(di Tiziano Rapanà) L’arte vera tornerà al centro della scena? O ci toccano le usuali paturnie dei giovani cantanti, tribolatori di professione, che mortificano lo spettatore con una visione del mondo insignificante quasi sempre legata alla bieca canzonetta d’amore? Per una volta facciamo i seri con il folletto della canzone umoristica, il Lucignolo guastafeste del suo personalissimo paese dei balocchi fatto di note musicali birbanti, Leo Sanfelice. Riportiamo il tv, rifacciamola vibrare la creatività. Siracusano doc, di nobili natali, laureato in scienze politiche, Sanfelice è uno showman straordinario, che si è formato nei piccoli circoli musicali sullo stile dei Café Chantant. Il suo talento è in grado di costruire uno spettacolo fatto di musica e comicità arguta, lontana dallo sconforto dell’esistente. Durante la sua carriera di musicista, ha suonato nei posti più importanti del Mondo, e per le personalità più prestigiose. Hanno fatto parte della sua orchestrina, figure eminenti della storia dello spettacolo, come il Maestro Pippo Caruso, allora chitarrista in Taormina, e anche Lucio Battisti, in una estate passata alla “Sciaia a Mare” in quel di Brindisi. Questo e altro potete leggerlo nel bel libro di Sanfelice, Il Pianista Viaggiatore (incontrava Vip e Pip a tutte l’ore), Edizioni Clichy. Il maestro Sanfelice è anche l’autore dei meravigliosi versi strambi del poemetto comico Troia prima e dopo, Morrone Editore. Non cadete nell’inganno del titolo birichino, non è una commedia sexy diretta da Alfonso Brescia (Elena sì… ma di Troia fu il titolo di una sua pellicola sul tema), ma una meravigliosamente parodia sconclusionata degli arcinoti fattacci orditi dalla mente diabolica di Omero. Il maestro non vuole fare della letteratura. E fortunatamente evita al lettore l’incubo della narrativa. Troppi supponenti infestano le librerie con volumetti, indegni di pubblicazione, figli di smanie provinciali legate alla conquista dei premietti organizzati dalla gauche caviar. Sanfelice risparmia il supplizio e diletta il lettore con un mondo strampalato, che convince per la costruzione efficace delle situazioni comiche. Lo scrittore fa largo uso di soluzioni patafisiche fino al punto da sfiorare il nonsense: tutto va bene purché si rida. Rinunzio a spiegarvi la trama perché l’ho capita fino ad un certo punto. Il libro presenta un altro poemetto, Dei gratia, e qui l’incomprensione è assoluta (e in questo Sanfelice sembra così simile a Guido Gozzano che scriveva “ed a me piace chi non mi comprende”). Che bello: sono inciampato nel significante, non sono riuscito a capire il senso della cosa e inutilmente ho tentato di sbrogliare il bandolo della matassa. Tratta liberamente il tema dell’unità d’Italia: da Mazzini a Cavour, non si salva nessuno. Si ride tanto, anche qui. Il maestrino è uno strepitoso fantasista della parola che perverte a suo piacimento. Leggete questo librino vivace che – fortunatamente! – non piacerà ai puristi dell’Iliade. Comunque ho scritto tutto questo pezzullo per dire e ribadire: rivorrei Leo Sanfelice in tv. Ci muoviamo per farlo tornare?