Claudia Gerini e “Suburra 2”: “Sono la dark lady della Chiesa”

Claudia Gerini e “Suburra 2”: “Sono la dark lady della Chiesa”

Da queste parti è impossibile cercare eroi positivi. Claudia Gerini è l’unica donna nel mondo maschile del malaffare raccontato da Suburra. La seconda serie su Netflix, dal 22 febbraio in 8 puntate, regia di Andrea Molaioli.

Come cambia il suo ruolo?
«Sono il link tra la Chiesa e la criminalità, lavoro in un’Associazione per i diritti umani, cerco di fare soldi con i migranti. Una donna che ama denaro e potere, tra la malavita di Alessandro Borghi e Filippo Nigro, politico outsider che diventa ago della bilancia nell’elezione a sindaco di Roma».

La serie si svolge nel 2008, ed è ambientata anche nel centro della Capitale.
«Si tratta di mettere a repentaglio la sicurezza della città, di spaventare la borghesia, far capire che si deve votare bene. Se succede qualcosa in periferia, non disturba più di tanto».

Parliamo di Roma, mai così maltrattata.
«A me fanno tenerezza i turisti, accolti in una città così disgregata, sporca, sciatta, depressiva. Non saprei da dove cominciare. Non c’è manutenzione, è tutto paralizzato, nessuno che decide. Così allo sbando, Roma non è mai stata. Eppure la sto amando in maniera smodata, romantica. Hanno tentato di ucciderla in tutti i modi, ma è sempre bella».

La politica è al centro di «Suburra 2»: lei la segue?
«I Cinque Stelle continuano a fare campagna ogni giorno, Di Maio quando parla sembra che stia catechizzando qualcuno: abbiamo detto, abbiamo fatto; Salvini non ascolta, è poco illuminante. Mi fanno paura allo stesso modo tutti e due. È un momento difficile, pericoloso, di ottusità».

Sua figlia Rosa ormai adolescente, 14 anni e prossima al debutto come attrice, vede «Suburra»?
«Le ho detto di non vederla ma se ne frega. Sta aspettando la nuova serie come una manna dal cielo, è una fan scatenata di Spadino (Giacomo Ferrara che fa lo zingaro gay). Ha visto anche Baby, con lo sfondo delle ragazzine squillo dei Parioli. Alla regista Anna Negri, mia amica, ho fatto i complimenti ma le ho detto che ha dato informazioni dettagliate su certi reati che… Ma non c’è il rischio emulazione».

Il regista Fausto Brizzi è stato prosciolto dall’accusa di molestie sessuali.
«Io l’ho sempre saputo che gli piacciono molto le donne, ma non è assolutamente una persona violenta, capace di fare il male a qualcuna. Credo che avrà imparato tanto da questa vicenda. Ma il cinema è pieno di cattiveria e invidia, sentimenti che non conosco. Quando scelgono colleghe al posto mio, e mi è successo per film e serie di Archibugi e Sorrentino, sono contenta per loro. Sono una provinante tutta la vita, mi mantiene giovane».

Ma la rivalità non è alla base del suo lavoro?
«Non la capisco questa parola. È chiaro che se Virzì cerca una di 40 anni siamo lì che sgomitiamo tutte quante. Ma il lavoro non mi manca, i registi mi cercano, sono bella, la gente mi vuole bene. Non siamo atlete che devono arrivare prime. Non esiste più il divismo, che era legato a un mondo del passato; nessuna di noi sarà una Loren o una Cardinale».

In «A mano disarmata» lei sarà Federica Angeli, la giornalista che ha denunciato i crimini di Ostia e vive sotto scorta.
«È una tigre, non piega la testa. Mi ha detto: questa è casa mia, non sono io che devo andare via, sono loro che devono andarsene; se ai i miei figli non insegno la legalità e la giustizia, cosa dovrei insegnare, che vince il più forte? Sono personaggi che capitano di rado».

Vita privata: lei ha per caso tracciato un identikit del fidanzato che vorrebbe?
«Oh, finalmente posso spiegare. Mi hanno chiesto: che tipo vorresti? Uno della mia età, ho risposto. Ho avuto una persona più giovane, Andrea Preti, bella esperienza, finita, punto. Si sente prima o poi che nella vita non hai percorso gli stessi chilometri. Ma del prossimo fidanzato non so dov’è, quando avverrà, chi sarà…».

Valerio Cappelli, Corriere della Sera

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