PAOLA FERRARI: «LE SURROGATE NON SONO PROSTITUTE»

PAOLA FERRARI: «LE SURROGATE NON SONO PROSTITUTE»

«Non è vero che la gravidanza è il periodo più bello per una donna». La conduttrice, due figli naturali («con grandi difficoltà»), ne sa qualcosa. Per questo è volata in America a conoscere le donne che «prestano» l’utero. E ha capito che le cose sono un po’ diverse da come le descrivono da noi

paola ferrariArriva ondeggiando sui tacchi, i capelli da Barbie, il vestito aderente che contiene a stento il seno esplosivo. A 55 anni Paola Ferrari non rinuncia alla sua femminilità, e per questo è spesso oggetto di scherno: accusata di ritoccarsi nelle foto, di pretendere luci «antirughe» in Tv, di ostentare una bellezza vistosa. Lei se ne frega, va dritta per la sua strada, e basta parlarle cinque minuti per capire che, se si mette in testa una cosa, difficilmente ci rinuncerà. Ha conquistato e difeso con le unghie un suo posto nel mondo maschile e maschilista dei commentatori di calcio (oggi conduce 90° minuto su Raidue). Ha sposato uno scapolo d’oro, l’imprenditore Marco De Benedetti, da cui ha avuto Alessandro, 17 anni, e Virginia, 16. Il matrimonio dura da 19, anche se lei non si è mai comportata da placida first lady: ha continuato a lavorare, a criticare, nel 2008 si è persino candidata in politica – lei nuora dell’Ingegner Carlo, presidente del Gruppo L’Espresso – con La Destra di Storace e Santanchè. «Il nostro segreto è saper mantenere spazi propri, e discutere di tutto, anche animatamente».

De Benedetti le telefona durante il nostro incontro. Il tempo di dire: «Sto facendo l’intervista che ti ho detto, ti richiamo dopo», e lei subito riattacca. Nata da una famiglia semplice, Paola è una combattente. Dice quello che pensa senza filtri né paura delle conseguenze. Anche quando il tema è delicato come quello dell’intervista che state per leggere: la maternità surrogata.

Da dove iniziamo?
«Dal salotto di Porta a Porta dove tocca sentire due donne politiche importanti, l’aspirante sindaco di Roma Giorgia Meloni e il ministro della Salute Beatrice Lorenzin, la prima incinta e la seconda madre di due gemelli, augurarsi la prigione per chi ricorre all’utero in affitto. Viviamo in un Paese dove in galera non va più nessuno: ci dovrebbero andare donne la cui unica colpa è desiderare un figlio?».

È un percorso abbastanza estremo, ne converrà.
«Ne sono consapevole, infatti sono per consentirlo solo se regolamentato. Vietarlo o renderlo reato danneggia le donne che hanno importanti patologie e per le quali è l’unica strada per diventare madri. So di che cosa parlo, perché nel mio piccolo ho avuto dei problemi. E oggi che ho due figli e conosco la gioia non mi sentirei di negarla a nessuno.
(…)

Diceva che è stata malissimo: che cosa è successo?
«Da sempre soffro di cefalea cronica grave. Devo prendere ogni giorno farmaci pesanti per prevenire attacchi che, se partono, possono durare anche 40 giorni di fila. Non tutte le cefalee passano in gravidanza, ma quei farmaci non si possono prendere quando aspetti un figlio. Ho passato nove mesi con dolori allucinanti, al buio, il ghiaccio sulla testa. Quando proprio non ce la facevo più, il ginecologo mi ha autorizzato a prendere il farmaco due o tre volte al mese. Immagini lo strazio di una decisione del genere: ti senti morire dal male ma hai paura di danneggiare il bambino, ti fai mille paranoie. E alla fine infatti, purtroppo, entrambi i miei figli sono nati con malformazioni. Alessandro alle vie urinarie: si è fatto un anno di antibiotici prima di essere operato a 15 mesi. Virginia al cuoio capelluto. Cose che poi si sono rivelate non gravi. Ma quando senti il medico dire che probabilmente ci saranno altri problemi, da madre non passi bei momenti».

Vanity Fair

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