«Mi fa molto piacere, cos’altro posso dire? Ma di celebrazioni e premi non mi è mai importato. Ho lavorato tutta la vita per il gusto di farlo e trasmettere agli altri un po’ di gioia». Lina Wertmüller, 90 anni e una carriera leggendaria, è adagiata su un divano dell’accogliente salotto liberty del suo appartamento a due passi da Piazza del Popolo. Commenta a voce bassa, una sigaretta tra le dita, un sorriso e una battuta, la decisione del Festival di Cannes (14-25 maggio) di renderle omaggio: nella sezione Cannes Classic verrà proiettato Pasqualino Settebellezze, il film che nel 1977 conquistò quattro nomination agli Oscar e fece di lei la prima regista della storia arrivata in finale agli Academy (l’avrebbero poi seguita in pochissime, per l’Italia solo Cristina Comencini). E la regina della commedia adorata da giganti hollywoodiani come Robert Altman, Martin Scorsese, Al Pacino. Sulla Croisette ci sarà anche Giancarlo Giannini, il protagonista. «Sarebbe bello andare, ci hanno comunicato la data?», chiede Lina alla dolcissima figlia 28enne Maria Zulima che, dopo aver recitato nei suoi film, le fa ora da manager. Sul naso la regista di Mimì metallurgico, Travolti da un insolito destino, Io speriamo che me la cavo ha gli iconici occhiali bianchi che hanno dato il titolo al bel documentario di Valerio Ruiz su di lei, il sole del pomeriggio filtra dalle finestre («abbiamo i doppi vetri contro il rumore»), il gatto Nerone reclama attenzioni. Ad un’età in cui si fanno bilanci, Wertmüller guarda avanti e ha un progetto: allestire in teatro la commedia musicale di Garinei e Giovannini A cosa servono gli uomini?. La protagonista sarà Nancy Brilli.
Perché proprio lei?
«E’ un’attrice brava, bella e spiritosa. Nei miei attori ho sempre cercato il senso dell’umorismo: una qualità che, va detto, nelle donne non sempre si sposa con la bellezza».
A proposito di donne: le è pesato farsi rispettare sul set, visto che ha cominciato quando le registe erano pochissime?
«Non ci ho mai pensato. Lavoravo e basta. Farsi obbedire non è questione di sesso. Ci vuole il carattere».
E il suo in cosa consisteva?
«Sapevo il fatto mio. Ero capace di impormi. E, quando serviva, menavo».
Chi le è finito sotto le mani?
«Mi faccia ricordare…ah, sì: Luciano De Crescenzo. Sul set di Sabato, domenica e lunedì non la finiva di gesticolare, così gli morsi un dito».
E lui?
«Smise immediatamente di agitare le mani».
Che posto occupa nella sua carriera ”Pasqualino Settebellezze”?
«Nessun posto particolare. Sono ugualmente affezionata a tutti i miei film, per una ragione o per l’altra. Li considero i miei figli».
Le piace il cinema italiano di oggi?
«Vado poco in sala, i film li guardo in tv. Vedo cose buone e cose meno buone».
E vede per caso una sua possibile erede?
«Non l’ho mai cercata e non l’ho mai trovata».
Paolo Sorrentino è il nuovo Fellini, come dicono in tanti?
«Io non l’ho mai detto perché non lo penso».
Le critiche hanno contato per lei?
«Non me n’è mai fregato nulla. Mi dispiacque soltanto che, dopo I Basilischi, mi considerarono troppo seria».
Rivede i suoi film?
«Se passano in tv. Qualche tempo fa mi sono imbattuta in Travolti da un insolito destino e sono arrivata fino in fondo. E’ stato divertente».
E’ la verità o una leggenda metropolitana il fatto che lei non abbia mai visto il remake di “Travolti” diretto nel 2002 da Guy Ritchie, con Madonna e Adriano Giannini?
«Giuro che non l’ho visto. L’ho evitato perché solo l’idea che il mio film venisse rifatto mi sembrava una scemenza».
Qualche anno fa, al Festival ”Los Angeles, Italia”, Al Pacino si inginocchiò ai suoi piedi.
«E’ stato un gentiluomo».
Le ha fatto piacere essere nominata Cavaliere della Repubblica?
«Sì, molto. Ma speravo nel cavallo».
Cosa la fa ridere, oggi?
«Pochissime cose, putroppo».
E cosa ha il potere di indignarla?
«L’ingiustizia sociale».
Pensa che la mobilitazione mondiale contro le molestie sia servita a far rispettare di più le donne?
«Le molestie ci sono sempre state. Oggi vengono amplificate dai media e forse ultimamente si è esagerato con la caccia alle streghe. Ma spero che tutto questo serva a cambiare le cose, a garantire più rispetto».
Il suo successo più grande?
«Aver sposato Enrico Job (scomparso nel 2008, ndr) e aver lavorato con lui».
Cosa manca alla sua carriera?
«Niente, ho fatto il lavoro che amavo e mi sono molto divertita».
Interviene Maria Zulima: «Dovrebbero darle l’Oscar alla carriera». Lina sorride e spegne l’ennesima sigaretta.
Gloria Satta, ilmessaggero.it