L’hip hop, insieme al latin, sono i due generi che hanno invaso il mercato musicale mondiale, in grado di sopprimere i tentativi ripetuti di pop e rock di egemonizzarlo di nuovo. Piuttosto in ritardo in Italia, il pubblico ha scoperto tutte le differenti sonorità a cui l’ascoltatore prima statunitense, poi europeo era già abituato. Una guida ai sottogeneri del rap, un percorso che va dagli Stati Uniti alla Gran Bretagna, senza dimenticare la Francia e la Germania.
L’esplosione del genere hip hop in Italia, in ritardo rispetto agli Stati Uniti, ma anche al contingente europeo formato da Francia, Germania e Inghilterra, è stata anche l’occasione per la penisola di abituarsi a un suono diverso dal boom bap tradizionale, sonorità utilizzata maggiormente dalla fine degli anni ’80. Dal 2015 in poi, la differente musicalità attribuita a differenti artisti, nostrani e internazionali, ha incominciato a essere seguita da etichette, categorizzazioni che sono riuscite a semplificare i canoni d’ascolto, e a immergere anche i neofiti in questa giungla musicale. Andiamo a scoprire le caratteristiche per ogni sottogenere hip-hop.
Cloud Rap
Il cloud rap è un sottogenere che si è affermato negli ultimi anni grazie alla scena francese, anche prima del sopravvento avvenuto sulla piattaforma streaming Soundcloud, che ha ridefinito alcuni dei crismi principali del genere. Ciò che appare udibile dal primo ascolto è l’utilizzo di beat lo-fi, con l’utilizzo di effetti elettronici come riverberi e delay, che tendono a rendere più lento anche l’attitudine dell’artista sulla traccia. A rendere più riconoscibile il genere è anche l’immaginario Vaporwave, con lo svedese Yung Lean tra i primi a racchiudere elementi astratti nella produzione e nella scrittura di un brano. Sicuramente le sonorità più note ci arrivano dalla scena francese, e in prevalenza dai Pnl, gruppo in grado di ridefinire il suono, rendendolo appetibile a livello internazionale. Se negli Stati Uniti si è arrivati a fenomeni come Post Malone, è giusto attribuire la verticalità del successo a pioneri come Lil Uzi Vert e al suo “Luv is Rage”, che insieme a “Dans le leggende” dei Pnl sono i capostipiti della sperimentazione cloud nella scena internazionale. In Italia, i primi ad adottare un suono del genere sono stati il gruppo campano Le Scimmie, formato dai rapper Vale Lambo e Lele Blade, che con l’album El Dorado hanno aperto una strada nella penisola, agganciata adesso da una buona parte della nuova scena romana, dagli Sxrrxwland ai Tauro Boys.
Drill
Per parlare di Drill dobbiamo ritornare nella violenta Chicago del 2010, un periodo storico segnato dalla crisi post 2008 e dall’aumento di vittime da armi da fuoco. In un contesto in cui le sonorità della Drum Machine 808 stavano dilagando nella Georgia, soprattutto grazie alla sovrappopolata Atlanta, Chicago risponde con la Drill, una parola che proviene dallo slang cittadino e indica un’arma da fuoco automatica. La sopravvivenza e il concetto di trappola in cui mercanteggiare diventano immagini sempre più crude, sempre più grevi: a elevare il genere arrivano Chief Keef e Fredo Santana, mentre in Europa, Londra diventa un satellite in grado di assorbire e evolvere anche la costruzione delle 16 barre, allungando le lettere finali delle parole e rendendo più ampio lo spazio sulla traccia. Headie One potrebbe essere considerato uno dei migliori interpreti del genere, ma ad aprire le strade di Londra per l’evoluzione delle sonorità ci pensa Giggs. Un’attitudine aggressiva, un linguaggio esplicito, il racconto di Londra, lontana dall’aspetto di una metropoli. In Italia, la tecnica è arrivata attraverso la Liguria, terra di drill con Tedua e Bresh, ma l’apporto cantautoriale dei due artisti per quanto elevi il concetto di scrittura, si allontana dai riferimenti di ciò che il genere suggeriva alla sua nascita.
Grime
Un sottogenere nato nei primi anni 2000 nella zona sud-est di Londra, concentratosi sulle influenze della Uk garage e della dubstep, soprattutto sull’utilizzo di drop decisi posti in corrispondenza del ritornello. Le sonorità cupe, le frequenze melodiche molto basse e l’utilizzo di beat time influenzabili dal tipo di barra dell’artista, lo rendono una delle influenze musicali britanniche più utilizzata negli Stati Uniti. Uno dei primi in Uk a utilizzare le batterie distorte, alzando in maniera decisa il numero di bpm sulla traccia sono stati il produttore musicale Wiley, accompagnato dal rapper Eskibeat. L’evoluzione arriva con Novelist e i più famosi Skepta e Stormzy, mentre in Italia uno dei primi a cimentarsi su una produzione grime è Rasty Kilo, che sulla produzione di Stabber, ha firmato il brano “Kilo Season”.
Trap
Il nome del genere arriva da “Trap House”, le case di Atlanta che negli anni ’90 hanno propiziato la diffusione delle sostanze stupefacenti in una metropoli che risiede al quarto posto come città con più densità abitativa negli Stati Uniti. I suoni arrivano dall’accelerazione dei suoni di un beat boom bap attraverso effetti elettronici e sintetici e attraverso la drum machine Roland TR-808, una delle prime a essere utilizzate. I primi nel gioco sono gli OutKast, gli Underground Kingz e i Three 6 Mafia, ma il genere arriva nelle classifiche attraverso i Migos e Gucci Mane, che portano l’elemento “mumble” nella produzione lirica a uno dei livelli più alti della scena statunitense. In Italia, le prime avvisaglie arrivano con “Il ragazzo d’oro” di Guè Pequeno, con produzioni che riescono a ricordare il suono greve e iper caricato dei bassi, ma il primo brano ufficiale della trap italiana è “Cioccolata” di Maruego con Caneda. L’esplosione della nuova scena nel 2015, con l’apice in “XDVR” di Sfera Ebbasta e “Dark Gang Trilogy” della Dark Polo Gang, evolve l’ascolto musicale italiano, rendendo il genere tra i più ascoltati nella penisola
Vincenzo Nasto, Music.fanpage.it