È partito dalla cucina, è approdato in tv, ora debutta pure al teatro d’opera. Del resto Antonino Cannavacciuolo il fisico da tenore ce l’ha: «Io ho il fisico da cuoco — corregge lui ridendo e se potesse sfodererebbe la sua celebre pacca ammazza-cuochi —. Io non sono grasso, ho il fisico che deve avere uno che sta sempre in cucina». Domenica 10 novembre lo chef debutta al Teatro Coccia di Novara con Mettici il cuore, nuovo format di cucina applicata al canto, un’Opera Live Cooking che vede al centro della scena la cucina di Cannavacciuolo e un gruppo di personaggi pronti a prendere lezioni da lui: Samantha, una ricca signora che si divide tra centri benessere e il suo Suv, regolarmente parcheggiato in doppia fila; Narciso, un aspirante food blogger, social-addicted, col vizio di non staccarsi mai dal suo smartphone; Furio, un ingegnere di mezza età che attraverso la cucina spera di ricrearsi una nuova vita; Rudy, studente fuori corso.
Se i cantanti si stanno allenando (anche) a cucinare, Cannavacciuolo sarà sul palco a declamare la sua ricetta più celebre: «Le linguine con calamaretti spillo e salsa di pane di segale: è il piatto che mi ha fatto conoscere; il mio menù cambia ma questa ricetta è lì da 20 anni». La popolarità della cucina — e anche la sua — è esplosa grazie alla tv: «Prima il nostro era considerato un lavoro di serie B, anche se i grandi alberghi avevano una tradizione di ristorazione di alto livello, con grandi chef che erano già star e guadagnavano tanto. La televisione ha allargato la platea. Ma per quanto mi riguarda la considero semplicemente un mezzo: il successo mi ha permesso di investire nel mio lavoro, nelle attrezzature in cucina, sul personale da formare». Qual è la cosa che la irrita di più in cucina? «Il menefreghismo. Mi girano proprio quando vedo certi atteggiamenti superficiali perché in cucina bisogna stare sempre concentrati. Se sbagli con il cuore mi va bene, ma se sbagli perché vuoi fare il furbo divento una furia».
L’accusa agli chef che fanno tv è che stanno poco in cucina, ma lui — che si divide tra tre programmi (MasterChef, Family Food Fight e Chef Academy) — rispedisce le critiche al mittente: «Io sto sempre nel mio ristorante a Villa Crespi (a Orta San Giulio, in provincia di Novara). Chef Academy l’ho girato a 10 minuti da lì; mi organizzo sempre così, in modo da poter tornare sempre in cucina: perché è lì che devo stare. E poi c’è la percezione distorta generata dalle tantissime repliche: sembra che sei da tre mesi in tv, ma hai registrato solo per due giorni». Gorgonzola, pasta, caffè: Cannavacciuolo ha fatto il testimonial per diversi prodotti, ma anche in questo caso la manata di dissenso arriva puntuale: «La mia è sempre una scelta mirata, sponsorizzo prodotti che mi piacciono. Per dire: le pentole a pressione Lagostina si usano dall’800, sono indistruttibili».
Il suo ristorante ha appena conquistato il terzo posto nella classifica dei migliori al mondo (il premio Tripadvisor Travelers’ Choice Restaurants 2019): «È una soddisfazione che mi sono già dimenticato, l’obiettivo è sempre fare meglio, nel nostro lavoro è una sfida tutti i giorni: più sali e più i giudizi diventano giustamente severi, è un attimo passare dal migliore al peggiore; basta una manciata di sale in più e ti dicono che non sai cucinare». La sua ricetta umana qual è? «Ascoltare sempre. I clienti e la squadra dei miei cuochi. Magari pensi che un’idea sia buona, ma poi devi sentire se il gusto che hai immaginato piace anche agli altri. Non puoi essere solo io, io, io…».
Renato Franco, Corriere.it