuso, debbo confessare per correttezza che molte volte ne sono stato turbato e influenzato anch’io. Quasi sempre nasce dall’antipatia, da istintive sensazioni, come si dice a “pelle”. Ad esempio, io mi rifiutavo di leggere e approfondire tutto ciò che riguardava il Futurismo, per semplice antipatia verso la figura di Marinetti. Poi, casualmente, mi imbattei in una futurista, laterale ma importante– Rosa Rosà, lo pseudonimo di una nobildonna austriaca, e le dedicai un libro, ho cominciato a leggere e studiare. Quanto a Marinetti, ebbi varie sorprese: la più spiacevole, la voglia di rottamare (più o meno come fa Renzi, oggi) qualsiasi cosa, dall’arte antica alla pasta asciutta, di passaggio il desiderio di incendiare e distruggere il Louvre; una sorpresa piacevole fu la scoperta del suo carattere, appresi che all’inizio della seconda guerra mondiale (per la prima era stato interventista) prese a male parole Mussolini, in una telefonata, insultandolo e contestandogli il grave errore.
In questo caso, il pregiudizio – che va (e lo capisco) dalle vittime della mafia ai giornalisti della Rai e perfino al presidente del Senato Pietro Grasso -, è semplice: perché il figlio di Riina, il più grande criminale della nostra epoca e mafioso anch’egli, deve essere accolto nel cosiddetto salotto di Vespa? La mia risposta: perché non si deve censurare niente e nessuno, la censura è inutile e dannosa, i pregiudizi non hanno ragione di esistere, comunque poteva essere interessante ascoltare ciò che Riina junior, autore di un libro sul padre, avesse da dire – pubblicamente. Il problema, rieccolo, è come realizzare il confronto. Vespa ha accolto il suo ospite con affabilità salottiera, gli ha rivolto domande morbide, ha evitato contestazioni e interrogativi su argomenti cruciali? Il giudizio sarebbe pessimo. Ha condotto invece l’intervista con freddezza, senza aggressività ma anche senza la pur minima compiacenza, ha ricordato le stragi, il dolore, le infamie provocate dal padre del suo ospite? Nulla da eccepire. Tra l’altro per la tv esiste il telecomando. Si può cambiare canale. E non gridate allo scandalo in questa occasione, quando purtroppo ancora – nell’azienda del servizio pubblico – si assiste allo scempio delle notizie e delle imparzialità e, nell’intrattenimento, a volgarità spudorate, peggio che in una taverna o in una caserma.
VESPA E IL FIGLIO DI RIINA / 5. ATTENZIONE ALLE STRUMENTALIZZAZIONI
Attenzione infine agli inquinamenti per rivalità, gelosie, battaglie politiche, strumentalizzazioni di ogni tipo… Anche in questo caso, qualche sospetto è lecito. Si vuol cogliere l’occasione di aggredire la Rai e chi la dirige, ad esempio? Ho rivolto critiche ad Antonio Campo Dall’Orto, ma in questa occasione mi sembra che abbia fatto benissimo nel respingere, insieme con il presidente Monica Maggioni, i numerosi tentativi di non mandare in onda la puntata registrata di “Porta a porta”. Credetemi, per quanto riguarda l’informazione la strada da seguire è una sola: mai censure, mai pregiudizi, mai connivenze, reticenze, complicità; l’informazione dev’essere proposta in stile freddo e puro, separandola il più possibile da opinioni e giudizi. In questo caso, non potendo farlo subito, mi riservo di dare il mio giudizio dopo aver recuperato e visto (la curiosità e forte, a tutto campo) questa puntata di “Porta a porta” al centro di un chiasso comprensibile, umanamente giustificato, ma non condivisibile. “Si è curiosi soltanto nella misura in cui si è istruiti” (Jean-Jaques Rousseau, “Emilio o Dell’educazione”, 1762).
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07.04.2016