L’attore, che sostiene associazioni no profit, sta girando “Copperman”
«È questa la vita che sognavi da bambino?». «È molto meglio» risponde Luca Argentero, splendido 40enne in vena di bilanci che, proprio per questo, ha ideato – insieme a Gianni Corsi e a Edoardo Leo – uno spettacolo teatrale che sta portando in giro per l’Italia dal titolo dell’omonima canzone di Jovanotti.
Con questo sguardo retrospettivo nasce il racconto di tre personaggi, tre sportivi, per lui importanti: Alberto Tomba, Luisin Malabrocca e Walter Bonatti. «Del primo avevo il poster in cameretta – racconta l’attore torinese – il secondo ha inventato la Maglia Nera scoprendo che chi arrivava ultimo al Giro d’Italia, nell’Italia devastata dalla guerra, faceva simpatia alla gente, mentre con il terzo ci sono cresciuto attraverso i racconti della mia famiglia di alpinisti. Tutti e tre si sono posti un obiettivo e la cosa che mi ha sempre colpito è come lo abbiano raggiunto».
Un po’ come Luca Argentero stesso, quasi 30 film in poco più di dieci anni dopo essere arrivato in finale al terzo Grande Fratello: «Esattamente, mi sono sempre lanciato in imprese impossibili. Studiavo Economia e Commercio ma dicevo a tutti che non volevo passare la vita in giacca e cravatta. E così ho provato in tv e poi è andata bene anche al cinema». Dove in effetti non perde un colpo. Ha da poco finito di girare Brave ragazze, l’opera seconda di Michela Andreozzi con Ambra Angiolini, Silvia D’Amico, Serena Rossi e Ilenia Pastorelli («È una commedia poliziesca in cui interpreto un commissario che insegue una banda di rapinatrici»), mentre dal 7 febbraio è nei cinema con il nuovo film di Eros Puglielli, che è un po’ una scommessa perché è una favola su un uomo che si crede un supereroe. Copperman ossia «l’uomo di rame», l’armatura con cui il protagonista, il prode Anselmo, che, da bambino un po’ «speciale» come ama ripetergli la mamma (Galatea Ranzi), cresce con questa purezza infantile alla Forrest Gump e va in giro per la città a sventare furti e violenze: «La cosa più bella del film – confida Argentero che con la sua 1 caffè Onlus sostiene molte associazioni no profit operanti nel sociale – è questo aspetto dell’handicap che diventa un punto di forza, un’arma in più. Quando ho letto la sceneggiatura ne sono rimasto estasiato ma sinceramente non pensavo che sarebbe diventato un film, perché mi sembrava troppo fuori dagli schemi del cinema a cui siamo abituati. È un po’ un sogno che si avvera. E con il film anche il mio, perché è da quando sono bambino che sogno di mettere un costume e quando mi chiedevano che personaggio avrei voluto interpretare ho sempre detto un supereroe».
Allora è proprio questa la vita che sognava da bambino.
Pedro Armocida, il Giornale