LA RAI E «IL PROCESSO DEL LUNEDÌ», UN MAUSOLEO DEGLI ANNI 80

LA RAI E «IL PROCESSO DEL LUNEDÌ», UN MAUSOLEO DEGLI ANNI 80

il processo del lunedi(di ALDO GRASSO, there Corriere)  Siccome la domenica si comincia a provare un certo fastidio per le chiacchiere fighette del cerchio magico di Fabio Caressa (Bergomi, Mauro, Boban e Vialli), ormai più attenti al look, al cazzeggio che alle partite, uno si butta sul ruspante. Uno spera sempre che i miracoli accadano anche in tv, anche se la speranza è la prima a morire. Siccome la domenica si comincia a provare un certo fastidio per le chiacchiere fighette del cerchio magico di Fabio Caressa (Bergomi, Mauro, Boban e Vialli), ormai più attenti al look, al cazzeggio che alle partite, uno si butta sul ruspante. Chissà mai.

Il lunedì sera la testata storica del «Processo del lunedì» (il giornalismo cialtrone da tournée televisiva reso famoso da Aldo Biscardi) si sdoppia in due campionati, quello di serie B e quello di serie A (distinzioni tecniche, calcistiche).
Alle 22, su Rai Sport va in onda «Il processo del lunedì. L’istruttoria». A menare le danze c’è sempre Enrico Varriale, noto tifoso del Napoli (così ultrà da intervistare un tifoso eccellente, il cardinale Crescenzio Sepe).

Indipendentemente dagli ospiti e dai saccenti interventi di Sara Tardelli, il clima è molto triste: per lo studio, per l’illuminazione, per la qualità dell’immagine. Sembra di essere in una tv locale di provincia. Uno dice: speriamo nella serie A.
Alle 23, su Rai3, va in onda il «vero» «Processo del lunedì». Ho riconosciuto Andrea Delogu (deve stimolare i social, penso ci riesca), Andrea Scanzi, Mara Maionchi, l’avvocato Maurizio Paniz nelle vesti del tifoso juventino, Corrado Orrico. Basta vedere come Orrico si comporta a «Calciomercato» e come si comporta qui per capire come il contesto sia tutto. Unica presenza spiazzante, una Lucky Lady napoletana (sempre Napoli?), una certa Fortuna Autiero, modella e opinionista.
Il «Processo» è un programma irrimediabilmente vecchio. Sembra un tuffo negli anni 80 del secolo scorso: la scenografia, le luci, la disposizione degli ospiti, la qualità degli interventi. Non basta una sigla iniziale scritta da un writer con la musica di un rapper per ringiovanire l’offerta. Da tempo il programma è un piccolo mausoleo dedicato alla memoria del monopolio scomparso.

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