Storie di Luca Zingaretti – Raccontami una storia, stasera in prima serata su Sky Tg24

Storie di Luca Zingaretti – Raccontami una storia, stasera in prima serata su Sky Tg24

Dalle sue più famose interpretazioni alle sue più grandi passioni, nella nuova puntata del ciclo di interviste dedicate al mondo dello spettacolo l’attore e regista, protagonista della serie tv Sky Original, Il Re (su Sky Atlantic e NOW tutti i venerdì alle 21:15), si racconta al vicedirettore Omar Schillaci 

È Luca Zingaretti il protagonista della nuova puntata di Stories, il ciclo di interviste ai principali interpreti dello spettacolo di Sky TG24 . Ospite del vicedirettore della testata Omar Schillaci, l’attore e regista si racconta in “Luca Zingaretti – Raccontami una storia”, in onda mercoledì 30 marzo alle 21 su Sky TG24, sabato 2 aprile alle 13.15 su Sky Arte e sempre disponibile On Demand. Con la regia di Francesco Venuto, l’intervista ripercorre, attraverso alcune delle sue più famose interpretazioni – da Ottorino ne “Il Branco” a Salvo Montalbano e Demetrio Perez –, la vita professionale dell’artista due volte vincitore ai Nastri d’Argento, oltre a raccontare un amore che “ha assorbito molto le mie attività” fin dall’età di sei anni: il calcio e, di conseguenza, la Roma. “Giocavo mediano, avevo una grande capacità polmonare e non stavo mai fermo. Tatticamente e strategicamente avevo una grande testa”, anche se, “purtroppo, i piedi non mi assistevano. La febbre del sabato sera non l’ho proprio conosciuta fino ai 22 anni, ero devoto al calcio. Posso dire che in un certo senso mi abbia salvato la vita, perché mi ha tenuto lontano dalla strada, da tante piccole cose, e soprattutto mi ha insegnato la disciplina”. Ancora adesso “è la mia grande passione, se vedo dei bambini che tirano calci sotto casa chiedo se posso unirmi a loro”. 

È la serie Sky Original ‘Il Re’ – le nuove puntate il  venerdì alle 21.15 su Sky Atlantic e in streaming su NOW, e sempre disponibili on demand –  l’ultima ‘fatica’ attoriale di Luca Zingaretti.

Un prison drama, tra i primi del genere in Italia diretto da Giuseppe Gagliardi, che vede l’artista romano protagonista nei panni di Bruno Testori, controverso direttore di un carcere di frontiera, sovrano assoluto di una struttura (il San Michele, dove vengono rinchiusi i più pericolosi criminali del Paese) in cui nessuna delle leggi dello Stato ha valore, perché il bene e il male dipendono unicamente dal suo giudizio. Non è un “cattivo tout court – ha detto l’attore –, ma un uomo che pensa di avere una missione, e forse anche un’ossessione per questa missione, e che nel suo cammino, in qualche modo, si perde. In certi aspetti, senza voler fare dei paragoni pericolosi e irrispettosi, mi ha ricordato un po’ il colonnello Kurtz di ‘Apocalypse Now’”. Bruno Testori “è un po’ la parte oscura di ognuno di noi. Ha perso la bussola riguardo quelli che sono i suoi comportamenti, e su come eticamente si dovrebbe schierare un direttore di un carcere che è, comunque, sempre un servitore dello Stato”. Nella serie, tra le varie tematiche, si va ad esplorare un territorio sconosciuto, quello dell’esercizio del potere all’interno di un “luogo dove tutti i conflitti sono rinchiusi in una sorta di ring. È tutto lì, è tutto compresso: è come osservare delle reazioni chimiche o cellulari con un microscopio, e questo per chi fa questo mestiere, cioè di raccontare storie, è una grande chance”. In un universo di questo tipo “non si capisce quale sia la giustizia, se data, divina o dell’essere umano: giochiamo molto su questi confini, e sulla stessa labilità di questi ultimi”.

Vorrei sempre raccontare delle storie che mi piacerebbe sentirmi raccontare”. Che sia in teatro, al cinema o in tv, che ricopra il ruolo di attore piuttosto che di regista, è questa frase a racchiudere il leitmotiv che accompagna la carriera di Luca Zingaretti. Lo stesso artista ha spiegato di andare in giro alla ricerca di storie di cui magari scovare i diritti, per poi trasformarle in progetti. Un po’ come quando, entrato in un libreria per vedere le ultime novità (“come spesso mi capita”), comprò un libro di Camilleri dedicato a Montalbano, e, “quando lo lessi, impazzii. Era un personaggio strepitoso. Volevo comprarne i diritti ma all’epoca non c’avevo una lira, e soprattutto non avrei saputo cosa farmene perché non ero ancora nessuno. Adesso le cose sono cambiate, ma allora ci voleva un nome per chiudere un progetto”. Comunque “di solito la storia che mi accende tout court è l’uscita dal tunnel, cioè quella di un  personaggio che ad un certo punto, in un momento difficile della sua vita, sta quasi per soccombere o comunque è piegato in due, ma succede qualcosa grazie alla quale trova la forza” per reagire. “Ma non solo questo. Penso che di storie interessanti ce ne siano tante, e quando ne trovo una che mi sembra sia giusta per spiccare il volo allora tento di mettere su un’operazione”.

Nel corso dell’intervista si è anche parlato di diversi, coinvolgenti, soggetti che Luca Zingaretti ha avuto modo di portare in scena, piccolo o grande schermo che fosse. Interpretazioni, molto diverse tra loro, di personaggi spesso realmente esisti. Come ne “Alla luce del sole” con don Pino Puglisi – prete ucciso dalla mafia a Palermo nel 1993 -, sul quale Zingaretti si è soffermato perché è “uno di quei personaggi che ti lascia, quando capita di interpretarli, un senso di grande inadeguatezza. Studiando la vita e quello che questi uomini hanno fatto” si capisce quanto il loro esempio sia stato “gigantesco in termini di ciò che hanno dato alle persone che frequentavano e a cui stavano vicino. E nel caso di don Puglisi al gregge, che lui considerava come suo. Era un uomo che ha fatto una battaglia pazzesca in un territorio pericolosissimo, che amava la vita, donandola agli altri come esempio per tantissimi”. O ancora come Giorgio Perlasca, commerciante di carni e fascista convinto, che vedendo l’SS portare via dei bambini decise, nell’inverno del 1944-45, di “mettere a rischio la sua vita per delle persone che nemmeno conosceva. Un’interezza, questa, un’autenticità, una forza, che apparteneva ai nostri nonni e che, forse, non ci appartiene più”. Ma comunque “una cosa verso cui non possiamo non provare una nostalgia struggente”.

Infine una chiusura sulla ‘storia’, intesa come scienza degli uomini nel tempo, ed in particolare sul ‘Risorgimento’, altra passione che Zingaretti ha rivelato durante la chiacchierata. Di quegli anni “in Italia ne sappiamo pochissimo”. Poi “è sempre l’ultima parte del programma scolastico al quinto anno, e non ci si arriva mai bene. Noi italiani non abbiamo mai saputo fare bene i conti con la nostra storia, per questo credo sia ancora, nonostante tutto, un periodo controverso: siccome credo sia meraviglioso, ma al tempo stesso anche molto doloroso per la storia del nostra Paese, allora lo si è dimenticato”, quasi messo da parte. Invece “andrebbe veramente conosciuto, anche perché è lì che si crea l’unità d’Italia: tante volte ci lamentiamo di non aver senso della Patria, e questo perché non sappiamo quanto sia costato lo stare insieme e il riunirci sotto un’unica bandiera”.

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