Anthony Hopkins ospite a Che tempo che fa

Anthony Hopkins ospite a Che tempo che fa

La conoscenza con Richard Burton: “Richard Burton e io siamo nati nella stessa città e sua sorella era una cliente del negozio di mia madre, mio padre faceva il panettiere. Io andai a casa sua per chiedergli un autografo, avevo 14 anni, vidi quella Jaguar meravigliosa fuori dalla sua casa. Ero nervosissimo. È stata sua sorella ad aprirmi la porta. Mi ricordo che entrai in anticamera e Richard Burton si stava facendo la barba col rasoio elettrico. Non ne avevo mai visto uno prima. Non avevo assolutamente idea che sarei diventato un attore. Lui mi chiese ‘Cosa vuoi?’; io risposi ‘Il suo autografo, è tutto ciò che voglio’. Lui ha detto ‘Non parli il gallese? Allora non sei un vero gallese!’. Molti anni dopo, abbiamo recitato insieme a New York; andai in camerino e c’era il grande Richard Burton”.

Sull’inatteso Oscar vinto per “Father”, la sua assenza durante la cerimonia e i festeggiamenti in Italia: “Non mi aspettavo proprio di riuscire a vincere un Oscar. È stata la più grande sorpresa della mia vita. Ero in Galles, erano le 4 del mattino e chiama il mio agente per comunicarmi che avevo vinto l’Oscar. Non riuscivo a crederci! Allora, per festeggiare, siamo venuti in Italia, in Toscana”.

Su “Those about to die”, la serie girata in Italia dove si sono appena concluse le riprese e in cui recita la parte di Vespasiano: “È una serie della Peacock e io recito nel ruolo dell’imperatore di Roma”.

Sulla recitazione: “Recitare è l’unica cosa che faccio e che so fare. Il motivo per cui mi piace recitare è che continui a lavorare, è molto meglio di qualsiasi altro lavoro e a me piace tantissimo”. “Avevo 29 anni e il mio primo film è stato fatto con due grandi star, Peter O’Toole e Katharine Hepburn. Abbiamo provato e subito Catherine mi diede un consiglio, ‘Non recitare, dì le battute!’. Il segreto, almeno per me, è questo: devi conoscere assolutamente bene il copione, altrimenti non funziona nulla. L’unico consiglio che mi sento di dare ai giovani attori è ‘Imparate le battute, analizzate il copione, andate al di là delle parole e dello stile; poi diventerà vero e potrete modificarlo a ogni ciak. Con tutto il rispetto per i giovani attori, ma alcuni tendono a pensare a credere che se tu fai un po’ di farfugliamenti e non parli chiaramente va meglio. Non è cool questa cosa. Devi sapere cosa stai facendo, in quel modo riesci ad avere forza. Perché quando sei sul palcoscenico devi essere forte”.

Se davvero legge anche 200 volte il copione: “Anche di più, a volte anche 500 volte, perché se te lo metti nel cervello e tu sei sufficientemente preparato, io non sono uno psichiatra o uno psicologo, però sono assolutamente convinto che il ruolo che interpreti ti entra profondamente dentro, diventa parte di te. Praticamente è un altro modo di definire il metodo Stanislavskij. Uno dei più grandi attori al mondo, Marlon Brando, riusciva a farfugliare, poteva farlo perché era lui […]. Però era un grandissimo tecnico. Era un grande attore teatrale. Le fondamenta del teatro sono importantissime, un’esperienza di grande valore”.

Sulla sua infanzia e la capacità di riscatto: “Quando ero giovane, non ero furbo, ero una disperazione come studente però avevo un dono: mi sono reso conto che se usi il tuo dubbio e la tua inferiorità e la consideri un dono è il più grande dono che puoi avere perché questo ti spinge in avanti. Avevo 15 anni, non avevo alcuna idea che sarei diventato attore e la mia pagella nel 1955 praticamente era un riassunto che diceva che Anthony era ben al di sotto della sufficienza. Mio padre naturalmente era molto preoccupato e mi disse ‘E adesso che cosa succederà’. Mi ricordo il momento in cui dissi, non con rabbia ma rendendomi conto della mia inadeguatezza, ‘Un giorno vi farò vedere a entrambi’ e mio padre rispose ‘E spero di sì’. È stato proprio quel pulsante a dare la forza dentro di me, mi ha fatto scattare ciò che mi permette di essere qui oggi, altrimenti non c’è altra spiegazione per la vita che ho avuto. Ho incontrato molta gente, Mike Tyson per esempio, anche lui con un’infanzia disgraziata, piena di abusi, e il suo allenatore gli disse ‘Tu sei arrabbiato, bene! usala questa rabbia, se la canalizzi bene ti fa muovere’. La vita non è semplice però puoi superare i problemi. Io sono convinto che mi sia capitato questo nella vita perché non avevo affatto idea fino a quel momento di quello che mi sarebbe successo. Probabilmente qualcun altro scrive il copione delle nostre vite, c’è qualche altra cosa, forse all’interno di noi, Dio, chiamatelo come volete, è lui che scrive il copione della nostra vita. La grande cosa positiva è proprio la libertà, noi non siamo responsabili neanche per un istante di quello che abbiamo fatto; probabilmente è un mio essere ‘iper-umile’ ma sono convinto di questo”.

Se esiste un ruolo che non ha mai interpretato e che vorrebbe interpretare: “No, davvero, ho praticamente interpretato qualsiasi cosa. Mi piace Shakespeare. Se ci fosse un ruolo, (direi) Prospero de La tempesta, ci vorrebbe una grossa produzione però non si sa mai… Ho l’età giusta per Re Lear. Per me la cosa importante è più hai prove da superare quando interpreti un ruolo meglio è, perché mi fa rimanere attivo sia mentalmente che fisicamente, quindi mi fa andare avanti, ed è molto importante quando devi lavorare”.

Sulla comicità e i comici: “I comici sono i migliori in assoluto. Sono un grande fan della comicità inglese e di alcuni comici inglesi. Probabilmente non rendono abbastanza in angloamericano perché gli americani non pensano che sia divertente la loro comicità. Ci sono un po’ di comici che conosco, sono sempre stati molto depressi, ansiosi”; Credo sia assolutamente difficile fare il comico. Tu ti aspetti che la gente debba ridere ogni volta…è terribile quando non ridono”.

Sul successo: “Mi piace. Ecco, forse sono troppo vecchio per andare a festeggiare, fare party, ho già fatto tutta questa roba… Insomma, sono troppo vecchio. Mi rendo conto che mi fanno ancora lavorare. Però il successo è una cosa pericolosa, o ti fa impazzire o se riesci a navigare, a rimanere umile e moderato nella vita, è anche un rimedio grande e potente in vita. Dico proprio a tutti, dai ragazzini ai giovani attori, o chiunque voglia avere successo, dico devi lavorarci, devi divertiti ma devi renderti conto che alla fine non c’è nulla di importante perché un giorno te ne vai. Divertiti oggi perché la vita è preziosa, non sprecarla”.

Torna in alto