Quanta verità c’è nel film uscito a dicembre? Ecco un profilo di Lady Gucci, dagli anni del glamour al carcere di San Vittore e oltre, così come lei stessa lo racconta nel documentario in onda su Discovery+
La vera storia di Lady Gucci è il plot del film con la regia di Ridley Scott
27 marzo 1995. Milano, tre colpi di pistola uccidono Maurizio Gucci, Era uscito dalla sua casa di porta Venezia per entrare negli uffici di via Palestro. E proprio nell’atrio d’ingresso, davanti agli occhi increduli del custode, l’erede di una delle famiglie più note del fashion system cadde a terra. La notizia campeggiò per giorni sulle prime pagine dei quotidiani, e nelle aperture dei Tg d’Italia e non solo. Per due anni, però, le indagini su questa specie di Dallas all’italiana non portarono a nulla. L’unica certezza era che quell’assassino non era un professionista.
Certo che non lo era. Bastò una soffiata alla polizia per risalire alla “Banda Bassotti”, come Patrizia Reggiani, l’ex Lady Gucci, definiva quel gruppo di sbandati a cui lei, grazie alla collaborazione di Pina Auriemma, sedicente maga, aveva commissionato l’omicidio. Ma come era arrivata a tanto? Chi è Patrizia Reggiani (nel film sarà interpretata da Lady Gaga) che il giorno del funerale, contrita – in un’immagine che ricordava tanto Joan Collins e che fece il giro del mondo – seguiva il feretro del marito (non aveva ancora divorziato da lui) accanto alla due figlie?
Andiamo a ritroso. Oggi è una signora di 72 anni, che vive in una bella villa di Milano con un cagnolino e un pappagallo. Ha accettato di raccontarsi nel documentario Lady Gucci La vita di Patrizia Reggianiora su Discovery + e non sconfessa nulla del suo passato. Ha trascorso 17 anni nel carcere milanese di San Vittore, ribattezzato St Victor Residence perché – dichiara lei stessa – lì stava benissimo, poteva curare anche il suo furetto.
Aveva sposato il rampollo di casa Gucci (interpretato nel film da Adam Driver) nel 1973 nella chiesa di San Sepolcro a Milano, si erano conosciuti da poco. E la sera del loro primo incontro Maurizio le aveva chiesto subito se avesse voluto diventare la signora Gucci. Le nozze furono sfarzose, ma tra i 500 invitati mancava il padre di Maurizio, Rodolfo, che considerava quella ragazzetta di 25 anni, troppo disinvolta, una sorta di arrampicatrice sociale. Figlia di una lavapiatti, ha vissuto nella periferia povera di Milano, finché è stata adottata dal secondo marito della madre, un ricco imprenditore del settore trasporti. In realtà il loro matrimonio funziona bene, hanno due figlie, Alessandra e Allegra, che oggi hanno 44 e 40 anni, e piano piano si aggiustano anche i rapporti con la famiglia, grazie alla protezione di zio Aldo che la stima e la consulta anche su questioni aziendali.
Vive una “vita incredibile”, come lei stessa la definisce: ha una penthouse di 800 metri quadrati su Fifth Avenue a New York (con Bentley più autista sotto casa), 4 chalet a Saint Moritz, una casa a Milano in via dei Giardini, organizza feste stratosferiche e frequenta il jet set internazionale. E naturalmente riceve regali bellissimi, come il Creole, il tre alberi, di cui Patrizia si innamora a Copenhagen, appartenuto all’armatore Stavros Niarchos e considerato maledetto perché qui fu trovata morta sua moglie, Eugene. Ne parla ancora lei nel documentario, proprio perché a questo veliero considerato il più bello del mondo fa risalire l’inizio della rovina.
Era il 1983 e se infatti il brand Gucci, così come tutto il made in Italy, fino a quel momento era andato a gonfie vele, improvvisamente il vento cambiò per il brand fiorentino: quando muore Rodolfo Gucci, Maurizio eredita le sue quote e poco dopo ottiene anche quelle del cugino Paolo. Estromette lo zio Aldo ma le cose cominciano a precipitare. Il brand, diventato troppo popolare per effetto delle mille licenze, è in perdita. E Maurizio vende le sue quote agli arabi. Per Patrizia fu una delusione cocente. Maurizio se ne va di casa. Ma quando lei scopre che nella vita di lui è entrata un’altra donna – una sua amica tra l’altro, Paola Franchi – rifiuta di accettare la situazione e comincia a meditare pensieri omicidi.
“Chiedevo a chiunque, anche al salumaio, se ci fosse qualcuno disposto a far fuori mio marito. Ma all’inizio non pensavo che qualcuno l’avrebbe fatto davvero. Io avevo un difetto, non sapevo prendere la mira per cui avevo bisogno che qualcuno lo facesse per me”. E qualcuno lo fece davvero.
Per quanto la Banda Bassotti fosse sconclusionata, le indagini brancolarono nel buio per mesi. Gli investigatori pensarono piuttosto da subito a una faida finanziaria, finché il commissario milanese Filippo Ninni nel gennaio 1997 alle 10 di sera, non ricevette una telefonata strana. Patrizia Reggiani e l’amica di un tempo Pina Auriemma furono arrestate insieme all’esecutore materiale, Benedetto Ceraulo e tutti i componenti della squadra.
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