Mita Medici traccia un ricordo del grande Franco Califano, a cinque anni dalla scomparsa

Mita Medici traccia un ricordo del grande Franco Califano, a cinque anni dalla scomparsa

Franco Califano è stato e sarà la voce poetica, sanguigna, ironica e sorprendente dell’aristocrazia popolare, delle persone vere e veraci, dei timidi e degli sfacciati, degli appassionati e dei malinconici. Ispirato e per questo amato dalle donne, ammirato dagli uomini, per alcuni addirittura un maestro”: Mita Medici, parlando con l’ANSA, ricorda il grande cantautore scomparso cinque anni fa e aggiunge: “Franco è tato semplicemente una persona vera, con la sua forza e le sue debolezze che è riuscito a trasformare in Poesia”. Nonostante i tantissimi flirt veri o presunti attribuiti al cantautore, il legame sentimentale con Mita ha sempre avuto un posto speciale nel cuore di Califano che ne parlava come della donna più importante della sua vita. Un sentimento sincero ricambiato con tenerezza da Mita che confida: “Per me oltre che un primo dolcissimo amore, Franco è stato un amico sincero e discreto per tutta la vita”.

Cita Paolo Conte, che lo ha riconosciuto come allievo, il cantautore Enrico Giaretta, pianista e ‘figlio d’arte’ di Franco Califano: “’Il maestro è nell’anima e dentro l’anima per sempre resterà’. Questa era la nostra canzone e questa frase con nessun’altra raccoglie tutto il senso della vita di un grande uomo con il quale ho condiviso 23 anni di vita”. Giaretta racconta Califano così: “Un Bufalo al quale piaceva scartare di lato e cadere, come dice un capolavoro di Francesco De Gregori, un uomo gentile che ha insegnato a me ed altri il rispetto per le donne in un tempo dove ci sarebbe bisogno di uomini come lui. Gli devo molto”, aggiunge Giaretta, che aprirà i concerti del tour di Jack Savoretti e che sogna un omaggio al maestro con l’orchestra sinfonica e Fiorello “che lui adorava al di sopra di tutti”.

Artista fuori dagli schemi, playboy romantico e mascalzone, autore ironico, disincantato e malinconico, talvolta cinico, individualista e allergico al perbenismo, ma soprattutto cantore e poeta, amato e spesso snobbato, della sua Roma: Franco Califano se ne andava il 30 marzo di cinque anni fa, nella sua casa ad Acilia.

‘La musica è finita’, ‘Io nun piango’, ‘Minuetto’, ‘E la chiamano estate’, ‘Tac’, ‘L’ultimo amico va via’, ‘Un’estate fa’, ‘Una ragione di più’, ‘La mia libertà’ fino al pezzo-manifesto ‘Tutto il resto è noia’: che piaccia o no il personaggio del Califfo, di Franco (che gli amici e i fan chiamavano affettuosamente ‘il Maestro’) restano canzoni immortali. E, dopo la sua scomparsa, anche una strada, una fondazione e un museo che racconteranno di lui a chi non lo ha conosciuto e a chi lo ha incrociato o gli ha voluto bene.

Personaggio controverso, che non ha mai fatto mistero dei suoi vizi e delle sue debolezze, è stato protagonista di una vita da romanzo, tra colpi di scena ed esperienze forti come il carcere, con un primo arresto nel 1970, coinvolto con Walter Chiari (poi assolto) in una vicenda di droga e poi nel 1983, di nuovo accusato di possesso di stupefacenti e in questo caso anche di armi nella vicenda che vide in manette anche Enzo Tortora (assolto con formula piena).

“Neanche un processo con il mio nome”, sdrammatizzava, amando follemente, oltre alle donne, la sua Inter e, inaspettatamente, una figura intransigente e conservatrice come quella di Papa Ratzinger.

La terza vita del ‘Prevert di Trastevere’, l’ultima, la più difficile, è stata raccontata anche in un film di Stefano Calvagna in cui a dare voce e volto al ‘maestro’ è Gianfranco Butinar. Mentre Paolo Silvestrini e Antonio Gaudino, con la prefazione di Vincenzo Mollica, hanno dedicato a Franco Califano un volume dal titolo ‘Un attimo di vita’. Il comune di Ardea, invece, dove il cantautore è sepolto dietro la targa ‘Non escludo il ritorno’, ospita, con la complicità della Siae, una fondazione ed una sorta di casa-museo, ricostruita, con memorabilia, oggetti e testi del Califfo.

Giorgiana Cristalli, ANSA

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