RAI SPORT, IL TRISTE E SOLITARIO FINALE DI UNA GRANDE TRADIZIONE

RAI SPORT, IL TRISTE E SOLITARIO FINALE DI UNA GRANDE TRADIZIONE

taglioAlta_001626(di Alessandro Buttitta, hospital Tvzap) Pubblico in calo, manifestazioni trascurate come gli Europei di Basket, retorica logora

Ci sono cinque minuti della terza puntata del Processo del Lunedì che sono emblematici per capire e comprendere coloro che criticano aspramente e ironicamente, da Aldo Grasso in poi, la deriva di Rai Sport, gloriosa istituzione del servizio pubblico che in molti campi non riesce più a reggere il passo dei tempi. Nel programma di Rai3 si parla di calcio, stranieri e immigrazione prima con un servizio, poi con relativa discussione in studio. In un concerto della retorica che ha nel conduttore Enrico Varriale un adeguato direttore d’orchestra, si passa con una disinvoltura quasi imbarazzante da evidenziare i bellissimi gesti di solidarietà delle curve delle squadre tedesche nei confronti dei migranti e dei profughi all’analisi di come il campionato di serie A sia sempre più ad appannaggio di giocatori stranieri che tolgono il posto a quelli italiani. Il tutto tra la compiacenza generale dei giornalisti e degli ospiti in studio che forse non si sono accorti di come nel giro di qualche lancetta di orologio, con un volo pindarico, abbiano cambiato idee e direzioni su argomenti opposti ma vicini. Sul sociale vince la linea benpensante dell’integrazione, in campo sportivo invece meglio affidarsi a ideali più nazionalistici.

È questo uno degli esempi di come Rai Sport gestisca spesso con professionale pressapochismo il mondo del pallone, quello che garantisce più ascolti (si vedano gli oltre sei milioni di telespettatori che hanno seguito le vittorie di misura della Nazionale italiana su Malta e Bulgaria) e su cui le due aziende rivali (Sky e Mediaset) stanno fronteggiandosi senza esclusione di colpi. D’altronde anche in quest’ultima settimana c’è stato modo di notare una certa sufficienza nella gestione delle dirette e degli interventi da parte degli uomini di Viale Mazzini, come si può notare dai commenti sui generis di Giovanni Trapattoni come seconda voce, da quelli dello spadaccino Aldo Montano in Italia-Malta, dalle numerose sviste di cronisti e opinionisti nei salotti pallonari di casa Rai.
I risultati portati a casa da Rai Sport, con un gradimento del pubblico sempre minore, inficiano il lavoro di molti bravissimi giornalisti (pensiamo a quelli della redazione Ciclismo o ad Alessandro Antinelli a cui è stato chiesto di risollevare le sorti della Domenica Sportiva). Tuttavia, è indubbio come il servizio pubblico sia rimasto indietro per linguaggio e ritmo ai competitor, non avendo operato tra l’altro negli anni il giusto ricambio generazionale. Sky con le sue telecronache e i suoi approfondimenti, Mediaset con la sua vivacità e i suoi programmi ultrapop (Tiki Taka in primis) sembrano giocare in un altro campionato. La Rai inoltre si lascia scappare eventi che negli scorsi anni hanno garantito ottimi riscontri. Basti pensare all’Europeo di Basket attualmente in fase di svolgimento, con protagonista la Nazionale più forte di sempre in virtù dei tanti giocatori NBA presenti in squadra.

In un mondo della televisione che gira velocissimo e si adegua come può all’attenzione ballerina del pubblico, la Rai in diverse situazioni è apparsa lenta, pesante, di poco movimento, come un attaccante a fine carriera che gioca titolare più per i tanti gol segnati in passato che per l’effettivo apporto in campo. Persino un canale nuovo come GazzettaTv, non avendo tutti i mezzi a disposizione di Viale Mazzini, ha più sprint nel curare i servizi, più freschezza nella conduzione, più vivacità nel fare informazione. Forse è tutta una questione di passione, quella che sembra maggiormente mancare al momento in casa Rai.

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