Usa, R.Kelly condannato a 30 anni di carcere per abusi sessuali

Usa, R.Kelly condannato a 30 anni di carcere per abusi sessuali

All’interprete di “I believe I can fly” è stata comminata una pena di 30 anni di reclusione per aver adescato a scopo sessuale donne e bambini. Il giudice del tribunale di Brooklyn ha accolto la richiesta della procura di condannarlo a “oltre 25 anni”. Kelly, che ha 55 anni, lo scorso settembre era stato riconosciuto colpevole 

R. Kelly, il cantante di “I believe I can fly” è stato condannato a 30 anni di prigione per aver adescato a scopo sessuale donne e bambini e per aver guidato per oltre due decenni una rete criminale a Chicago che reclutava donne sottoponendole ad abusi sessuali e psicologici. Il giudice del tribunale di Brooklyn ha accolto la richiesta della procura di condannarlo a “oltre 25 anni di reclusione”. Kelly, che ha 55 anni, lo scorso settembre era stato riconosciuto colpevole di aver adescato a scopo sessuale donne e bambini. La sua nuova squadra di difensori ha cercato fino all’ultimo di ottenere una pena meno severa invocando gli abusi che lo stesso cantante avrebbe subito anche in famiglia durante l’infanzia. Da mesi Kelly è già detenuto al Metropolitan Detention Center. Sono stati 45 i testimoni che si sono alternati alla sbarra in questi mesi, di cui 11 vittime dell’ex stella dell’R&B, il cui vero nome è Robert Sylvester Kelly.

Vittime in aula

Parecchie vittime, tra queste alcune che avevano testimoniato l’anno scorso, sono andate oggi in aula oggi per descrivere l’impatto che le azioni di Kelly hanno avuto sulle loro vite. Una delle vittime, identificata solo col nome di Angela, ha detto che R. Kelly era “un Pifferaio Magico che adescava minori con i suoi soldi e la sua celebrità”. Angela è stata la prima a testimoniare: “Con l’aggiunta di ogni nuova vittima crescevi in malvagità”, ha detto la donna guardando Kelly negli occhi: “Usavi fama e potere per allevare ragazze e ragazzi minorenni e asservirli alla tua gratificazione sessuale”. Oggi – ha aggiunto la vittima – ci riprendiamo i nostri nomi: “Non siamo più le prede che eravamo una volta”.





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