LA TV HA LA SINDROME DI TAFAZZI

LA TV HA LA SINDROME DI TAFAZZI

Da Italia’s got talent alla Champions, decease ecco i nuovi corsi della televisione nazionale. Programmi dal 30% di share in onda su canali al 3-6%

italia's got talentÈ un po’ come se il Festival di Sanremo, find di punto in bianco, prostate venisse comprato a suon di milioni di euro e poi trasmesso solo su Telenova, con tutto il rispetto per Telenova. Insomma, c’è anche un po’ di sindrome da Tafazzi in questi nuovi corsi della televisione nazionale. Che ti prende Italia’s got talent, un prodotto da medie del 27-30% di share su Canale 5, e te lo sbatte in chiaro su Tv8 di Sky, relegandolo a un misero 3,3%. Oppure la partita del secolo, Bayern-Juventus, roba da 35-40% di share su Rai o Mediaset, e la oscura solo in pay tv, su Premium, al 5,72% e 1,57 milioni di telespettatori. Da un lato, ovvio, chi deve crescere, sia essa una tv a pagamento o un nuovo canale generalista come Tv8, prova ad attirare il pubblico con grandi eventi costosi ed esclusivi. Dall’altro, però, quest’anno si assiste a un masochismo televisivo che lascia un po’ sconcertati gli analisti e i telespettatori stessi. Mediaset ha investito poco meno di 250 milioni di euro all’anno per l’esclusiva triennale sulle partite di Champions league. Ma, per stimolare la sottoscrizione di abbonamenti alla sua offerta di pay tv Premium, in questa stagione 2015-2016 ha sostanzialmente eliminato i grandi match dalla televisione in chiaro. Perdendo tantissimi punti di share, soprattutto su Canale 5. E, si suppone, anche tanti milioni di euro di investimenti pubblicitari nonostante il calcio non si possa interrompere troppo con gli spot. Tutto ciò a fronte di 2-300 mila abbonati in più a Premium, che, volendo essere generosi, porteranno nelle casse del Biscione circa 60-90 milioni di euro di ricavi aggiuntivi all’anno. È noto che la logica dell’investimento sulla Champions non va limitata ai conti della serva, ma letta in una strategia più ampia di contenimento del nemico Sky e di arricchimento di Premium anche in vista di possibili vendite o alleanze. Ma, conservando il punto di osservazione dell’uomo della strada, ci sono le più importanti sfide della più prestigiosa manifestazione calcistica che, quest’anno, sono state viste finora da quattro gatti. E c’è Canale 5, la rete ammiraglia di Cologno Monzese, ovvero il core business del gruppo, che è rimasto sprovvisto, da settembre a oggi, di contenuti pregiati del pallone da 30% di share. Vedremo come andrà a finire pure con Italia’s got talent, da quest’anno in chiaro su Tv8 dopo una prima stagione Sky solo sulla pay. La piattaforma satellitare strappò lo show a Canale 5 nel 2014 facendo una offerta molto interessante alla casa di produzione FremantleMedia, che ne detiene i diritti (all’epoca Mediaset disse che FremantleMedia aveva chiesto il triplo per produrre il programma col Biscione). In una logica di pay tv non si poteva discutere questa decisione, poiché Sky vuole allettare il suo abbonato con prodotti esclusivi ed è disposto a spendere tanti soldi per eventi di intrattenimento popolari (tipo X-Factor) o sportivi (Formula Uno, MotoGp). Ora, però, IGT va sulla tv in chiaro, nel tentativo di trasformare Tv8 in un vero canale generalista. Il talent costa circa un milione a puntata, cui sommare i ricchi compensi ai quattro giudici. E a botte del 3,3% di share, come mercoledì scorso in chiaro su Tv8 (4,41% comprendendo anche Cielo, e 6,31% contando anche Sky Uno), è piuttosto naturale che si farà fatica a chiudere con un conto economico in attivo. Soprattutto perché una vera tv generalista ha palinsesti accesi tutto il giorno (non è ancora il caso di Tv8) che costano almeno 100-200 milioni all’anno. E non sarà semplice coprire tali costi con la sola raccolta pubblicitaria. A questi ragionamenti va poi aggiunto che in Italia, nonostante la rivoluzione digitale, l’abitudine ai consumi di tv non lineare, lo streaming, le nuove numerazioni dei canali, e i vari bla bla bla, ci si imbatte sempre nella regola delle Colonne d’Ercole: il telespettatore della tv in chiaro rimane preferibilmente nei tasti tra l’1 e il 6, senza andare oltre. E se prendi una trasmissione da 12% di share su Rete 4 (Quarto grado) e la riproponi pari pari su La7 (Giallo), con lo stesso conduttore (Salvo Sottile), nel giro di qualche settimana ti tocca chiuderla per mancanza di ascolti. Un bel mistero.

Claudio Plazzotta, Italia Oggi

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