Edoardo Leo: «Racconto uomini in crisi e amori che finiscono»

Edoardo Leo: «Racconto uomini in crisi e amori che finiscono»

« Lasciarsi un giorno a Roma». Il titolo della canzone di Niccolò Fabi è anche quello (per ora di lavorazione) del nuovo film di Edoardo Leo, la sua quinta regia. Sintetizza bene il cuore del racconto. La fine di un amore, anzi di due, lunghe convivenze che faticano a reggere la prova del tempo. E dei tempi. «Per una volta si parla della frustrazione di uomini incapaci di reggere il confronto con donne più in gamba di loro», racconta l’attore romano, tornato sul set da pochi giorni — uno dei primi a ripartire dopo il lockdown — anche come interprete al fianco dell’attrice spagnola Marta Nieto (premiata a Orizzonti 2019 per Madre), e la coppia, inedita, Stefano Fresi e Claudia Gerini, nei panni della sindaca di Roma. Prodotto da Iff con Vision e la spagnola Neo Art Producciones, uscita in sala prevista per febbraio 2021.

Di cosa si tratta?
«Al centro ci sono Tommaso, scrittore che per arrotondare cura sotto pseudonimo la posta del cuore di un giornale, e Zoe, manager di alto livello, spagnola. Stanno insieme da molti anni. Per caso un giorno lui riconosce nella lettera di una donna in crisi proprio la sua compagna. Sono felice di lavorare con Marta Nieto, grandissima attrice. Con lei recito in spagnolo».

E Gerini sindaca?
«Claudia è perfetta nei panni di Elena, una donna di potere, solida e intelligente. Due anni fa le avevo raccontato a il soggetto, che mi avevano proposto due giovani, Damiano Brué e Lisa Riccardi che hanno poi scritto la sceneggiatura con me e Marco Bonini. Ci ha messo del suo, lo chiedo sempre agli attori. Sta con Umberto, il miglior amico di Tommaso, Stefano Fresi. Il loro è un grande amore che sta finendo. Perché lui, insegnante sensibile e colto, non accetta di stare un passo indietro rispetto a lei. Si lamenta delle assenze di lei, si sente trascurato, vuole lasciarla».

Riferimenti a personaggi reali o a sue vicende personali?
«Zero. Non c’è nessun riferimento a Raggi, neanche si capisce di che partito o parte politica sia. Ci concentriamo sulla sua vicenda privata. È comunque una donna che si batte contro il maschilismo e ha a cuore i temi etici. E il tema del film è trasversale».

Pronti a girare in marzo, set bloccato dalla pandemia. Com’è ripartire?
«Seguiamo i i protocolli tra mascherine, distanziamento, misurazione della temperatura, tamponi per noi attori. Io ne ho già fatti cinque… C’è grande energia e entusiasmo, c’era molta voglia e anche molta necessità di farlo. Devo ringraziare i produttori che ci hanno concesso una settimana di lavorazione in più. Aiuta girare nella Roma romantica, piazza Navona, Colosseo, tanto lungotevere. Un piccolo atto d’amore alla mia città».

Riferimenti al Covid-19?
«Non è un istant movie ma sarebbe stato sbagliato ignorarlo. Abbiamo cambiato l’ambientazione portandola dall’inverno in estate, questa, con l’esperienza vissuta. I protagonisti ne parlano come una cosa successa, con battute tipo: “Non abbiamo comunicato, abbiamo visto serie su Netflix”».

L’impressione è che non rifugga da toni malinconici.
«Dopo film come 18 regali e La dea Fortuna avevo voglia di continuare un percorso. Lavorare con Ozpetek è stato catartico. La “cura Ferzan” mi ha spinto ad andare a fondo ai sentimenti e recuperare lo spirito del mio primo film, Diciotto anni dopo. Come un nuovo esordio. Non mi preoccupo di risultare divertente, accetto il dolore, la malinconia anche la sofferenza delle separazioni, la divisione di dischi, libri. Questo è mio, questo è tuo. Vita che va».

Perché questo tema?
«Mi interessa la complessità dei rapporti, la difficoltà degli uomini a misurarsi alla pari con le partner. Qui ci sono due donne di successo e due uomini che lo vivono con disagio. La parità mi sta molto a cuore. Parte tutto dal linguaggio. Io non sopporto più l’uso strumentale del corpo femminile. Le donne sono stanche, ma tocca a noi uomini provare a cambiare».

Come attore, dunque, basta commedie?
«Ma no. Non rinnego certo il genere. Uscirà Ritorno al crimine di Max Bruno, commedia pura. E spero di terminare una piccola grande impresa: il documentario su Gigi Proietti. Vorrei finirlo in tempo per il 2 novembre, il suo ottantesimo compleanno».

Stefania Ulivi, corriere.it

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