C’era una volta «Il Freddo» di «Romanzo criminale» e il suo collega di malavita Vallanzasca. Capitoli chiusi. Kim Rossi Stuart, splendido cinquantenne, ha archiviato i personaggi tutti di un pezzo, uomini che non devono chiedere mai, con cui vinse due Nastri d’argento. Con il regista Bruno Salvati, messo in crisi dalla vita ancor prima che dalla malattia, che ha interpretato in «Cosa sarà» di Francesco Bruni, ha appena vinto il suo terzo nastro come miglior attore. Anche Gabriele Muccino lo ha voluto antieroe fragile ne «Gli anni più belli». «Altro che uomini tutti di un pezzo, uomini granitici, monolitici: questi vanno in mille cocci. Per me è una conquista. Magari la dice lunga anche sulla mia vita, penso che nulla sia casuale, non credo al caso. Sento che è in relazione a miei movimenti interiori, un’accettazione e accoglienza dei miei aspetti più fragili».
Ha messo del suo in Salvati. Ha collaborato alla sceneggiatura con Bruni, anche lui vincitore di un Nastro 2021.
«Cerco sempre un filo aperto di dialogo i registi. È una mia necessità profonda entrare nelle pieghe della scrittura, delle motivazioni. Poi la musica cambia a seconda dei registi, ci sono quelli più refrattari e altri più accoglienti. Con Francesco è stato uno spasso, il merito è suo. Pieno di ironia, ha giocato sull’ego del protagonista, regista, cioé su sé stesso, sulla coabitazione con un super io ipertrofico accompagnato da consapevolezza disarmante».
Lavora al suo nuovo film da regista, «Brado», prodotto da Palomar, con Barbara Bobulova. Firma la sceneggiatura con Massimo Gaudioso.
«Il titolo è provvisorio. Al terzo film tratto un tema insolito, un figlio costretto a andare in soccorso di un padre più scapestrato di lui».
E intanto torna criminale, nella serie Amazon «Everybody loves diamonds». Sarà Leonardo Notarbartolo, il capo di una banda per un furto da milioni di dollari ai danni dell’Antwerp Diamond Centre. È ispirata al colpo di Aversa del 2003, il più grande furto di diamanti al mondo.
«Si comincia a girare a settembre, mi sembra molto divertente, il classico colpo grosso al luogo superblindato. Sarò alla guida di banda di rapinatori pittoreschi. Un bandito pasticcione anche io, con uno spirito alla Arsenio Lupin. Decisamente lontano da Vallanzasca…».
Sceneggiatore, attore, regista. Cosa le piace di più?
«Da regista le riprese sono un’alternanza di sensazioni straordinariamente belle e anche di una fatica quasi insostenibile. Facciamo spesso dei film in una condizione di emergenza continua con tempi serrati che impone il mercato. Il contrario della fase di scrittura bella rilassata, senza scadenze, magari mentre ti confronti con colleghi, parli, ti perdi in dissertazioni».
Si è scordato il terzo mestiere, quello d’attore. Se non vogliamo contare come esordio «Fatti di gente perbene» in braccio a Catherine Deneuve, va comunque per i 40 anni di carriera: ha cominciato a 12 anni e non ha più smesso.
«Appunto. Diciamo che tra le tre cose è quella che mi viene naturale».
Si è definito un uomo semplice, eppure ama scavare. Anche da scrittore, nella raccolta di racconti «Le guarigioni». Semplice?
«Ahimè no, non lo sono per niente, non ricordo quando l’ho detto. Vivrei meglio, sono abbastanza complicato. Però andando avanti negli anni cerco di concentrarmi sulle cose semplici, sull’aspetto umile del vivere».
E lontano dai social.
«Faccio fatica, sì. Questo continuo mostrarsi mi sembra una pandemia peggiore delle altre. Vivere in maniera virtuale. Perché?»
In compenso non rinuncia alla partitella di calcio, vero?
«La squadra tiene botta, è un angolo di paradiso, per fortuna ora si può. Trascorro questa serata settimanale come momento prezioso di amicizia, poi si va a chiacchierare. Sono l’anziano del gruppo, gli altri hanno tra i 28 e 35 anni, medici, avvocati. Un affaccio straordinariamente utile sulla generazione successiva alla mia».
Stefania Ulivi, corriere.it