Girlboss cancellata, Amoruso: «Menomale, non sono una stronza»

Girlboss cancellata, Amoruso: «Menomale, non sono una stronza»

Netflix ha cancellato dopo una sola stagione anche la serie sulla storia dell’imprenditrice Sophia Amoruso. Ma la fondatrice dell’impero della moda Nasty Gal fa sapere che è un sollievo e spiega: «Non voglio una vita da caricatura»

Netflix dice addio a un’altra serie. Dopo Sense8, The Get Down, Bloodline e Marco Polo, il servizio di streaming americano ha cancellato dopo una sola stagione la commedia Girlboss, sulla vita di Sophia Amoruso, che nel 2006 ha fondato ad appena 23 anni l’impero online della moda vintage Nasty Gal.
La scelta è facile da capire: recensioni deludenti e probabilmente bassi ascolti (nonostante il gigante di Reed Hastings continui a non rivelare i dati). Eppure, per la Amoruso, interpretata nella serie da Britt Robertson, è stato un sollievo.
Perché hanno cancellato Sense8?
«Così quella serie di Netflix sulla mia vita è stata cancellata. Anche se sono fiera del lavoro che abbiamo fatto, non vedo l’ora di poter essere io a controllare la mia storia d’ora in poi», ha scritto l’imprenditrice sulla sua pagina di Instagram.
«Era una buono show ed è stato un privilegio lavorare con persone così di talento, ma vivere la mia vita come una caricatura è stato difficile, anche se solo per due mesi».
«Sì, può essere difficile. No, non sono una str****. No, qualcuno di nome Shane non mi hai mai tradito», ha chiarito l’ex «Cenerentola del tech», come l’aveva definita il New York Times. «Sarebbe bello poter raccontare un giorno la storia di cosa è successo negli ultimi anni. Ho imparato che la gente legge il titolo, non la correzione».
Nella serie, Sophia è ritratta come una ragazza egocentrica e fuori dalle righe, che non si preoccupa di nessuno fuorché di sé stessa: rubacchia in giro, risponde male, è arrogante. Insomma, una che non suscita di certo molta simpatia.
Quanto agli «ultimi anni» di cui parla la Amoruso nel post, è probabile che l’ex Ceo di Nasty Gal si riferisca a quello che è successo al sito di e-commerce, che nel 2016 ha dichiarato la bancarotta. Per quella parte, servirebbe un’altra serie e, forse, non una commedia.

Vanity Fair

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