I tempi biblici della giustizia sono un problema. Ma se sei uno dei più importanti personaggi dello spettacolo possono esserlo ancora di più. Lo sa bene la regina del calcio in televisione Ilaria D’Amico, che ieri si è ritrovata «imprigionata» per quasi 5 ore in un’aula di tribunale, solo per confermare le accuse contro il suo ex commercialista Davide Censi, che l’avrebbe truffata sottraendole oltre 1,2 milioni di euro, destinati al pagamento delle tasse. Un’attesa interminabile solo per dire poche parole «confermo quanto ho già dichiarato nel luglio 2016» e poi ripartire nervosamente: «devo tornare a Milano, ho due figli». Maglietta beige scuro, pantalone bianco a vita alta e tacco a spillo d’ordinanza.
La D’Amico, compagna del capitano della nazionale Gianluigi Buffon, ha aspettato il suo turno senza mai incrociare lo sguardo di Censi che, appena può invece, si sfoga con i giornalisti presenti. «Non ho fatto nulla, voi dovete sentire tutte le campane». Intanto, il tempo passa. La D’Amico è composta ma spazientita e il pm d’aula prova a rassicurarla, mostrandole comprensione. Inutilmente. «Dico solo che la mia querela è del dicembre del 2013 – polemizza la D’Amico – Ma questo è il paese delle sòle. Lunga vita alle sòle. Rimango a bocca aperta, ma non è che lo scopra oggi». Parole sacrosante quelle della presentatrice, anche se, dopo il suo sfogo, alcuni rom vengono condannati per aver rubato corrente elettrica per illuminare la baracca in cui vivono. Un reato risalente a pochi mesi fa già arrivato a sentenza. Almeno per loro, giustizia in tempi record.
Marco Carta, Il Messaggero