“PRESA DIRETTA”, L’INCHIESTA SU REGENI: “ECCO COME E PERCHÉ HANNO UCCISO GIULIO”

“PRESA DIRETTA”, L’INCHIESTA SU REGENI: “ECCO COME E PERCHÉ HANNO UCCISO GIULIO”

Nuova stagione del programma di Riccardo Iacona, da questa sera su RaiTre. Con due interviste esclusive: ai genitori del ricercatore assassinato in Egitto e a Omar Afifi, l’ex generale egiziano che individua precise responsabilità. La prima pagina è dedicata al terremoto

riccardo iaconaIL giornalismo come mediazione, per superare lo stress informativo e scegliere fra la mole di informazioni che quotidianamente ci raggiungono. E’ il senso di Presa diretta, aiutare il pubblico a capire, “l’obiettivo quest’anno è aumentare la qualità dell’approfondimento giornalistico” spiega Riccardo Iacona alla vigilia della quindicesima edizione del programma, in onda questa sera alle 21.10 su RaiTre, cinque puntate fino a fine settembre (poi la ripresa in gennaio), una prima pagina sul terremoto poi l’inchiesta dedicata al caso di Giulio Regeni, il ricercatore italiano assassinato in Egitto all’inizio dell’anno, con due interviste esclusive: ai genitori di Giulio e a Omar Afifi, l’ex generale egiziano dissidente, ora a Washington, indicato come autore delle mail inviate a Repubblica in cui si accusa, come principale responsabile dell’omicidio di Regeni, il capo della polizia criminale di Giza, il generale Khaled Shalab. In questo video, un estratto in anteprima dell’intervista.
“L’inchiesta su Regeni è frutto di mesi di lavoro con Giulia Bosetti che l’ha realizzata – spiega Iacona – abbiamo rimesso uno dietro l’altro tutti i punti del racconto, molto difficile da spiegare perché i dati certi finora sono solo due, i risultati dell’autopsia e il fatto che a sette mesi dal ritrovamento del corpo le autorità egiziane non abbiano dato alcuna spiegazione di quello che è successo”. Un territorio investigativo complicatissimo, “abbiamo trovato testimoni che hanno ricostruito la vita di Regeni al Cairo, abbiamo parlato con chi sapeva quel che stava facendo, ricostruito la storia del capo del sindacato degli ambulanti che potrebbe averlo tradito denunciandolo alla polizia, verificato che era controllato dai servizi segreti”.
Dall’incrocio delle informazioni e delle parole dell’ex generale emerge il quadro di una difficile partita politica in gioco. Poi c’è il ruolo dell’Italia, “come fare per tenere alta la pressione sull’Egitto senza compromessi, il timore della famiglia Regeni è che, col passare del tempo, l’attenzione sul caso vada scemando. I genitori guardano con perplessità la nomina del nuovo ambasciatore italiano al Cairo, Giampaolo Cantini, nominato lo scorso maggio, interpretata come un segnale di cedimento e distensione nelle relazioni fra l’Egitto e l’Italia”.
Un’inchiesta importante “ma le nostre sono sempre inchieste-evento perché bisogna legare insieme tutto ciò che non capiamo e ci getta nel panico, la cronaca e la crisi economica e le guerre, ora anche il terremoto. Le cose vanno capite in profondità, non possiamo rimanere schiacciati da un racconto di superficie che fomenta le paure della gente e riempie, anche di voti, i serbatoi degli xenofobi”.
Respiro ampio, d’altronde la credibilità della politica è crollata nella percezione del pubblico così come la sua capacità di dare una lettura del mondo e di mettere in campo soluzioni ai problemi. “L’appeal è talmente basso che ormai la gente non va più a votare nemmeno per le amministrative e dovrebbero essere interessati perché si parla del tuo sindaco, non è un voto d’opinione. Abbiamo cominciato a capire che non si può solo guardare l’ombelico dell’agenda dei partiti, è un bel salto in avanti. E’ un segnale positivo fare un programma in cui parli di vaccini, di obesità, di politiche attive per riequilibrare le differenze di genere, di questioni ambientali”.
L’inizio, si diceva, è sul terremoto, “apriremo una finestra a modo nostro per vedere quel che ci ha insegnato l’Aquila, su cui Presa diretta aveva lavorato moltissimo, anche dopo, sul processo e la ricostruzione. Una storia della quale dobbiamo fare tesoro, è importante rimettere in sesto i centri storici italiani perché è lì, e non a Roma, la vera ricchezza del Paese, le bellezze artistiche. La ripresa dell’economia è in quelle zone. Ci troveremo davanti a costi enormi di ricostruzione, e invece sarebbe bastato mettere in campo la prevenzione”.

Repubblica

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