Nel suo ultimo film, “Ghost in the Shell”, Scarlett Johansson interpreta un cyborg che ha ricevuto un trapianto di cervello nel suo corpo robotico. È donna e macchina a uno stesso tempo. Nel corso della storia, setaccia e indaga tra i suoi ricordi, reali e trapiantati, nel tentativo di scoprire quale sia la sua vera identità. “Ghost in the Shell” è una pellicola affascinante, con un tema centrale che, per certi aspetti, ricorda l’esperienza che Johansson vive nella vita reale. “Ho l’impressione di aver interpretato personaggi che sono alla ricerca della loro identità negli ultimi dieci anni”, mi dice quando ci incontriamo in un albergo di New York, una gelida mattina invernale, per una chiacchierata. “Forse, nel film c’è qualche riflesso inconscio della mia ricerca”.
Da quel che possiamo vedere, Johansson è una donna in tutto e per tutto, non un robot, ma come il personaggio che interpreta in “Ghost in the Shell” sembra proprio alla ricerca della sua vera identità. Quanto meno sullo schermo. Era schizzata alla ribalta internazionale nel 2003 con il sobrio film indipendente di Sofia Coppola “Lost in Translation”, dopo aver già brillato nei film “L’uomo che non c’era” dei fratelli Cohen e “Ghost World” di Terry Zwigoff. Dopo queste pellicole ha recitato splendidamente ne “La ragazza con l’orecchino di perla” e in tre film di Woody Allen, e a quel punto è parsa destinata a diventare una star di primo piano. Forse, addirittura, l’attrice con la A maiuscola della sua generazione.
Eppure oggi ha 32 anni e quel destino, così evidente dalle sue prime opere, non si è compiuto del tutto. Negli ultimi dieci anni Scarlett Johansson è diventata una superstar globale che riscuote compensi notevoli: si stima che le sue fortune si aggirino sugli 80 milioni di dollari. Ma a eccezione di “Under the Skin”, pellicola snervante e in buona parte muta di Jonathan Glazer nella quale interpreta la parte di un’aliena predatrice che seduce uomini in Scozia, per lo più ha sempre giocato sul sicuro, recitando in film d’azione mainstream come “Lucy” e la serie “Avengers” di Disney-Marvel o lavorando come voce fuori campo in pellicole come “Il libro della giungla” e “Sing”.
Questo nuovo film potrebbe rappresentare un passo avanti. A differenza dei suoi ruoli più marginali in “Avengers”, in “Ghost in the Shell” a Scarlett Johansson spetta il compito di portare avanti l’intera vicenda, interpretando il personaggio principale, noto come The Mayor, e di esibirsi in una performance molto più sfaccettata. Interpretare un cyborg, infatti, non è un gioco da ragazzi.
“C’è una donna che ha una certa idea di chi è. Ma è anche la persona che le viene detto di essere. E infine c’è la sensazione in fondo al suo cervello della persona che è veramente”, spiega Johansson. “Questo fantasma la perseguita, letteralmente e psicologicamente”.
Lei e il regista Rupert Sanders hanno lavorato gomito a gomito per questa pellicola, ma lei ha anche chattato spesso con il suo terapeuta. “Potrà sembrare un po’ pretenzioso, in verità, ma questo mi ha aiutato molto a capire le cose” dice ridendo. “Nel film ci sono l’Es, il super-Io e l’Io e tutti e tre concorrono all’esperienza di un’unica persona. L’idea mi ha aiutato a relazionarmi a questa esperienza personale, apparentemente ineffabile”.
La bravura di Johansson a recitare con molteplici sfumature emerge netta nella seconda parte del film, quando i ricordi umani del suo personaggio sono ricostruiti del tutto, e ispirano una scena commovente con la madre e un’altra nella quale lei allaccia un rapporto con un cyberterrorista interpretato da Michael Pitt.
“Questo film è stato estremamente logorante, a livello fisico, emotivo e professionale”, dice Johansson. “Era indispensabile una quantità enorme di disciplina e di riflessione”. Che la disciplina fisica fosse necessaria è evidente: il ruolo che ha interpretato è un ruolo d’azione fortemente energico, nel quale la vediamo arrampicarsi sui muri e scaraventare intorno a sé uomini di gran lunga più pesanti di lei. Uno degli altri personaggi, l’australiano Daniel Henshall, a un certo punto per sbaglio ha ricevuto da lei un pugno in faccia che l’ha quasi steso al tappeto. “Scarlett è una dura” osserva Sanders. “Quando picchia a sangue qualcuno, fa veramente paura”.
