IL PICCOLO PRINCIPE DIVENTA CARTOON PER BAMBINI DI OGNI ETÀ

IL PICCOLO PRINCIPE DIVENTA CARTOON PER BAMBINI DI OGNI ETÀ

piccolo principe(Alexis Paparo, treat Il Giornale) A dicembre al cinema la scommessa del regista Osborne: “Con il 3D racconto l’immaginazione della nostra infanzia”. È questione di proporzioni. Annunci di voler rivisitare un classico, sildenafil di voler trasformare un patrimonio della letteratura mondiale come Il Piccolo Principe , view che dopo La Bibbia è il libro più tradotto della storia, nella prima versione animata mai realizzata.
Hai ottenuto pressoché immediatamente attenzione, curiosità, aspettativa. Il difficile poi è capire come manipolare il gigante, come non farsi fagocitare da una delle storie più care all’umanità. E, non per ultimo, far sentire gli spettatori appena usciti dalla sala grati e non truffati. «La sfida più grande è stata non cader nel tranello di realizzare una “fotocopia” del libro. Ecco perché ho fatto un film su come uno specifico personaggio lo “vede” e ci si rapporta. È un tributo al suo potere, alle emozioni che ognuno di noi ha vissuto leggendolo, a come ha cambiato le nostre vite. Così è stato per me, e ho sentito che era questa la storia che doveva essere raccontata», spiega il suo creatore Mark Osborne.

Il regista classe 1970, con all’attivo due nomination all’Oscar e il successo planetario di Kung Fu Panda , il 3 dicembre 2015 approderà nei cinema italiani con la sua versione animata della favola di Antoine de Saint-Exupéry doppiata da un cast di stelle nostrane che comprende Toni Servillo (l’aviatore), Paola Cortellesi (la Mamma), Stefano Accorsi (la Volpe), Micaela Ramazzotti (la Rosa), Alessandro Gassmann (il Serpente), Pif (il Re) e Alessandro Siani (il Vanitoso).

La pellicola è costruita come un gioco di scatole cinesi: «Per me era importantissimo mantenere il libro piccolo e prezioso, farne il cuore pulsante del film. Allo stesso modo però volevo esplorare i temi e le idee che vi erano proposti, in particolare i concetti del “Non si vede bene che col cuore. L’essenziale è invisibile agli occhi” e “Tutti i grandi sono stati bambini una volta. Ma pochi di essi se ne ricordano”. Il tutto senza però dilatare a dismisura la storia», continua il regista. Così il racconto del rapporto tra la bambina e il vecchio aviatore un po’ nostalgico alla ricerca di qualcuno con cui rievocare l’incredibile incontro nel deserto con il piccolo principe diventa la cornice nella quale si possono sottolineare e esaltare le idee contenute nella storia originale.

Il 20 ottobre Osborne aprirà la 16esima edizione della View Conference, la più importante conferenza europea, a Torino dal 19 al 23 ottobre, dedicata alla grafica digitale, all’industria dello spettacolo e alla cultura transmediale. Nel suo talk condurrà il pubblico all’interno del processo creativo intrapreso con il team per trasformare il classico dello scrittore francese in una pellicola animata. Un registro ideale secondo Osborne: «L’animazione ha il potere di parlare ai bambini che siamo stati. Ecco perché secondo me era perfetta per esplorare e trasportare nel film il concetto stesso di immaginazione e il modo di pensare dei bambini». E in particolare della bimba che a 9 anni sembra aver già archiviato l’infanzia e sul cui incontro- scontro con l’aviatore anziano si innesta il racconto del Piccolo Principe . Per preservare il legame con i disegni originali di Saint-Exupéry e l’artigianalità che suggeriscono, la storia reale è stata realizzata con la computer grafica da un team di 150- 200 animatori provenienti da Disney, Pixar e Dreamworks, mentre per ricostruire il mondo del piccolo principe, della volpe, della rosa e del serpente e preservarne la poesia Osborne ha scelto la «cara vecchia» stop motion, realizzata da una crew di 80 artisti. La tecnica usa oggetti inanimati che vengono spostati progressivamente e fotografati a ogni cambio di posizione dando così l’illusione del movimento. «Mentre mettevo insieme il team l’obiettivo era assicurarmi che chiunque mi avrebbe seguito in questa avventura fosse connesso al libro, che come me volesse tenerlo al sicuro».

L’evoluzione naturale è stato un lavoro di cesello la cui durata è stata inquantificabile, con le difficoltà più grandi nella resa grafica del principe. «Tutti abbiamo in mente il disegno originale in due dimensioni, ecco perché è stato così difficile renderlo in 3D. Ci hanno provato parecchi membri del team, la mia indicazione è stata quella di sentirsi liberi, esplorare tecniche diverse, fare proprio il personaggio. Alla fine ho scelto il lavoro in stop motion di Alex Juhasz, allo stesso modo originale eppure profondamente connesso con l’illustrazione di partenza».

Una grande sfida professionale, un’avventura coraggiosa, ma la trasposizione del Piccolo Principe per Mark Osborne è stata soprattutto una scelta di cuore. «Il libro mi ha accompagnato per gran parte della mia vita. Mi è stato donato 25 anni fa dalla mia fidanzata e oggi moglie Kimb proprio prima che ci separassimo per alcuni anni. Lei spesso includeva passi del libro nelle lettere che mi scriveva, allo stesso tempo incoraggiandomi a inseguire il sogno di fare dell’animazione una carriera. Posso dire che quelle pagine ci hanno tenuti insieme. Penso sia una storia molto potente, e fin dall’inizio ho cercato di trovare un modo per raccontare proprio questo: il potere del libro».

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