D’Urso lacrima, tadalafil Maria De Filippi se la ride. E fa «storia» anche il pasticciaccio dell’Auditel
C’è da assegnare il “Momento d’oro” della tv del 2015: quello davvero indimenticabile, soprattutto per aver fatto accapponare la pelle ai poveri telespettatori e impazzire i social. Lo vince a mani basse la Miss Italia ora in carica, Alice Sabatini, con la sua formidabile alzata d’ingegno: «Mi piacerebbe vivere nel 1942, così vivrei la guerra. Tanto sono una donna, non avrei mica fatto il militare». Hai voglia a precisare e sdrammatizzare, una volta fatta la frittata. Ma una menzione d’onore la riceve anche Lisa Fusco per la sua letale spaccata a “Mezzogiorno Italiano” sotto gli occhi atterriti di Antonellina Clerici (la quale, forse traumatizzata dall’incidente, ha poi deciso di troncare in diretta anche il saldo, pluriennale rapporto con “Ti lascio una canzone”). Per non dire del pianto di Rocco Siffredi, quello che oggi vorrebbe insegnare educazione sessuale nelle scuole, e che più di sei milioni di italiani hanno visto mettersi a nudo (nel senso del suo crollo nervoso) in una stra-vista edizione dell’”Isola dei famosi”. Nel campionario degli imprevisti ci sta pure il Cavaliere che da Vespa confonde Salvini con Renzi, arruolando il premier nel centrodestra, ma è più un lapsus che una gaffe. Mentre un retrogusto amaro lo ha lasciato il finale di “Masterchef” con quel vincitore, Stefano Callegaro, sospetto di essere un cuoco professionista, così come adombrato da “Striscia”: di certo, nella nuova edizione con quattro chef (si è aggiunto Antonino Cannavacciuolo), la produzione avrà passato al setaccio ogni piatto realizzato fuori dalla cucina di casa dai venti nuovi concorrenti. Un’altra scena horror del 2015 televisivo è Magalli desnudo nella vasca da bagno per una ospitata nel pur pregevole “Pechino Express”, il reality di viaggio meglio montato di tutto il cucuzzaro e condotto da un pirotecnico Costantino Della Gherardesca.
Per il resto, more solito: Barbara D’Urso ha dispensato ogni pomeriggio più lacrime di una madonnina dei miracoli di Safiria Leccese, beccandosi però la reprimenda del forzista Paolo Romani («È inadeguata») per una puntata sulle stragi di Parigi. Maria De Filippi ha sbancato con una finale di “Amici” che ha superato il 34 per cento di share, riproponendosi come la Regina Occulta della discografia italiana: imporsi nel suo talent è una garanzia pure in chiave sanremese, anche se “X Factor” la tallona da presso per qualità produttivo-mediatica, giocandosi la battaglia più sul fronte social che su quella, impari per Sky, degli ascolti. Fanalino di coda nelle gare canore tra emergenti è “The Voice”, che negli anni passati non è riuscito neppure a capitalizzare la visibilità planetaria di Suor Cristina: vedremo con la nuova tornata (giuria rivoluzionata, occhio a Dolcenera), che partirà subito dopo Sanremo: a proposito, speriamo che all’Ariston, oltre a celebrare la diabolica professionalità di Conti, non si debba assistere a un’altra vittoria kitsch come quella de Il Volo, pompatissimi beniamini di Raiuno.
C’è poi un’altra partita: quella delle fiction e delle telenovelas. Se la tv generalista campa di rendita su eroi immarcescibili (vedi Terence Hill, che piace al pubblico vestito da prete come da guardia forestale) o su polpettoni d’importazione che sembrano autosatira (misterioso il successone de “Il Segreto”),quella satellitare ne fa un punto di forza irrinunciabile: i divi di Hollywood animano sceneggiature impareggiabili come quelle di “House of cards” o “True detective” , che fanno il paio con quelle realizzate in casa. Ottima “Gomorra”, discutibile “1992”, ipnotica “In Treatment”, la serie diretta da Saverio Costanzo sul sofà dello psic Sergio Castellitto, qui in una delle sue migliori prove d’attore.
Ma il 2015, che passerà alla storia anche per il pasticciaccio brutto dell’Auditel, è stato in primo luogo l’anno in cui si è allargato il solco tra vecchia e nuova tv, tra una passività tramandata da generazioni di teleutenti, e il decisionismo di chi sceglie palinsesti fai-da-te. Da una parte i talk usurati e il varietà ultrarodato ma che fa punteggio anche se odora di muffa e alza nuvole di polvere con personaggi come Naomo o il Bagnino (vero Panariello?); dall’altra lo sterminato catalogo di film e serie di Netflix, che doveva essere la prossima rivoluzione del settore, ma che ancora non si è assestata negli abitudini degli italiani che già spendono salatamente per la pay-tv.
Vedremo che 2016 sarà. Certo, con l’aria che tira non dovrebbero esserci grandi novità, se il più atteso al varco è Fazio. Con la riverniciatura del glorioso “Rischiatutto” del povero Mike.
di Stefano Mannucci da “Il Tempo”