Mogol, spettacolo dal vivo riparte, si torna a vivere

Mogol, spettacolo dal vivo riparte, si torna a vivere

A Torino riprende tour ‘Emozioni’. “Penso a nuova gara canora”

Tornare anche al chiuso davanti a una platea a piena capienza “E’ come una liberazione. Lo spettacolo dal vivo può tornare a vivere”

Abituato da una carriera stellare ai debutti importanti, anche il grande Mogol in questi mesi di ripresa dalla pandemia confessa un nodo di emozione “Riaprire era necessario, l’importante è mantenere precauzioni come le mascherine, per la sicurezza di tutti”, sottolinea in un’intervista all’ANSA il presidente della Siae. L’occasione è la ripartenza da Torino il 13 novembre al Teatro Colosseo del tour, con le sale tornate senza limitazioni di posti, per ‘Emozioni – Viaggio tra le canzoni di Mogol e Battisti’ lo spettacolo nato due anni fa che porta uno dei protagonisti simbolo della musica italiana, in scena, insieme a Gianmarco Carroccia interprete dei brani, e a un’orchestra di 15 elementi, per raccontare il sodalizio con Lucio Battisti. “Racconto il perché di questi testi che riguardano spesso la mia vita, e alcune delle situazioni incredibili che ho vissuto. La gente si diverte, mi segue, e poi ascoltando Gianmarco, che è molto bravo, canta con lui i brani, comprende meglio tutto”. Dopo la pausa per la pandemia, ‘Emozioni era ripartito già in estate con grande successo nelle arene: “Il pubblico mi dimostra sempre grande affetto”. Fra le prossime tappe Verona (27 novembre) e Roma (15 gennaio). Pochi giorni fa Mogol ha ricevuto a Sanremo il premio Tenco, accompagnato da una standing ovation della platea: “Un’altra grande emozione, anche perché Luigi era un mio grande amico. Ho scritto con lui tre canzoni, fra le quali “Se stasera sono qui”. Chiaramente il pensiero è volato a lui e a i tanti momenti insieme. Anche a quella sera prima che andasse a Sanremo, io l’avevo sconsigliato… Tornando da Roma ci eravamo fermati in una locanda e nel buio ne parlavamo. Io avevo tre brani e non andai al Festival sperando che lui facesse lo stesso”. Molte delle canzoni che ha scritto travalicano spesso le generazioni, secondo lei hanno un elemento comune? “Ho lavorato con i più grandi, fra i quali Battisti, Cocciante, Gianni Bella, Mango, Lavezzi…. questo è importante. Poi la condizione che seguo per ottenere l’emozione è esprimere con le parole ciò che già dice la musica, utilizzando magari il senso della mia vita”. Mogol, per condividere il suo approccio ha fondato i Umbria nel 1992 il Cet, Centro Europeo di Toscolano (Carroccia è un ex allievo, ndr), luogo di eccellenza della musica popolare, “una scuola che funziona da 30 anni e per la quale siamo famosi in tutto il mondo, mi hanno chiamato anche a fare lezioni a Berkeley e ad Harvard”. Per far ascoltare “quello che creano i nostri allievi, tra i quali ci sono tanti autori e voci promettenti, ho pensato a una gara canora televisiva in tre puntate. Sto lottando per avere su una tv importante questo spazio, perché sono certo del successo. Si partirebbe con 20 canzoni, che attraverso una selezione fatta dai giornalisti, passerebbero a 12. Verrebbero presentate prima dai nostri cantanti e nella seconda serata da cantanti famosi in veste di ‘padrini’ e madrine’. Oggi a dominare le classifiche sono spesso rap e trap: “C’è del buono e del cattivo in ogni stile – commenta -. In questo caso è un genere di musica più legato più codificato per i giovani, e passa molto attraverso il web”. La incuriosisce come autore? “Accetto tutte le forme musicali, anche se la canzone senza melodia mi interessa meno”. L’impegno di Mogol per la musica passa anche attraverso il suo lavoro come presidente della Siae, che recentemente ha subito un furto di dati online: “Come abbiamo detto insieme al direttore generale Blandini non pagheremo nessun riscatto. Ci siamo attivati per far sì che eventi del genere non accadano più”. Parallelamente Mogol, che ad agosto ha festeggiato gli 85 anni, porta avanti anche le sue altre passioni, dall’architettura alla medicina: “In questo periodo sto lavorando con i più grandi medici italiani, a un progetto di prevenzione primaria, che punta a promuovere un percorso di cultura della salute, per avere le difese immunitarie integre nel caso anche dell’arrivo di altri virus”. I mesi di pandemia, racconta, “li ho potuti vivere circondato da boschi e prati, so di essere stato privilegiato in questo, ma sono sempre stato molto attento, ho sempre portato la mascherina ed ho già fatto anche la terza dose di vaccino”. 

Ansa.it

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