L’attesa, almeno per gli spettatori italiani, è stata lunga, addirittura estenuante. Il famoso film su Freddie Mercury, che già aveva avuto una sua lunga e tortuosa gestazione – ci è voluto quasi un decennio di false partenze, cambiamenti continui di cast, regista e sceneggiatori per completarlo e arrivare ai titoli di coda – sarà nelle nostre sale il29 novembre. Negli Stati Uniti era già uscito il 2, nel Regno Unito addirittura il 24 ottobre. Da noi arriva a due giorni dalla Giornata mondiale contro l’AIDS (1 dicembre), ma è solo un caso. Anche se sì, certo, Freddie Mercury di Aids è morto, a 45 anni, il 24 novembre del 1991, rivelando al mondo di essere malato appena quarantott’ore prima. Personalità esplosiva, già leggenda della musica e del rock con i Queen, Mercury – pseudonimo di Farrokh Bulsara, questo il suo vero nome – diventò poi anche un po’ il simbolo della lotta al virus dell’Hiv, essendo stato uno dei primi, più famosi, sieropositivi della storia.Di Aids, nonostante la mancata citazione nel trailer che tanto ha fatto indignare i fan, si parla anche nel film. Ma è meglio dire che se ne «accenna», un po’ come il resto: le origini parsi e l’infanzia a Zanzibar (mai menzionata); la famiglia di religione zoroastra che dall’India si era trasferita in Gran Bretagna e inizialmente non vedeva di buon occhio quello che Freddie stava diventando; il legame con la (ex) fidanzata e poi amica di vita, Mary Austin; il rapporto turbolento con i manager e i compagni di band; l’ammissione della propria (bi)sessualità; la scoperta della sieropositività. La sceneggiatura è stata scritta da Peter Morgan, autore di The Queen e Frost/Nixon – Il duello, riscritta da Anthony McCarten (La teoria del tutto e L’ora più buia), infine ulteriormente ritoccata. E di questo forse un po’ sul grande schermo si risente. Date le numerose sfaccettature (e spigolature) del personaggio, forse sarebbe stato più efficace dedicarsi a un biopic «mirato», come ha fatto in Neruda e Jackie il regista Pablo Larraín, piuttosto che perseguire la completezza invano. Il film racconta infatti l’intera epopea di Freddie Mercury, da inserviente all’aeroporto di Heathrow a star della musica globale, ma ne sacrifica la complessità. Anche a causa della sua lunga genesi, Bohemian Rhapsody di Bryan Singer ha alimentato grandi attese: Oltremanica e Oltreoceano c’è chi ne è rimasto entusiasta e chi profondamente deluso. E siamo certi che sarà così anche da noi. Che, dopo averlo visto in anteprima, abbiamo provato a tirare le somme, nella gallery in alto >>
Raffaella Serini, Vanity Fair