Non solo i servizi di streaming avranno quote obbligatorie di investimento e programmazione di opere europee e italiane a partire dal prossimo anno, come i broadcaster tradizionali, ma dovranno anche pubblicizzarne la presenza nei propri cataloghi in varie forme. L’Agcom ieri ha messo a consultazione la nuova versione del regolamento in materia di obblighi di programmazione ed investimento, un atto necessario dopo che lo scorso governo era intervenuto con un decreto questa estate per modificare la legge Franceschini mitigando alcuni obblighi per broadcaster e ott.
Nel regolamento appena cambiato, resta l’obbligo per i servizi on demand stabiliti in Italia di avere una sezione dedicata alle opere europee (e quindi a quelle italiane) nella pagina principale di accesso della piattaforma, oppure una specifica categoria per la ricerca di questi contenuti. Tutto ciò indipendentemente dall’algoritmo con cui la piattaforma suggerisce all’utente cosa guardare sulla base delle sue preferenze. Anzi, lo stesso algoritmo potrà essere utilizzato per suggerire almeno una quota di contenuti europei e italiani.
Si tratta della cosiddetta «prominence» prevista dalla direttiva europea sui servizi media audiovisivi. Il motivo di questa previsione è che anche se si prevedono quote riservate nei cataloghi degli ott, le serie o i film europei a cui si riferiscono si ritroverebbero immersi nel resto dei titoli dell’offerta e la loro presenza potrebbe passare inosservata per gli utenti. In realtà, comunque, già oggi i servizi in streaming propongono categorie di contenuti italiani in home page pur senza obbligo e per l’attrattività che hanno per molti spettatori.
Oltre quanto detto prima, il provvedimento dell’Agcom stabilisce che le opere europee debbano essere pubblicizzate dagli ott riservando anche in questo caso una quota all’interno della comunicazione fatta normalmente.
Ma com’è che si controlla tutto ciò? Nel regolamento si trova una tabella con il punteggio per ciascuna attività prevista dagli ott che dovranno raggiungere una votazione minima per passare il vaglio dell’Agcom.
Tornando al regolamento in generale, con la consultazione gli operatori avranno tempo 30 giorni per comunicare le proprie osservazioni dopodiché da gennaio si parte con le nuove regole che impongono ai servizi lineari (la tv tradizionale broadcast) di avere la maggior parte della programmazione dedicata alle opere europee (con una sottoquota italiana) e anche di investire un minimo del 10% dei propri ricavi acquistando o producendo contenuti di produttori indipendenti sempre europei (anche qui con sottoquote italiane).
I servizi on demand (sempre se stabiliti in Italia), invece, avranno l’obbligo di avere nel proprio catalogo almeno il 30% di opere europee realizzate negli ultimi cinque anni, conteggiate per titoli e non per ore come nella precedente versione, con almeno la metà di questa quota riservata a opere di espressione originale italiana.
Tutti i vod, invece, compresi quelli non stabiliti nella Penisola (come per ora Netflix) hanno obblighi di investimento: 12,5% degli introiti provenienti dall’offerta in Italia che potrebbe essere innalzato fino al 20% nel caso la società non abbia sede e dipendenti nel nostro paese. In particolare, specifica il regolamento, se l’ott ha sede operativa in Italia e almeno 20 dipendenti non ci sarà aumento della quota, se invece ha meno di 20 dipendenti l’incremento sarà di 1,5 punti, per arrivare al 14%. Se infine non ha nemmeno una sede italiana dovrà investire il 15,5% dei ricavi, ovvero 3 punti in più rispetto agli ott virtuosi.
Andrea Secchi, ItaliaOggi