Espatrio vietato all’uomo più ricco del Paese: possiede il gruppo Wanda
Per bloccare lo sport di mezzo mondo ormai basta fermare il volo di un aereo privato. Ma soprattutto per spaventare il calcio italiano basta impedire a un solo uomo di salirci.
È quello che è successo in Cina qualche giorno fa, all’aeroporto di Tianjin, dove Wang Jianlin stava partendo per Londra con la sua famiglia: da quelle parti, si sa, certe cose si fanno con discrezione con tanto di smentita al seguito; ma nonostante il commento alla notizia uscita ieri in tutto il mondo («È una vera sciocchezza»), sembra proprio che l’arresto di Wang al check-in ci sia stato davvero. E questo diventa appunto un problema anche qui da noi. Wang Jianlin è infatti il presidente di Wanda Group e chi ha dimestichezza con il calcio sa che le nostre domeniche (e ormai non solo) in tv sono assicurate grazie a lui. Che è l’uomo più ricco della Cina con un patrimonio personale di 30 miliardi di dollari, ma anche il proprietario di Infront, la società a cui il mondo del pallone italiano ha affidato la commercializzazione dei contratti televisivi. E che dovrebbe garantire nel prossimo triennio alle nostre squadre più di 1 miliardo di euro l’anno da spartire.
L’arresto di Wang – che è stato poi rilasciato con l’obbligo però di non poter uscire dal Paese – è dunque l’ultimo atto di una guerra tra il Partito e i principali imprenditori cinesi che in questi ultimi tempi hanno portato fuori troppi soldi per investirli nel calcio europeo: il misterioso Yonghong Li che ha acquistato il Milan o Zhang Jingdong che con Suning ha riacceso i sogni dell’Inter, sono solo il culmine di un’improvvisa passione per uno sport che in Cina non ha avuto per decenni molto successo. Il presidente Xi Jinping pare però abbia capito che il calcio può diventare l’oppio di un popolo e puntando ad organizzare in futuro un campionato del mondo probabilmente non vuole che nulla gli sfugga di mano: di qui l’improvvisa frenata alla fuoriuscita di capitale per acquisti senza senso delle squadre della locale Super League (uno come Pellè, per dire, guadagna più o meno come Messi), e – forse – l’arresto con rilascio di Wang. Così il gruppo che gestiti i nostri diritti tv, ma anche detiene il 20% dell’Atletico Madrid, sogna una Champions League gestita al posto dell’Uefa e compra campi da golf e piste da sci in tutto il mondo, finisce nel mirino del governo. E se quel volo si ferma per sempre, per noi diventa un clamoroso autogol.
Marco Lombardo, Il Giornale.it