LA BREXIT INVESTE ANCHE LA TV

LA BREXIT INVESTE ANCHE LA TV

Serie, film e documentari potrebbero avere gli stessi paletti riservati ai contenuti extra Ue. Penalizzato tutto il sistema produttivo d’Oltremanica

Downton AbbeyLe regole europee sull’audiovisivo e il digitale fissano dei paletti circa la trasmissione di contenuti «prodotti in Europa» finalizzati a promuovere l’industria audiovisiva continentale e a non restare intrappolati in una monocultura di stampo Usa.
L’uscita della Gran Bretagna dalla Ue, a questo punto, apre però nuovi scenari su tali fronti.
Al momento, infatti, le norme impongono alle emittenti tv dei paesi membri di riservare almeno la metà del proprio tempo di trasmissione (al netto di notiziari, eventi sportivi, pubblicità ) a opere europee (Ue); e almeno il 10% del tempo di trasmissione a opere europee realizzate da produttori indipendenti, requisito che gli Stati membri possono rimpiazzare con l’obbligo d’investirvi il 10% del bilancio destinato alla programmazione.
Inoltre il testo della nuova direttiva sul digitale e gli over the top (non ancora approvato) introduce paletti anche per i cataloghi delle offerte in streaming a pagamento, tipo Netflix o Amazon, cui si richiede di avere, nella proposta titoli destinata a clienti europei, almeno il 20% di prodotto del Vecchio continente.
Il più grande produttore europeo di contenuti audiovisivi è, tuttavia, la Gran Bretagna. Dove, pure sulla spinta delle major Usa, è nato un forte polo dello show business per dare ai contenuti prodotti il marchio Ue.
Ma, in caso di effettiva Brexit, le serie tv, i film e i documentari britannici non potrebbero più essere considerati, automaticamente, europei.
Questo, quindi, potrebbe penalizzare tutto il sistema produttivo d’Oltremanica, che troverebbe qualche difficoltà in più nel mercato di sbocco continentale.
Serie tv come The night manager, The honorable woman, Sherlock, Doctor Who, Downton Abbey, Outlander, Black mirror, Luther, Utopia, Misfits, o grandi film come la saga di 007, quella di Harry Potter, le opere di Danny Boyle o di Ken Loach, i più recenti Shame, La talpa, I love radio rock, The Queen, Il discorso del re, Marigold hotel, per fare solo alcuni esempi, diventerebbero prodotti extra Ue in tutto parificati alla produzione Usa. Senza più godere, quindi, dei benefici comunitari. E a quel punto anche le grandi major potrebbero decidere di chiudere gli studios britannici e riportare tutta la produzione negli Stati Uniti.

Claudio Plazzotta, ItaliaOggi

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