I gruppi televisivi pronti a giocare al ribasso per aggiudicarsi la trasmissione della Serie A. Il rischio è incassare il 30-40% in meno rispetto al passato
di Claudio Plazzotta, ItaliaOggi
La Lega Serie A è molto preoccupata. Non tanto per la bocciatura, da parte di Antitrust e Agcom, delle linee guida per la vendita centralizzata dei diritti tv della Serie A di calcio per il triennio 2018-2021. Quanto perché, a oggi, non riesce a trovare una via di uscita per poter incassare dalle media company almeno un miliardo di euro all’anno, come nel precedente triennio 2015-2018.
Il rischio, cioè, è che i club italiani si trovino con incassi da diritti tv ridotti del 30-40% nei prossimi anni, con pesanti conseguenze sui bilanci delle società sportive, che proprio nei diritti tv vedono la più importante voce in entrata.
Per il triennio 2015-2018 Sky aveva versato alla Lega Serie A 572 milioni di euro all’anno per i diritti pay satellitari su tutte le partite del campionato italiano. Mediaset Premium, invece, aveva versato 373 milioni di euro all’anno per i diritti pay sul digitale terrestre dei match di otto squadre (comprese tutte le più importanti) e altri milioni di euro per diritti ancillari (interviste, immagini dagli spogliatoi, immagini di repertorio), avvicinandosi, quindi, a quota 400 milioni all’anno. Una cifra che il cfo del gruppo Mediaset, Marco Giordani, ha in seguito e più volte definito «esagerata e alta rispetto alla qualità del prodotto acquisito», e comunque una cifra «molto più alta» e fuori mercato rispetto a quella che la stessa Mediaset aveva invece pagato per l’esclusiva assoluta sui match di Champions league (220 milioni di euro all’anno).
Alla prossima asta per i diritti 2018-2021 della Serie A, parteciperà sicuramente con grandi ambizioni il gruppo Sky, che ben sa come le partite di campionato siano strategiche nello stimolare il rinnovo degli abbonamenti alla piattaforma pay. Mediaset ha annunciato l’intenzione di partecipare alle aste, ma senza fare pazzie, poiché i diritti tv del calcio non saranno più una stella polare di Premium. Già sicuro, quindi, che il salvadanaio del Biscione destinato a eventuali aste si è di molto svuotato rispetto al passato.
Il problema della Lega Serie A è che non riesce a trovare un adeguato competitor per sostituire Mediaset, stimolare la concorrenza e fare alzare i prezzi alla prossima asta.
Potrebbe partecipare pure Fox Italia, in ovvia e stretta sinergia con Sky, e quindi senza prospettive di pesanti rilanci.
Da molte parti stanno provando a tirare per la giacchetta il gruppo Discovery Italia. Un gruppo con un business orientato, in Italia, sulla tv in chiaro, e che, a sua volta, non intende fare pazzie, né tantomeno realizzare canali calcio a pagamento da veicolare su Sky o su Premium. In realtà Discovery attende di capire quali saranno i vari pacchetti dell’offerta Serie A, per concentrarsi, eventualmente, su quelli che mettono a disposizione una partita in chiaro in esclusiva, da trasmettere sui suoi canali free to air. Un po’ come ha fatto in Germania, dove, con un investimento attorno ai 70 milioni di euro all’anno, si è aggiudicata l’esclusiva in chiaro di un match della Bundeslinga trasmessa su Eurosport (che in Germania è un canale free to air).
Probabile che un po’ di battaglia ci sarà se verranno strutturati alcuni pacchetti in chiaro, con esclusive sulle quali c’è grande interesse da parte di Mediaset, Rai e, come detto, dalla stessa Discovery. Tuttavia è dai pacchetti pay che arrivano i veri soldi. E in realtà, a questi prezzi, i diritti tv della Serie A non sono un affare. Da sempre. Strapagando i match sono andati a rotoli sia Telepiù, sia Stream, poi fusi in Sky Italia. La stessa Sky Italia, che ha ovviamente contenuti molteplici che vanno oltre il semplice calcio, non è certo una azienda molto redditizia. Chi ha provato a fare concorrenza a Sky sul calcio in pay, come Telecom Italia Media quando controllava La7, o Dahlia Tv, ha chiuso i battenti. E Premium è stato un bagno di sangue da sempre, nonostante il suo scopo principale non fosse tanto economico-finanziario in sé, ma più politico, come ostacolo alla minacciosa crescita di Sky.
Di nuovi broadcaster tv disposti a strutturare offerte pay sul calcio, insomma, non se ne vedono all’orizzonte. E neppure dagli over the top, che hanno come mercato il mondo, c’è molto interesse su diritti tv sportivi domestici e su un prodotto come la Serie A che si è di molto svilito negli anni (quest’anno, per dire, a gennaio sono già note le tre squadre che retrocederanno e almeno altri dieci club non hanno più obiettivi di qui alla fine del torneo).
In sostanza, se Sky dovesse trovarsi da sola a fare offerte sui pacchetti pay più importanti, per la Lega Serie A e il calcio italiano sarà un dramma.
La Lega potrebbe organizzare una propria piattaforma pay e occuparsi, con Infront, della sua commercializzazione. Ma questo è un argomento che la Lega Serie A tira sempre fuori in prossimità delle aste, con la speranza di poterlo però riporre nel cassetto nel più breve tempo possibile.