Kasia Smutniak debutta alla regia con un docu film di denuncia su muri e migranti. E “Mur (Walls)” è infatti il titolo della pellicola che sarà presentata in anteprima mondiale al Toronto International Film Festival il 10 settembre, il più importante Festival nordamericano del cinema e di cui Variety ha da poco pubblicato il primo trailer. L’attrice di origini polacche ha imbracciato la macchina da presa per realizzare un documentario di denuncia dei “muri” che dividono gli esseri viventi tra chi è degno di accoglienza e chi no. “Mur è nato dalla necessità di comunicare la difficile situazione al confine Polonia – Bielorussia ma alla fine si è rivelato essere un viaggio intimo e inaspettato”, ha detto la regista e attrice.
Il confine tra Polonia e Russia Il documentario scritto da Kasia Smutniak e Marella Bombini, prodotto da Domenico Procacci, Laura Paolucci e Kasia Smutniak, fa luce sulle politiche di confine del suo paese d’origine e sulla crisi dei rifugiati nell’Unione Europea. Si tratta di un diario di viaggio nel suo paese natale, la Polonia, che nel 2022, quando la Russia ha invaso l’Ucraina provocando un esodo di massa di rifugiati in cerca di asilo, si è distinto tra i paesi europei che hanno maggiormente offerto aiuti e rifugio a chi scappava dalla guerra. Paese che però è anche lo stesso che ha costruito il muro lungo l’intero confine con la Bielorussia per scoraggiare l’ingresso di migranti provenienti dalla Siria.
Il viaggio della Smutniak Anche il viaggio di Smutniak nel suo documentario è un viaggio diviso da muri: quello davanti alla finestra della casa dei nonni a Lódz, dove la regista giocava da bambina, che era il muro del cimitero ebraico nel ghetto di Litzmannstadt. E quello contro i migranti che arrivano da terre lontane attraverso il bosco più antico d’Europa, una frontiera impenetrabile in un mare di alberi, Puszcza Bialowieza, che, proprio come il mare, è un elemento nuovo per le migliaia di persone che tentano il viaggio.
Contro tutte le barriere Muri di ogni genere, quindi: alcuni insormontabili, invisibili e che dividono le persone tra esseri umani degni di simpatia e coloro che non la meritano. Muri che sono foreste, filo spinato ma che a volte si spalancano come porte aperte, come nel caso dell’accoglienza dei profughi ucraini. Nel suo viaggio grazie all’aiuto di attivisti locali e con una leggerissima attrezzatura tecnica, la regista raggiunge il confine e filma ciò che non si vuole raccontare. Cercando di riconciliarsi con il proprio passato, Kasia torna a casa con una forte consapevolezza: l’accoglienza non deve fare distinzioni, chiunque sia in pericolo va soccorso, un continente che si definisca democratico non innalza muri.