Come se non bastasse il ruolo così impegnativo, Johansson ha dovuto anche barcamenarsi in una tempesta sui social media, esplosa e degenerata rapidamente l’anno scorso per le accuse alla regia di aver fatto sparire un iconico personaggio asiatico.
“Ghost in the Shell” si basa su una serie manga giapponese che ha dato vita nel 1995 a un cartone animato con un folto seguito di fan fino a diventare un cult. Più di 100mila persone hanno firmato una petizione online per chiedere che la DreamWorks rigirasse il film ma, avendo investito 120 milioni di dollari nel budget, la casa cinematografica ha deciso di mantenere la propria linea.
La faccenda di per sé è discutibile. Il personaggio dei manga aveva un look molto stilizzato e un’etnia ambigua, non ben specificata, mentre molti fan giapponesi della serie hanno detto di essersi aspettati un adattamento di Hollywood con una star di Hollywood. Per Johansson si è trattato di una tempesta in un bicchier d’acqua. Dopo tutto, sostiene, il personaggio che lei interpreta è “senza identità”.
Per Johansson una lotta ben più difficile da combattere è stata quella necessaria a far quadrare e bilanciare le esigenze delle riprese con il suo altro ruolo, quello di neomamma. “Quando ho girato questo film stavo ancora allattando” dice ridendo. “È stata un’esperienza pazzesca: giravo tutto il giorno, ma prima di allattare la bambina dovevo essere sicura di essermi lavata bene le mani affinché non ci fosse alcuna traccia di polvere da sparo”.
Sua figlia Rose è nata poco prima che Scarlett Johansson e Romain Dauriac, un francese a capo di un’agenzia di pubblicità, si sposassero alla fine del 2014. (Il suo primo matrimonio con l’attore Ryan Reynolds è durato dal 2008 al 2011.) Lei e Dauriac si sono poi lasciati e sembra che il 7 marzo Johansson abbia chiesto ufficialmente il divorzio.
In ogni caso, la separazione non sembra aver influito sul suo lavoro. Una settimana dopo, infatti, Scarlett Johansson è apparsa come ospite nella trasmissione americana “Saturday Night Live”, e si è esibita in un’imitazione satirica di Ivanka Trump nello spot del finto profumo “Complicit” (connivente), di fronte a un cane parlante che scopriamo essere un fervido sostenitore di The Donald.
Quando le chiedo che cosa prova nei confronti del neo-presidente, dice: “Non è così che io e la maggioranza degli americani ci saremmo aspettati quest’anno”. A gennaio ha parlato alla Marcia delle Donne, rivelando di aver cercato aiuto quando aveva 15 anni presso uno di quegli ambulatori di pianificazione familiare che ora rischiano di essere chiusi. “Le cose sono andate in modo alquanto devastante, ma al tempo stesso il Paese ha dovuto affrontare sfide immani in passato”, mi racconta. “Come società siamo diventati davvero compiacenti. Stanno per arrivare tempi difficili, questo è sicuro, ma se ci impegneremo a superare il problema forse diventeremo abili nello sfruttare questa occasione”.
E mentre lei affronta le sue sfide, Johansson si prepara a girare il prossimo film della Marvel “Avengers: Infinity War”. Prima, però, porterà a termine la promozione di “Ghost in the Shell”, ben consapevole della posta in gioco. Se al botteghino il film avrà successo, quasi certamente ne nascerà un sequel e forse, chissà, una concessione televisiva sotto la sua direzione.
“È davvero molto entusiasmante l’idea che un film di questo genere, che si regge su un personaggio femminile, possa avere un seguito. Sarebbe una vera vittoria sotto molteplici punti di vista, pur essendo un progetto così grande e complesso da intimorire davvero”.
Tanto per cominciare, Scarlett Johansson dovrebbe continuare a lavarsi accuratamente le mani per evitare la polvere da sparo. “Essere una mamma che lavora è un dono e una condanna. Richiede doti sovrumane, forza di volontà e resistenza. In qualsiasi momento della giornata ti sembra sempre di trascurare l’una o l’altra cosa”.
Mentre continua a lavorare per affermare la sua identità sullo schermo, Johansson non ha dubbi riguardo al suo ruolo tra le pareti di casa: “Mi piace mostrare a mia figlia che sua mamma segue i suoi sogni e li realizza e che tutti possono riuscire in quello che decidono di fare. È meraviglioso sentire che per lei da questo punto di vista posso diventare un modello reale da imitare”.
“Ghost in the Shell” è uscito nelle sale in tutto il mondo il 29 marzo.
di Will Lawrence, Traduzione di Anna Bissanti, il Sole 24 Ore